“Molte cose possono capitare nel bel mezzo del nulla”.
Titolo originale: Fargo
Regista: Joel Coen
Soggetto e sceneggiatura: Ethan e Joel Coen
Cast principale: Frances McDormand, William H. Macy, Steve Buscemi, Peter Stormare, Kristin Rudrüd
Nazione: U.S.A
Anno: 1996
Fargo è uno dei primi film dei fratelli Ethan e Joel Coen, premiatissimo e molto apprezzato dalla critica, uno dei film da vedere prima di morire.
“Fargo” non è probabilmente il film più amato o emblematico della loro filmografia – quella palma, forse, appartiene ancora ad “Il grande Lebowski”, uscito due anni dopo. Ma sicuramente è il primo con cui molti di noi hanno iniziato a conoscere l’opera dei due fratelli e ad apprezzarla per lo stile quasi inconfondibile.
Gli apprezzamenti si trasformano presto in premi prestigiosi, innanzitutto l’Oscar come miglior attrice protagonista a Frances Mc Dormand e come miglior sceneggiatura originale a Joel e Ethan Coen. Joel si aggiudica anche la Palma d’oro per la migliore regia al 49° Festival di Cannes.
La trama è originale, a dispetto di una sorta di leggenda che gli stessi Coen alimentano, fin dall’incipit del film. Fargo si apre, infatti, con una scritta: “Quella che vedrete è una storia vera – I fatti esposti nel film sono accaduti nel 1987 nel Minnesota. Su richiesta dei superstiti, sono stati usati dei nomi fittizi. Per rispettare le vittime tutto il resto è stato fedelmente riportato”.
Affermazione del tutto smentita nei titoli di coda dove appare il classico disclaimer: “Le persone e gli eventi rappresentati in questa produzione sono fittizi. Nessuna somiglianza con persone reali, vive o decedute, è intenzionale o dovrebbe essere desunta”.
Poi, alimentando la confusione, gli autori hanno spiegato che l’ispirazione era arrivata da omicidi davvero accaduti, ma in luoghi e tempi diversi. Spiegarono, infatti, che “se il pubblico crede che una cosa sia basata su un evento reale, questo ti dà il permesso di fare cose che altrimenti la gente non potrebbe accettare”.
In effetti, in Fargo qualcosa di difficilmente accettabile si trova.
Le caratterizzazioni, invece, sono del tutto fittizie, all’interno di una trama in parte veritiera, ma efferata.
Siamo in pieno inverno, tra le strade innevate del Minnesota e del Missouri. In mezzo al nulla della provincia americana. Abbiamo un uomo, Jerry Lundegaard (l’ottimo William H. Macy) che gestisce una concessionaria di auto. Ha una moglie ricca di famiglia, un figlio, un suocero ingombrante; ma anche un urgente bisogno di denaro. La soluzione che trova comporta il sequestro della moglie (Kristin Rüdrud) per ottenere un cospicuo riscatto dal suocero.
Assolda due malviventi maldestri dalle personalità opposte. Uno è freddo, taciturno, teledipendente, capace di reazioni spropositate (Peter Stormare). L’altro è un criminale comune (Steve Buscemi) che vorrebbe solo portare a termine il suo “lavoro”.
Qualcosa va storto, più di una volta. Quello che sarebbe dovuto essere un sequestro pulito si trasforma in una serie di sanguinari omicidi.
Per dipanare la matassa i Coen fanno entrare in scena Marge Gunderson, capo della polizia locale, interpretata da una perfetta Frances McDormand. Lei sarà la chiave del film e la vera novità, come detto da “Il Morandini”, perché non si era mai vista al cinema una donna incinta di sette mesi svolgere un’indagine criminale.
Il personaggio della poliziotta conquista con la naturalità e l’impassibilità con cui passa dal guardare in foto o dal vivo immagini di morti in una pozza di sangue al gustare la sua colazione o il suo pranzo. Tutto sembra essere semplice routine per lei, come il suo simpatico appetito. Dirige la sua squadra e le indagini sugli omicidi con flemmatica determinazione.
Marge mette in luce uno dei temi del film, l’insensatezza e la stupidità della violenza, quando chiede ad uno dei malfattori: “E quei tre poveretti uccisi…? E tutto per cosa?! Per quattro biglietti di banca… C’è altro nella vita che quattro biglietti di banca… Non c’ha mai pensato?!”.
L’approccio di Marge alle indagini di atroci delitti risulta naturale tanto quanto lo è la ferocia con cui i due sequestratori mettono in atto le loro azioni. Loro sono personaggi cinematografici e realistici in eguale misura, emblema delle conseguenze drammatiche della stupidità e dell’avidità umana.
“Fargo” è una azzeccata commistione di generi: commedia, drammatico, poliziesco mescolati e amalgamati con il black humor che sarà per sempre una cifra stilistica dei fratelli Coen.
L’umorismo nero è sotteso. I due registri del drammatico e del comico si sovrappongono. D’altronde l’umorismo consente ad un autore di esporre e descrivere il dolore – in questo caso, provocato dalla violenza – senza soccombere ad esso.
In certe scene quasi ci si diverte: l’istinto è quello di sorridere. Ma, qualcosa ti frena, perché quello che la scena descrive dovrebbe solo farti inorridire.
In conclusione, molti hanno considerato Fargo un film di genere, poliziesco per la precisione. Ma il carattere grottesco e da black comedy lo rende, soprattutto, un film dei fratelli Coen, ovvero un film in cui riecheggiano gli echi di Hitchcock e Kubrick.
Tre motivi per vedere il film
– Il personaggio e l’interpretazione da Oscar di Frances McDormand
– lo stile intriso di black humor dei fratelli Coen qui al massimo della potenza
– i dialoghi – o meglio, le interazioni – tra i due malviventi, Steve Buscemi e Peter Stormare, personalità psicotiche agli antipodi
Quando vedere il film
L’ambientazione innevata rende godibile il film in due opposte situazioni: in una serata estiva particolarmente calda, se ci si vuole rinfrescare per osmosi; oppure in un pomeriggio in cui nevica o fa freddo, se si preferisce immergersi in un contesto più realistico.
Stefania Fiducia
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