Roma città aperta, Rossellini e quel cinema che avrebbe raccontato una nuova realtà

Roma città aperta

“Noi lottiamo per una cosa che deve venire, e non può non venire”

Titolo originale: Roma città aperta
Regista: Roberto Rossellini
Sceneggiatura: Sergio Amidei, Federico Fellini, Celeste Negarville, Roberto Rossellini
Cast Principale: Aldo Fabrizi, Anna Magnani, Francesco Grandjacquet, Marcello Pagliero, Maria Michi, Vito Annicchiarico, Giovanna Galletti
Nazione: Italia
Anno: 1945

Nel mondo del Cinema esistono pellicole di varia natura. Ci sono le commedie che fanno compagnia e danno speranza ai cuori solitari (come Love Actually o Harry, ti presento Sally). Ci sono testi teatrali trasformati in pellicola (quali La gatta sul tetto che scotta) o vite storiche a cui serviva un omaggio (Amadeus). Alcune scavano nel profondo, per dare un senso alle ragioni più oscure (ad esempio M., il mostro di Dusseldorf o Fargo). Poi ci sono quelle che ricordano. Ci spiegano la Storia. Le scelte, i sacrifici, il terrore e il desiderio di vivere di coloro che hanno provato emozioni così profonde e intense che non basterebbe un’esistenza per raccontarle. Pellicole che hanno cambiato il modo di vedere le cose, come Roma città aperta di Roberto Rossellini.

Il film si svolge a Roma, subito dopo l’armistizio del 1943. I tedeschi sono già in città, ma molti sono stanchi della guerra. A partire da Don Pietro (Aldo Fabrizi), prete carismatico e dalla forte diplomazia, vicino alla Resistenza; Francesco (Grandjacquet), ingegnere comunista; la sua compagna Pina (Anna Magnani) e il piccolo figlio di lei Marcello (Annicchiarico). Vite che l’invasione, l’ipocrisia e la lotta per un ideale travolgono e condizionano per sempre. Un film dove nessun può vincere, ma solo soccombere.

Roma città aperta
Aldo Fabrizi nei panni di Don Pietro (fonte foto: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Roma_citt%C3%A0_aperta_DonPietro.jpg)

Leggendo la trama, chi non ha visto la pellicola, potrebbe pensare ad un film visto e ad una sceneggiatura piatta; ignaro però che questo film ha fatto la Storia della Settima Arte.

Come Quarto Potere ha inventato il cinema moderno con le sue mille inquadrature; Roma città aperta è stato il primo a parlare di una realtà attuale per quei giorni, nel pieno del suo esistere, lontana dal periodo dei ‘telefoni bianchi‘, del loro benessere e dei loro drammi sugli adulteri e le scelte amorose. Ci parla di come sta girando il mondo, ma diversa dai documentari fascisti glorificanti. Sono la vita, le persone, la fame, la morte, l’ingiustizia ad essere raccontate. Cose, quindi, per le quali in genere si finge indifferenza, seguendo il principio che, se non le vedo, non esistono. Se, però, sono proiettate sul bianco lenzuolo cambia tutto. Qualcuno malfidato potrebbe aggiungere: “Cosa cambia? È propaganda tanto quanto lo erano i filmati dell’Istituto Luce”. La grande poesia creata da questo film, infatti, è proprio nella risposta negativa. Non c’è discussione politica, ma solo morale. Bambini che vedevano fucilazioni, saccheggi di forni, torture: innegabili cose che molta gente può testimoniare di aver visto, senza essere solo frutto della mente di sceneggiatori.

Una storia, quindi, come le vedremmo ad occhio nudo. Una visione della vita, di quella realtà che, dopo la guerra, è nuova, cambiata. Una pellicola che quindi può prendere il nome di ‘neo-realista’.

Nasce quindi un cinema completamente diverso, che riesce perfettamente ad unire le nuove esigenze della critica e dei registi (ansiosi, come i primi, di esprimersi liberamente dopo anni di visione forzata) con quel tocco di romanzo del passato. Cosa che, come dice Morandini:

“Non gli impedì di essere il film giusto al momento giusto”.

Una pellicola che, oltre a creare un punto di svolta nel suo ambiente, ha cambiato la vita di molti, in particolare quella di Anna Magnani.

Questa infatti doveva molto a questo film. Escludendo il fatto che qui conobbe Rossellini (con cui ebbe in seguito una tormentata storia d’amore); la Magnani, con Roma città aperta, fece scoprire al mondo intero il suo temperamento e la sua capacità attoriale: ingredienti che, da lì a poco, l’avrebbero trasformata nella nuova Duse del Cinema del dopoguerra. Vinse, infatti, il primo dei suoi 5 nastri d’argento. Sua la scena della corsa verso il camion che, sebbene avvenuta per un errore, risulta talmente vera e coinvolgente che il poeta Giuseppe Ungaretti dirà a riguardo:

“Ti ho sentito gridare Francesco dietro un camion e non ti ho più dimenticata”

Roma città aperta
La celebre scena della corsa dietro al camion di Anna Magnani, destinata a restare nella Storia (fonte foto: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Roma_citt%C3%A0_aperta_corsaPina.jpg)

Una pellicola che va vista, per forza, Il guaio è che molte delle nuove generazioni, in particolare chi scrive e pratica il Cinema, non lo hanno mai visto. Per ignavia? Noia? Ignoranza? Non si sa. Rimane però indiscutibile che senza Roma città aperta, probabilmente, l’era d’oro del Cinema contemporaneo non sarebbe mai esistita.

Tre motivi per vedere il film:

    • Aldo Fabrizi, in uno dei suoi ruoli più drammatici
    • Lo sfondo di una Roma ancora devastata dalla guerra
  • Anna Magnani e la sua energia

Quando vedere il film:

Non c’è un unico momento per vederlo, ma una cosa è certa: dopo averlo visto, nessuno lo scorda.

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Francesco Fario

Francesco Fario
Attore e regista teatrale, si laurea in Lettere Moderne a La Sapienza per la triennale, poi alla magistrale a TorVergata in Editoria e Giornalismo. Dopo il mondo del Cinema e del Teatro, adora leggere e scrivere: un pigro saccentone, insomma! Con Culturamente, ha creato la rubrica podcast "Backstage"

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