Fellini anarchico: il saggio imperdibile di Goffredo Fofi

Fellini anarchico libro recensioni

Fellini anarchico è un breve e affascinante saggio scritto da Goffredo Fofi e pubblicato da Elèuthera nel 2020.

Come si evince dal titolo l’argomento è il cinema di Federico Fellini, nei cui film il critico Fofi cerca (e trova) gli indizi della poetica e delle convinzioni anarchiche del regista.

L’autore non è il primo ad accostare il celebre regista alla dottrina socio politica dell’anarchia.

Il titolo stesso riprende una definizione del critico francese André Bazini che per primo parlò di un “Fellini anarchico” dopo aver visto La strada. Ma già il film d’esordio di Fellini Lo sceicco bianco è stato definito dal critico Callisto Cosulich il primo film anarchico italiano.

Anche lo scrittore Daniel Pennac ha insistito su un Fellini cosciente di essere anarchico. D’altronde in questo fu aiutato dai tre sceneggiatori con cui a lungo lavorò: Ennio Flaiano da un lato e Tonino Guerra e Bernardino Zapponi, dall’altro, da sempre due anarchici dichiarati.

Fofi inizia mettendo in luce la capacità di Federico Fellini di affabulare le masse di intellettuali e di popolo, perché voleva che i suoi film piacessero a tutti.

Ma dove si rinviene l’anarchia di Federico Fellini?

Nei film girati tra il 1954 e il 1957, Federico Fellini si è schierato dalla parte dei marginali: i girovaghi de La strada, le prostitute de Le notti di Cabiria, i “bidonisti” de Il bidone, di cui ha raccontato i confusi tentativi di rivolta e le fatiche della sopravvivenza. Qui il regista mostrava  vari aspetti dell’arte di arrangiarsi che, secondo Goffredo Fofi, è l’espressione di “un istintivo e spontaneo anarchismo di tutta una parte della società costretta a vedersela da sola in un mondo decisamente classista, ostile”.

La dolce vita consacra Federico Fellini nel 1960 come regista internazionale. Fofi la definisce un’opera-cerniera che apre all’autore una libertà creativa quasi assoluta, con risultati sempre più visionari e con una sempre maggiore centralità dei temi della morte e della decadenza della civiltà.

Dopo il 1968 un Fellini adulto diverrà consapevole della propria diffidenza verso la società italiana, diffidenza che diventerà sempre più anarchica.

Molti dei personaggi felliniani sono anarchici, vuoi palesemente come il padre in Amarcord, vuoi in spirito come i due giovani hippies del Satyricon o gli sbandati, pazzi gentili (Benigni e Villaggio) in La voce della luna.

Secondo Goffredo Fofi, Fellini si dimostra anarchico soprattutto negli ultimi film, come E la nave va, Ginger e Fred e La voce della luna, in cui racconta la società italiana mostrando di essere “senza fiducia in nessun ordine sociale di cui ha fatto esperienza e senza più fiducia in nessun ordine sociale a venire”.

Fellini anarchico è una carrellata dei film felliniani

Il saggio consente a Fofi di fare una carrellata dei film di Fellini guardati sotto diversi punti di vista.

Ad esempio si accenna alla visione retrò della donna, certamente maschilista, non liberatoria, condizionata da usi costumi e abitudini “peggio che discutibili”. Ciò almeno fino a La città delle donne, in cui il regista si mette in discussione rispetto all’avvento di un nuovo femminismo e tenta una sorta di autocoscienza maschile.

Nel quarto capitolo del saggio “Intorno a Gelsomina: i perdenti” si legge un’analisi interessante sul ruolo di Giulietta Masina, moglie di Federico Fellini, attrice in molti film essenziali del regista e sui ruoli da lei interpretati.

I suoi sono personaggi femminili, ma anche “diversi”, “disabili” evidenziando che nel panorama cinematografico italiano Fellini fu un precursore dell’attenzione verso la diversità fisica e psichica.  Un’attenzione del tutto assente anche nei film dei Maestri del cinema come Antonioni, Pasolini o Visconti, i quali, al contrario di Fellini, non considerano degni di narrazione o di poesia “i diversi, i malati, gli storpi, i minorati, i poveri in spirito”.

Fellini vede il diverso soprattutto come “mediatore col mistero”. Per questo farà fatica, pur sentendone l’esigenza,  a passare dalla fase infantile del fascino per il diverso ad una fase adulta di rapporto con il mistero.

Federico Fellini e gli altri

Il saggio accenna anche ad aneddoti gradevoli di incontri con altri personaggi del cinema e del mondo intellettuale italiano. Racconta del pregevole lavoro di Fellini come sceneggiatore o aiuto regista a inizio carriera, ad es. per Roberto Rossellini, e delle incursioni nel neorealismo.

D’altronde, Goffredo Fofi riscontra una “componente anarchica”, cosciente ma non dichiarata, anche nell’opera di Rossellini, perché questa nascerebbe “dal confronto con l’orrore della guerra e della Storia”, soprattutto in un capolavoro decisivo come “Europa ‘51”, in cui Federico Fellini fu profondamente coinvolto sul piano ideologico.

La forte componente anarchica percorre l’opera dei collaboratori più stretti di Fellini: Zapponi, Flaiano, Guerra, Pinelli. Tutti loro – regista compreso – erano diversamente anarchici, secondo la definizione moderna di anarchia proposta da Paul Goodman e Colin Ward, il quale parlava di anarchia come “forma di disperazione creativa”. Nella loro opera si respira una diffidenza di fondo nei confronti della società costituita, della Chiesa, della famiglia, della proprietà nelle loro versioni ufficiali che borghesemente opprimevano ogni forma di libertà di pensiero e di comportamento. La risposta di questi autori fu l’attenzione agli ultimi, agli umili, ai marginali, agli oppressi, agli strambi, ai perdenti costretti all’arte di arrangiarsi.

Una lettura imprescindibile per chi ama il cinema felliniano

Fellini anarchico è un saggio imperdibile per chiunque apprezzi i film di Federico Fellini. Goffredo Fofi riesce a sviluppare la sua tesi sull’anarchismo del regista costruendo un discorso sintetico, ma esaustivo. In tal modo, chi legge si lascia coinvolgere nel discorso anche se non conosce approfonditamente il cinema felliniano.

La brevità e scorrevolezza della lettura rendono il saggio un valido strumento anche per iniziare ad incuriosirsi della poetica del Maestro e magari accostarsi per la prima volta ai suoi capolavori.

Stefania Fiducia

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Splendida quarantenne aspirante alla leggerezza pensosa. Giurista per antica passione, avvocatessa per destino, combatto la noia e cerco la bellezza nei film, nella musica e in ogni altra forma d'arte.

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