Squid Game: il parco-giochi dell’orrore targato Netflix

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Squid Game è una nuova serie tv disponibile su Netflix che sta facendo parlare di sé a livello globale. Scritta e diretta dal regista Hwang Dong-hyuk, originario di Seul, la serie si concentra sulla vicenda che coinvolge 456 persone ai margini della società, le quali decidono di partecipare a un folle gioco al massacro per vincere un cospicuo premio in denaro.

I nove episodi, della durata di un’ora circa (tranne l’ottavo che ha una durata di trenta minuti), in lingua originale, coinvolgono lo spettatore che sarà completamente assorbito dalla vicenda in una visione “bulimica” della storia.

Squid Game, la trama

Protagonisti della storia sono 456 individui che nella loro vita reale non hanno più niente da perdere. Si tratta di persone indebitate, minacciate dai creditori o ricercate dalla polizia per frode che hanno un’unica speranza per poter sopravvivere dignitosamente: trovare un’ingente quantità di denaro. Per queste ragioni vengono selezionate da una misteriosa organizzazione per partecipare a un gioco che consentirà loro di vincere 45.600.000.000 won. In un grande parco-giochi situato su un’isola sudcoreana i protagonisti per aggiudicarsi il premio dovranno superare sei step che corrispondono a sei diversi giochi per bambini, come  “un, due, tre, stella!” e il “gioco del calamaro” del titolo.

C’è solamente un problema: la sconfitta coincide con la morte del partecipante. 

Chi vincerà la somma in denaro? Quali sono i sei giochi? Quali strategie metteranno in atto i 456 individui per sopravvivere? Quali sono i fini dell’organizzazione segreta?

Queste sono solo alcune delle domande a cui lo spettatore cercherà di dare una risposta nel corso della visione.

Perché guardare Squid Game?

L’ambientazione di Squid Game è quella della Corea del Sud ai giorni nostri, un paese caratterizzato da una grandissima disparità sociale ed economica tra le classi. Questo tema, affrontato in molti prodotti audiovisivi coreani e già apprezzato dal pubblico occidentale nel film Parasite del 2020, è uno dei cardini principali di questa produzione Netflix.

La serie, inoltre, supera i limiti dei generi; è un survival game ma allo stesso tempo è un prodotto completamente nuovo: è pulp, per l’incredibile violenza messa in scena e per la quantità di sangue versato; è un dramma, perché racconta le tragiche vicende che riguardano le esistenze dei protagonisti; è un thriller psicologico.

Questi ingredienti, presi singolarmente, non rappresentano nulla di nuovo, ma messi tutti insieme costituiscono una miscela esplosiva e Squid Game ne è la dimostrazione: oggi la serie è il prodotto più visto in streaming in 70 Paesi.

La lettura dell’articolo da qui in poi è sconsigliata a chi non ha visto la serie, perché potrebbe contenere spoiler.

Squid Game, tutti gli ingredienti della satira sociale

Squid Game è una satira sociale dark, i cui temi principali sono le differenza e le similitudini tra ricchi e poveri.

Nell’ultimo episodio il creatore dell’organizzazione e del gioco dice al vincitore:

Sai cosa hanno in comune le persone senza soldi con le persone con troppi soldi? Che vivere non è divertente

Ma la stessa affermazione porta a delle conseguenze disastrose, nonché all’evidenza della massima disuguaglianza tra persone di classi sociali diverse: l’organizzazione esiste perché dei ricchi annoiati possano scommettere sulla vita e sulla morte dei poveri, come nell’ippica.

Ma quegli individui indebitati, trattati come cavalli, non erano loro stessi scommettitori incalliti? Nella messa in scena della legge del contrappasso Squid Game propone un mondo in cui non c’è confronto dualistico tra buoni e cattivi, bensì tra cattivi e incattiviti.

La riprova del fatto che i giocatori stessi siano persone senza scrupoli, esattamente come i propri aguzzini, sta nel fatto che nelle dinamiche tra i 456 individui vince, quasi sempre, la legge di Hobbes: Homo homini lupus. I giocatori sono disposti letteralmente a tutto, pur di sopravvivere al massacro e vincere il montepremi.

Squid Game, una narrazione circolare

La serie si apre con una sequenza in cui dei bambini stanno giocando a Squid Game. Una voce off spiega in cosa consiste il gioco, sconosciuto al pubblico occidentale.

Nella mia città c’era un gioco chiamato “Squid Game”. L’abbiamo chiamato così perché si gioca in un campo a forma di calamaro. Le regole sono semplici. I bambini sono divisi in due gruppi, l’attacco e la difesa. Una volta che il gioco è iniziato, la difesa può correre su due piedi all’interno dei limiti, mentre l’attacco fuori dalle linee può saltare solo su un piede. Ma se un attaccante taglia la vita della difesa di passaggio del calamaro, allora gli viene data la libertà di usare entrambi i piedi. da quel momento lo chiamavamo ispettore sconosciuto. Per vincere, gli attaccanti devono toccare con il piede il piccolo spazio chiuso sulla testa del calamaro. Ma se qualcuno in difesa riesce a spingerti fuori dai confini del calamaro, muori. Dopo aver toccato la testa del calamaro, vinci e urli “Vittoria”.

Il sesto gioco in cui i due finalisti dovranno battersi sarà proprio il “gioco del calamaro”. Lo spettatore scopre che la primissima scena del primo episodio non è altro che un flashback che coinvolgeva i due protagonisti adulti quando erano bambini. Sarà proprio quel ricordo dei tempi legati all’innocenza a interrompere, per un attimo, la lotta tra poveri.

Gi-hun (Lee Jung-jae), padre divorziato, giocatore d’azzardo che vive rubando piccole somme di denaro a sua madre è forse l’incarnazione di una qualche forma di bene in un mondo di degenerati?

Squid Game, un’iconografia tra campo di concentramento e luna-park

L’ambientazione principale della serie è la struttura dove si svolgono i giochi, che si divide in due spazi: il luogo del gioco e il luogo dell’attesa.

Il luogo del gioco è rappresentato visivamente come un grande parco-giochi dai colori vivaci e saturi. Il set di “un, due, tre… stella” è composto da un campo di grano; la bambola è vestita con abiti gialli e arancioni: niente nella scenografia fa presagire che alcuni giocatori avranno un infausto destino. Il set del gioco del “ponte di vetro” fa pensare al tendone di un circo, mentre l’illuminazione ricorda quella tipica delle giostre.

Il luogo dell’attesa sembra invece un campo di concentramento: tutti portano una divisa (sia i giocatori sia i “soldati” che svolgono il servizio di sorveglianza); i 456 player sono identificati grazie a un numero e, di conseguenza, sono considerati alla stregua di oggetti; i corpi dei perdenti vengono distrutti nei forni crematori; la sala d’attesa è grigia e i letti dei protagonisti del gioco sono ammassati gli uni sugli altri sia in verticale che in orizzontale.

Gli spazi in Squid Game contribuiscono a pieno titolo a veicolare senso.

Il mio voto è cinque stelle su cinque.

Intervista per Radio Popolare

Al Minuto 4.53 trovate le mie impressioni su Squid Game rilasciate a Radio Popolare per la rubrica “Seconda Pagina”, uscita il 18 ottobre 2021: https://bit.ly/2Xo0nfv

Valeria de Bari

Valeria de Bari
Sceneggiatrice, chitarrista, poetessa, pittrice: quello che sogno di diventare da grande. Ops ... sono già grande. Amo la musica (soprattutto il punk, il rock e le loro derivazioni), le immagini-movimento e l'arte del racconto (o come si dice oggi lo "story telling"). La mia vocazione è la curiosità. That's all folks

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