Ultima notte a Soho: il pericoloso romanticismo di vivere nel passato

Ultima notte a Soho recensione film

Presentato fuori concorso alla 78° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, l’ultimo lungometraggio di Edgar Wright si rivela uno dei film più interessanti del 2021, nonché apparente punto di rottura all’interno della sua filmografia. Abbandonando i toni parodistici della cosiddetta “Trilogia del Cornetto” e discostandosi dalla frenesia di “Scott Pilgrim vs The World” e “Baby Driver“, il regista britannico dirige un vero e proprio giallo anni ’60, strizzando l’occhio al thriller psicologico moderno, confezionando un’esperienza cinematografica totale, dove lo spettatore è destinato a perdersi in un intrigante gioco di doppi e mezze verità.

“Tu credi nei fantasmi?”

Il sogno diventa incubo

Eloise Turner (Thomasin McKenzie) è un’aspirante fashion designer appassionata della musica e dello stile anni ’60 che, per poter realizzare il suo sogno professionale, si trasferisce a Londra per studiare al London College of Fashion. Nonostante abbia sempre desiderato vivere lì, la ragazza sembra nutrire una certa inquietudine nei confronti della città, e l’incompatibilità con le ragazze dello studentato la convincerà a trovare una diversa sistemazione. Ellie, gravemente segnata dalla perdita della madre, si sposterà dunque all’apparentemente più tranquilla stanza di un’anziana signora (Diana Rigg). Proprio in quel sottotetto però, inizia a sognare una Londra d’altri tempi nei riflessi delle notti dell’aspirante cantante, Sandie (Anya Taylor-Joy). Tra feste, drink e baci appassionati, tutto sembra possibile ma ben presto il sogno si tramuterà in un incubo mortale, con forti ripercussioni anche nel presente della protagonista.

Perché proprio Soho?

Ultima notte a Soho” può rappresentare un punto di rottura nella filmografia di Edgar Wright ma, in realtà, questa è solo una prima apparenza. L’intero film è permeato da un’aura nostalgica, frutto delle influenze cinematografiche e delle esperienze del talento britannico che ha vissuto, per ben 25 anni, nel quartiere londinese.

Celebre in tutto il mondo, Soho è sicuramente una delle aree più allettanti della capitale inglese che, nel corso della storia, ha cambiato diversi volti. Quello che oggi vediamo come uno dei quartieri più alla moda della città, pieno di ristoranti, bar e attività, negli anni ’60 era il centro dell’industria del sesso di Londra. Un luogo dove i ripetuti tentativi di togliere le prostitute dalle strade, portarono invece i proprietari dei locali a creare un giro di corpi dietro un’abbagliate patina glamour. Così come vedremo nel corso del film, molte sono le giovani ragazze dell’epoca che, mosse dalla Swinging London e speranzose di diventare qualcuno, finirono dritte nella morsa di uomini pericolosi.

Soho diviene dunque l’ambientazione ideale per Edgar Wright, desideroso di affrontare la tematica dello sfruttamento e di avere, per la prima volta in un suo film, una protagonista femminile. Ellie, interpretata dall’astro nascente Thomasin McKenzie, classe 2000 e che vanta già collaborazioni con Taika Waititi (Jojo Rabbit) e M. Night Shyamalan (Old), è per certi versi un suo alter ego. Nostalgica, ossessionata dalla musica degli anni ’60 ed estremamente creativa (vi chiedo di notare lo strepitoso abito che indossa nella scena iniziale del film), Eloise rincorre un tempo che non è il suo, portandolo nella sua arte: la moda. Così come lei immagina i suoi vestiti in base a chi li porterà, Edgar Wright si dimostra capace di caratterizzare e rendere iconici i suoi personaggi, cucendo il film sulla loro essenza. Ed ecco che, come controparte dell’aspirante stilista contemporanea, troviamo una magnetica e mefistofelica Anya Taylor-Joy (The Witch, La regina degli scacchi) che, in breve tempo, diverrà vera e propria ossessione per la giovane protagonista.

Un riflesso deforme della realtà

Nel cinema di Edgar Wright, nulla è come sembra e dovremmo averlo imparato bene dalle sue precedenti pellicole. Con “Ultima notte a Soho” però il concetto di verità nascosta viene elevato a potenza, dando il via ad una serie di doppi e deformi riflessi. Il quartiere reale e deludente, che Ellie vive durante il giorno, va a contrapporsi con la Soho da sogno, notturna ed elettrizzante di Sandie, di cui la prima non può che volerne ardentemente farne parte. Le lenzuola divengono dunque mezzo per escludere il mondo esterno e dove nascondersi, cercando rifugio in una seconda vita segreta destinata a tramutarsi da luogo sicuro ad angosciante.

Inseguendo la determinata donna che vorrebbe essere nei riflessi degli specchi che la circondano, la sognatrice vedrà Sandie cadere e andare emotivamente in pezzi. Le luci abbaglianti e avvolgenti lasciano progressivamente spazio a neon colorati in stanze buie, caricando il quadro di un’inquietudine palpabile. Non potendo tollerare il fallimento della sua musa ispiratrice per mano di uomini bugiardi e sentendosi costantemente inadeguata, Eloise distorce la realtà degli avvenimenti cui assiste, non cogliendo la vera natura delle parti in causa. Realtà e finzione finiscono per fondersi, sovrapponendosi in una Soho moderna dove il passato non può più essere ignorato. Trovandosi in una sala cinematografica (chiara la similitudine di specchio per entrare nell’illusione), lo spettatore si troverà al fianco di Ellie nella condivisione di un sogno divenuto agghiacciante. Insieme, saremo portati a fuggire da un labirinto onirico e temporale, dove le pareti di un sottotetto nascondono una sanguinolenta verità che vuole essere scoperta.

Attraverso un colonna sonora d’epoca perfetta, marchio di fabbrica del regista, e un’estetica da thriller giallo italiano, Edgar Wright mostra, ancora una volta, come le apparenze possano ingannare. Vivere la quotidiana realtà può essere difficile ma persino l’innocuo sognare di un’epoca lontana può trasformarsi nel peggior incubo. Il romanticismo di un tempo che non c’è più, ai nostri occhi migliore e sfavillante dove avremmo voluto vivere, non è altro che l’ennesima mezza verità da raccontarsi. Costantemente inadeguati, siamo portati ad affrontare la notte che, per quanto spaventosa possa essere, non è eterna. Dopotutto, persino a Soho sorgerà il sole e, per fortuna, a farci compagnia abbiamo Edgar Wright.

Michele Finardi

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IL VOTO DEL PUSHER
Regia
Sceneggiatura
Interpretazioni
Area Tecnica
Michele Finardi
Planner di salotti cinefili pop fin dalla tenera età, vorrei disperatamente vivere in un film ma non riesco a scegliere quale!
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