L’esorcista: posseduti dal demone della lettura

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Foto di Maurizio Carvigno

Meglio il libro o meglio il film? È preferibile leggere prima il libro o, invece, guardare direttamente il film da cui è tratto? Domande esistenziali che da sempre dilaniano le anime turbate di indomiti bibliofili e irrecuperabili cinefili.

Personalmente più di una volta sono stato attraversato da questi laceranti dubbi, mi è successo con Il nome della rosa, vidi prima il film e poi lessi il libro e fui egualmente estasiato. Con Quel che resta del giorno, invece, feci l’esatto contrario, convenzionalmente lessi prima il libro di Ishiguro e, poi, guardai la bellissima trasposizione cinematografica di Ivory. Con Il Postino tornai all’eterodossia e vidi prima il film, che adorai, al contrario del libro da cui era tratto, che, diversamente della pellicola che eternò il genio di Troisi, mi lasciò piuttosto deluso.

Questo insondabile dilemma si è recentemente riproposto quando in un subitaneo passaggio agostano in una libreria del centro ho visto su uno scaffale in bella mostra L’esorcista di William Peter Blatty, il romanzo da cui è tratto uno dei più belli e indimenticabili film horror di tutti i tempi: L’esorcista di William Friedkin.

Il dubbio al cospetto di quell’iconica copertina (in cui un personaggio interamente colorato di nero si staglia, di spalle, su uno sfondo totalmente bianco, eccezion fatta per il titolo, rigorosamente in rosso che contrasta con il colore del nero del nome dell’autore) è durato il tempo di un fugace pensiero e, poi, quel libro è stato mio.

Già in metro sono stato preso dall’inarrestabile demone della lettura, fino all’epilogo inevitabile.

La trama

La trama di questo romanzo, che fin da subito scatenò nella critica e nel pubblico reazioni contrastanti, comprese fra lo scandalo assoluto, specie per descrizioni talvolta piuttosto forti e il visibilio totale, è piuttosto nota.

Regan, un’adolescente di 12 anni che vive con la madre, la famosa attrice Chris MacNeil, poco dopo l’arrivo nella nuova casa nell’elegante quartiere di Georgetown, nella capitale Washington, inizia a manifestare strani sintomi fisici e psichici.

Repentini cambi di personalità, coprolalia, irrefrenabili appetiti sessuali, pressoché ignoti normalmente in una ragazzina di quell’età ma anche inaudita violenza, multilinguismo, dolori lancinanti e reazioni fisiche incontrollabili.

Un quadro decisamente allarmante che non può essere spiegato con la recente separazione di Chris dal marito che ha privato Regan dell’amata figura paterna come qualcuno ingenuamente suggerisce alla madre. L’aggravamento della sintomatologia e il palesarsi di atteggiamenti al limite dell’umana realtà convincono Chris a rivolgersi a degli specialisti, nonostante la sua inveterata ritrosia verso il mondo della medicina, legata a una tragedia familiare ancora non del tutto metabolizzata.

Regan viene visitata da cima a fondo da più di un medico, autorevoli e stimati professionisti che alla fine dei loro scrupolosi consulti brancolano nel buio. Quei sintomi che affliggono Regan, mettendo a rischio la sua stessa vita, sono del tutto inspiegabili, le varie ipotesi formulate cadono miseramente, affogando nel buio mare dell’incertezza, dove ogni teoria può sembrare allo smarrito naufrago un’inafferrabile boa.

Alla fine la scienza deve abdicare inesorabilmente alla religione, in una sorta di irrazionale, storica contesa che prevede solo un’indecorosa resa, scandita dalle icastiche parole di uno dei luminari chiamati al capezzale della povera ragazzina:

«Ha mai sentito parlare di esorcismi, signora MacNeil?»

La spiegazione dello stato di Regan, quindi, non sarebbe riconducibile a una forma grave di isteria, come inizialmente tenacemente sostenuto ma, forse, a un’oscura possessione, alla presenza di un qualcosa di irragionevolmente inspiegabile che sta devastando la piccola Regan.

Quella sommessa domanda sulle prime lascia sbigottita Chris ma allo stupore iniziale subentra rapidamente il desiderio di attaccarsi a quella flebile ancora, a quella luce fioca che illumina la strada della pura irrazionalità. Chris è pronta a tutto, anche a sfidare l’insondabile pur di salvare la vita a sua figlia.

Le risposte che tenacemente aveva sperato di trovare in quella scienza che pure l’aveva già delusa, oltraggiata, ora, al contrario, le scova in un libro sulla possessione, un testo prestatole da una sua amica, Mary Jo Perry.

Chris lo sfoglia a caso e rapita legge:

«Nell’arcipelago Malay, dove i casi di possessione sono ancora all’ordine del giorno, o perlomeno molto comuni, lo spirito, quasi sempre quello di un defunto, una volta preso possesso di un individuo lo induce ad assumere la sua mimica, la sua voce, le sue movenze. Ciò accade in maniera così sorprendente che molto spesso gli stessi parenti del defunto si lasciano convincere fino al pianto.»

È possibile che Regan, la sua dolce bambina, così sensibile e premurosa, sia posseduta da un demone capace di farle pronunciare parole indicibili, di farle spostare con la sola forza della mente ogni tipo di oggetto, anche pesantissimo e forse anche farle uccidere qualcuno?

Probabile, specie se la scienza non è capace di dare alla condizione della bambina una spiegazione plausibile, un’adeguata e soprattutto un’efficace cura.

Così le granitiche certezze mediche svaniscono alla luce di ancestrali credenze allignate in un passato fatto di demoni, di una babele linguistica, di spasmi incontrollabili, di forza disumana, di capacità paranormali e di primordiali riti apotropaici.

Non resta che attraversare il confine dell’irrazionale ed entrare di soppiatto nel mondo del paranormale, ambito in cui la stessa Chiesa cattolica fatica da tempo a muoversi.

Ma non rimane altro per una madre disperata che sta vedendo la propria figlia lentamente morire fra dolori terribili, dilaniata da forze mostruose.

Per praticare un esorcismo, però, occorre un sacerdote e Chris lo trova in padre Damien Karras, gesuita e psichiatra, insegnante all’Università, intimamente lacerato da una fede che vacilla e dai sensi di colpa per la recente morte della madre.

Karras accetta di vedere Regan ma lo fa più da uomo di scienza che di fede.

Per lui lo stato della ragazzina, seppur molto singolare, non può che avere un’eziologia razionale, una spiegazione che alberghi nei sicuri recinti della scienza ma anche lui, al pari dei suoi colleghi medici, deve capitolare al cospetto di Pazuzu, il demone narrato nei libri di mitologia babilonese, il re degli spiriti malvagi dell’aria.

L’esorcismo, un rito che solo la Chiesa Cattolica pratica ancora, seppur con parsimonia e massima discrezione, rappresenta anche per l’inizialmente scettico Karras, l’extrema ratio per tentare di salvare la vita a Regan.

Ma prima di agire, prima di varcare il confine e accedere nel mondo del paranormale, bisogna avvisare il vescovo locale e ottenere il placet. Solo dopo si potrà iniziare ma per praticare un esorcismo serve un esperto, un esorcista vero, uno che abbia dimestichezza con quelle pratiche ataviche, che si perdono nella notte dei tempi, riti che, come lo stesso Gesù spiegò agli attoniti discepoli, per essere efficaci devono prevedere da parte di chi li fa un’assoluta convinzione, un’incrollabile fede.

Quell’uomo arriva da lontano, scende da un taxi e si ferma davanti all’abitazione di Chris MacNeil.

È un uomo alto, anziano, con indosso un impermeabile nero, un cappello dello stesso colore e una valigia logora, figlia di tante infinite battaglie, da cui quell’uomo non si stacca mai.

Davanti alla porta di casa Mac Neil c’è padre Lankester Merrin, per molti un noto archeologo, per pochi un esorcista, per Chris l’ultima, irrazionale speranza a cui aggrapparsi.

Il resto, ovviamente, non ve lo racconto.

Cosa avvenga nella stanza di Regan, pervasa da un insopportabile tanfo e dove un gelo innaturale penetra da ogni spiraglio vanificando l’azione energica di volenterosi caloriferi, dovete scoprirlo leggendo un romanzo bellissimo, in cui la singolare trama, ispirata a una storia vera accaduta nel 1949 a Cottage City nel Maryland di cui Blatty venne a conoscenza quando studiava presso l’Università di Georgetown, si intreccia con una narrazione incalzante, fatta di descrizioni forti e dialoghi serrati fra l’eclettico demone e i suoi temerari avversari.

Così, a proposito del suo più celebre romanzo, frutto di una lunga e accurata ricerca sull’insolito argomento, l’autore, originario di New York, si espresse:

«Penso che il mio inconscio, una volta accumulato tutto il materiale e la fatica necessari, abbia creato la maggior parte della trama, elargendola poco alla volta delle porzioni alla mia coscienza razionale.»

L’esorcista di William Peter Blatty, che nel 1973 si trasformò in una pellicola leggendaria con le indimenticabili prove di Linda Blair, nella parte di Regan e di Max Von Sydow, in quella di padre Merrin, è una lettura che vi lascerà esterrefatti, un libro la cui lettura, come ha scritto Edoardo Nesi equivale «a trovarsi a tu per tu con il Male.»

Non resta che leggerlo per scoprire che il vero obiettivo del demone non è la sua stessa vittima, ma, come sussurrato da uno sfinito padre Merrin a uno sconvolto Karras, quello di «farci perdere la speranza, farci rinnegare la nostra umanità, farci vedere la nostra stessa bestialità, la nostra natura abietta, putrescente, priva di dignità, orribile, malvagia, insignificante.»

Maurizio Carvigno

Maurizio Carvigno
Nato l'8 aprile del 1974 a Roma, ha conseguito la maturità classica nel 1992 e la laurea in Lettere Moderne nel 1998 presso l'Università "La Sapienza" di Roma con 110 e lode. Ha collaborato con alcuni giornali locali e siti. Collabora con il sito www.passaggilenti.com

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