Una favola politica che esplora le radici della libertà e della censura.
George Orwell (1903-1950) fu uno dei più acuti romanzieri e giornalisti inglesi del secolo scorso. Suo penultimo romanzo, La Fattoria degli Animali fu completato nel 1943 dopo anni di lavoro e problemi con gli editori. L’opera fu oggetto di un dibattito e di una riflessione alimentata dall’autore stesso attorno alla libertà e alla libertà di stampa. Seguiamone dunque la vicenda.
Sulla scia di Esopo e Fedro, i protagonisti di questa favola sono degli animali, dietro i quali si nascondono allegoricamente figure storiche. Un bel giorno nella loro fattoria, l’anziano maiale Vecchio Maggiore (che rappresenta Marx) convoca gli animali per esporre la sua teoria dell’Animalismo (Comunismo). Gli animali lavorano più del necessario e il frutto sovrabbondante del loro lavoro viene costantemente rubato dall’uomo. Perciò, prima di morire, il maiale esorta i suoi compagni alla ribellione. Costoro, dunque, guidano una rivolta (la rivoluzione russa) e prendono il controllo della fattoria cacciandone il proprietario, il fattore Jones (lo zar Nicola II). I maiali guidano la rivoluzione e instaurano un nuovo regime che sembra più vantaggioso per gli animali.
Tutti sono uguali, ma c’è chi è più uguale di altri. Come il lato scaleno di un triangolo equilatero.
Il capo dei maiali, Napoleon (Stalin) prende le redini del comando e presto estromette il suo compagno Palla di Neve (Trozkij) per divergenze polithce. Il regime diventa ben presto dittatoriale. Al motto “tutti gli animali sono uguali” viene aggiunto “Ma alcuni sono più uguali degli altri”. L’obiettivo di uguaglianza si è tradotto in un nuovo regime dispotico. Inutili sono le proteste degli animali: il cavallo Boxer (il lavoratore entusiasta), la cavallina Mollie (l’aristocrazia russa), il corvo Mosè (La chiesa ortodossa) e così via.
I maiali hanno ormai assunto comportamenti umani, camminano su due zampe e commerciano con i fattori. Il racconto si chiude con l’emblematica cena dei maiali con gli uomini, ormai assimilati. Le creature di fuori guardavano dal maiale all’uomo, dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due.
Un libro che “non andava pubblicato”.
È Orwell stesso, nel suo scritto La libertà di Stampa (inteso come prefazione al libro ma pubblicato solo nel 1972) a raccontare le vicende editoriali e a offrire varie riflessioni. Il manoscritto
dell’opera fu rifiutato da quattro editori e pubblicato solo nel 1945. Tuttavia, solo uno degli editori aveva addotto motivazioni politiche.
Ad Orwell fu detto chiaramente che, se il libro si fosse rivolto alle dittature in generale, non ci sarebbe stato problema. Tuttavia era chiaro che ci si riferiva alla Russia Sovietica, in quel momento alleata di guerra della Gran Bretagna. La pubblicazione di questa favola, dunque, era ritenuta decisamente inopportuna perché avrebbe oltraggiato gli alleati.
Orwell riflette su questa circostanza dichiarando che, pur in mancanza di veti ufficiali, è possibile che si attui una censura. Il responsabile di ciò è la pressione dell’opinione pubblica e la vigliaccheria intellettuale di autori e scrittori. L’ortodossia dominante esige in questo momento un’ammirazione acritica nei confronti della Russia sovietica, constata lo scrittore. Il paradosso, secondo Orwell, è che avrebbe potuto attaccare impunemente Churchill o altri personaggi inglesi, ma non Stalin. Stando così le cose, Orwell prevede già prima della pubblicazione la reazione degli intellettuali inglesi. Sicuramente avrebbero esclamato che il libro “non andava pubblicato”.
Libertà e libertà di stampa.
Quello su cui Orwell pone l’accento è che, se si incoraggia la censura letteraria, la deriva può essere deleteria. Molti non capiscono che stanno incoraggiando metodi totalitari che un giorno potrebbero essere usati contro di loro anziché a loro vantaggio. Se imprigionare i fascisti senza processo diventa una prassi normale, non è detto che la cosa continui a limitarsi ai fascisti.
Il governo inglese, insomma, non a causa di specifiche leggi ma a causa dell’opinione pubblica non avrebbe gradito il libro. Questo perché non si doveva offendere il regime sovietico. Un regime che, nato con intenti egalitari come la Fattoria degli Animali, era finito col diventare dittatoriale. Secondo Orwell, è compito proprio degli intellettuali smascherare queste ipocrisie. Perché, afferma:
If liberty means anything at all it means the right to tell people what they do not want to hear.
Se la libertà significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuole sentirsi dire.
Davide Massimo
Leggendo questo articolo mi sa he sta’ capitando anche in Italia quanto descritto. Cooperative che sfruttano persone bisognose per poche lire, senza diritti e lavori massacranti.