“Fiori d’acciaio”, l’omaggio di un uomo all’amicizia tra donne

Fiori d'acciaio

“Preferirei sempre tre minuti di meraviglioso ad una vita fatta di niente di speciale!”

 

Titolo originale: Steel Magnolias
Regista: Herbert Ross
Soggetto e sceneggiatura: Robert Harley 
Cast Principale:  Olympia Dukakis, Sally Field, Daryl Hanna, Shirley MacLane, Julia Roberts, Dolly Parton, Sam Shepard, Tom Skerritt, Dylan McDermott
Nazione: U.S.A.
Anno: 1989

“Fiori d’acciaio” ha ormai compiuto trent’anni. A vederlo, con quella fotografia e quei costumi davvero tanto anni ’80, glieli dareste tutti. 

Eppure non è un film datato. Piuttosto è uno di quei film che può diventare un classico. Non fosse altro perché è un film corale, che ha per protagoniste sei donne, dall’età e dai carattere completamente diversi, interpretate da sei grandi attrici.

Per alcune di loro questo film ha segnato la carriera, come per Julia Roberts che, al secondo film, si aggiudica il Golden Globe come miglior attrice non protagonista. A tutte le altre interpreti “Fiori d’acciaio” ha dato l’occasione di interpretare un ruolo indimenticabile, in alcuni casi fuori dallo schema seguito nel resto della loro carriera.

Fiori d’acciaio” prima di essere un film è un dramma scritto per il teatro da Robert Harley, che poi sceneggerà anche la pellicola.

In una cittadina della Louisiana, le protagoniste si ritrovano nel salone di bellezza di Truvy Jones (Dolly Parton), tra pettegolezzi e i vari alti e bassi della vita. Ci sono due donne di mezza età, amiche di vecchia data: la vedova Louisa “Ouiser” Boudreaux (Shirley MacLane), sempre arrabbiata  e Clairee Belcher (Olympia Dukakis).

La nuova assistente di Truvy è l’ingenua Annelle (Daryl Hanna), che inizierà un percorso di fede che la renderà molto religiosa, al limite del bigotto. Le altre due clienti del salone sono madre e figlia, Mary Lynn Eatenton (Sally Field) e Shelby (Julia Roberts). 

Fiori d’acciaio” si apre con l’imminente matrimonio di Shelby e continua con le diverse fasi cruciali della sua vita. 

Nonostante una grave forma di diabete e il parere contrario dei medici, decide di diventare madre, il sogno irrinunciabile della propria vita. Col passare del tempo la malattia si aggrava e Shelby entra in dialisi, fino a quando la madre le dona un rene. 

Ma, purtroppo, i problemi di salute di Shelby non si fermeranno qui. 

Di “Fiori d’acciaio”, come avrete capito, la forza sono le sue interpreti, alle prese con dei personaggi molto ben caratterizzati e sfaccettati.

Infatti, nonostante in un film corale non sia facile approfondire il carattere dei personaggi, per lo spazio necessariamente limitato che si può dare loro, qui Harley è riuscito a delineare delle personalità precise, con poche battute o sguardi.

Innanzitutto, una strepitosa Shirley McLane interpreta la scorbutica Ouiser (“Io non sono matta. Ho solo un carattere schifoso da quarant’anni”), sempre pronta a litigare con qualcuno, ma capace anche lei di aprirsi all’amicizia e all’amore. Per Olympia Dukakis, il ruolo di Clairee è forse quello più simpatico della sua carriera: una donna di mezza età piena di verve, che si rimette in gioco, capace sempre di rompere un silenzio imbarazzante o far ridere le amiche quando più serve. La Truvy di Dolly Parton è alle prese con un marito lontano emotivamente, ma appassionata del suo lavoro  (“La bellezza naturale non è di questo mondo”) e sempre accogliente verso il prossimo. La sua assistente Annelle regala a Daryl Hanna finalmente un ruolo diverso da quello della bellona seducente. 

Infine, ottima è stata l’intesa tra Sally Field e Julia Roberts, che hanno portato sullo schermo il rapporto madre e figlia nella sua complessità: l’amore, la tenerezza, il sacrificio, ma anche i conflitti, l’accettazione reciproca, il dolore della perdita. 

L’amore materno e il desiderio di maternità sono infatti un tema centrale del film, insieme all’amicizia tra donne e alla solidarietà femminile

Ad una visione più approfondita, si nota anche la volontà della sceneggiatura di mettere a confronto le diverse visioni nell’affrontare la vita. Tra tutti brillerà quello di Shelby:

Preferirei sempre tre minuti di meraviglioso ad una vita fatta di niente di speciale!”.

Ma lo scopo centrale di “Fiori d’acciaio” è mettere in luce la forza delle donne.

Dovremmo essere dei fiori fragili, delle magnolie, come recita il titolo originale (“Steel Magnolias”), piante diffusissime in Louisiana. Steel Magnolias è proprio un appellativo molto usato nel sud degli Stati Uniti per indicare le donne.

Gli uomini dovrebbero essere quelli d’acciaio. Invece, quando si devono affrontare le tragedie fatali e prendere le decisioni più dure, sono le donne che guardano in faccia la realtà, come dice Mary Linn (Sally Fields) nel momento più drammatico del film.

Anche le protagoniste di questa storia sono, quindi, dei fiori del Sud, delle bellissime magnolie come quelle che crescono sugli alberi della loro terra, ma d’acciaio.

Un soggetto tanto intriso di buoni sentimenti avrebbe potuto facilmente portare ad un film stucchevole. Invece, la sceneggiatura di “Fiori d’acciaio” è priva di banalità. È profonda e leggera al tempo stesso. Ovviamente, ci si commuove molto, ma la presenza di personaggi più caustici o spigolosi garantisce ritmo e risate.

Il racconto si dipana in un arco di tempo che dura alcuni anni. I momenti più leggeri si alternano a quelli più drammaticamente difficili, esattamente come nella vita; ma – come direbbe Woody Allen – con un montaggio migliore.

Tre motivi per guardarlo:

  • per provare l’imbarazzo di scegliere quale personaggio preferite o quale attrice sia più brava;
  • per i battibecchi tra Clairee (Olympia Dukakis) e Ouiser (Shirley Mc Lane);
  • per la scena del funerale: risate di commozione.

Quando vedere il film:

qualsiasi momento è adatto, magari insieme a un gruppetto di amiche oppure con qualche donna a voi cara.

E dalle donne nel cinema passiamo alle donne di cinema: avete letto la puntata del cineforum sulla leggendaria regista Agnes Varda?

 Stefania Fiducia

Le immagini contenute in questa recensione sono riprodotte in osservanza dell’articolo 70, comma 1, Legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio. Si tratta, infatti, di «riassunto, […] citazione o […] riproduzione di brani o di parti di opera […]» utilizzati «per uso di critica o di discussione», nonché per mere finalità illustrative e per fini non commerciali. La presenza in CulturaMente non costituisce «concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».

Stefania Fiducia
Splendida quarantenne aspirante alla leggerezza pensosa. Giurista per antica passione, avvocatessa per destino, combatto la noia e cerco la bellezza nei film, nella musica e in ogni altra forma d'arte.

COMMENTA QUESTA DOSE DI CULTURA

Lascia un commento!
Inserisci il tuo nome qui