“House of the Dragon”: la recensione degli ultimi due episodi

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Adesso che si è conclusa la prima stagione possiamo affermare con sicurezza che House of the Dragon è una serie che fa onore a Game of Thrones e che, se il livello continuerà a essere tale, si collocherà insieme a lei nell’Olimpo dei migliori prodotti televisivi mai realizzati. Più volte nel corso delle passate recensioni ho elogiato la serie per la scrittura, le interpretazioni e l’atmosfera. Queste ultime due puntate hanno confermato la mia idea e mi hanno lasciata in trepidante attesa per l’uscita della prossima stagione.

Delineare una situazione che precipita

L’ottavo episodio si è concluso con la morte di Viserys. Un evento di cui si parla dall’inizio della prima puntata e che è destinato a cambiare per sempre le dinamiche della storia. Anche chi non ha letto il libro Fuoco e sangue e non sa nulla degli eventi della Danza dei Draghi ha da tempo capito che la successione di Rhaenyra non sarebbe stata semplice. Di conseguenza, la dipartita del re rappresenta ciò che in narratologia prende il nome di “evento scatenante”. È l’azione che ribalta lo status quo, la fine di un equilibrio.

Può sembrare strano che l’inizio della storia sia collocato a due puntate dalla fine. In realtà, tutta la prima stagione può essere considerata una grandissima introduzione alla narrazione che vedremo svilupparsi nei prossimi anni. Un’introduzione che ha il merito di aver saputo creare interesse nei personaggi protagonisti e nell’aver delineato un’atmosfera coinvolgente per quanto cupa e tenebrosa. Il tutto senza dare davvero l’impressione di essere solo un prologo. Gli eventi raccontati, infatti, hanno tutti avuto uno svolgimento lineare e articolato.

Lo confermano gli ultimi due episodi che ancora non parlano di guerra, ma ne raccontano la preparazione. Gli sceneggiatori e le sceneggiatrici si sono presi i loro tempi e hanno deciso di dedicare gli episodi finali ai due schieramenti. Invece di creare un montaggio alternato tra i due luoghi di Westeros – Approdo del Re e Dragonstone – per mostrare cosa avveniva nella parte dei “verdi” e in quella dei “neri”, hanno preferito mostrare prima cosa succede da una parte e poi dall’altra. Una scelta vincente che ha creato negli spettatori e nelle spettatrici ancora più attesa e coinvolgimento. Nella nona puntata, infatti, l’assenza di Rhaenyra si è fatta sentire. Più gli eventi scorrevano e più si sentiva l’urgenza di vedere la principessa sullo schermo, di farle sapere che cosa stava accadendo. E, invece, abbiamo dovuto aspettare una settimana.

Questa scelta risulta anche perfettamente coerente con quanto fatto fino ad ora: per raccontare di come la situazione sia precipitata, si mostrano tutte le gocce che porteranno alla rottura del vaso. Solo così è possibile capire cosa muove questi personaggi e solo così si può dare concretezza e realismo a una grande storia come quella di House of the Dragon.

I verdi: la nona puntata

La nona puntata non è solo quella che mostra come gli Hightower si assicurano l’ascesa di Aegon II, ma è anche quella che porta a compimento (almeno per il momento) il percorso di Alicent. È lei la protagonista indiscussa dell’episodio ed è lei che muove tutte le dinamiche. A differenza di quanto racconta il libro, Alicent ha un motivo più che valido per volere suo figlio sul trono: avendo frainteso gli ultimi vaneggiamenti di Viserys, pensa che il marito abbia avuto un ripensamento sulla successione. Tutto ciò che la regina fa in questo episodio ha una giustificazione profonda che non è legata alle dinamiche di potere (che accecano il padre Otto, invece), ma al senso del dovere. La sua può essere una prospettiva distorta o non piacevole, ma è comunque la sua. Cerca di servire il regno come ha sempre fatto. Tuttavia, cerca una sua indipendenza in tutto questo.

Pur restando fedele ai suoi ideali (quegli stessi che ha urlato in faccia a Rhaenyra quando voleva accecare suo figlio), Alicent ora vuole distaccarsi dalle manipolazioni del padre e agire secondo ciò che è giusto per lei. In questo senso, cerca di fare di tutto per salvare la vita di Rhaenyra, la sua amica d’infanzia. Il confronto con Rhaenys (tra le scene più belle dell’episodio) le è sicuramente utile per farle prendere coscienza della sua voce. Di certo il suo percorso di affrancamento dal maschile non è certo semplice visto che i valori tradizionali di Westeros sono fortemente patriarcali. La scena con Larys Piededuro (tra le più disturbanti della puntata) ci racconta proprio questo: non è semplice per una donna rivendicare il suo posto, la sua presenza, la sua personalità anche se si tratta di una regina.

La sequenza finale dell’incoronazione è stata gestita magistralmente a livello registico. Ci sta il colpo di scena finale con la fuga di Rhaenys in groppa a Melys, un po’ meno il mancato “Dracarys”. Con questo semplice ordine, la guerra non sarebbe mai iniziata. È carino che sceneggiatori e sceneggiatrici si siano preoccupati di giustificare questa scelta (chiaramente motivata da esigenze extra-narrative) all’interno della storia facendo dire a Rhaenys che “non spettava a lei iniziare una guerra”. Tuttavia, è una spiegazione un po’ debole: con gli Hightower e gli altri figli di Viserys morti è difficile pensare che sarebbe successa una tragedia. In realtà, ciò che succede si può spiegare attraverso gli sguardi che Rhaenys e Alicent si scambiano: sono entrambi madri e donne. Entrambe sanno che cosa significhi vivere in quella realtà. Ha senso che Rhaenys, una donna che ha dovuto seppellire entrambi i suoi figli, non riesca a uccidere una persona mentre tenta di difendere la propria prole.

I neri: la decima puntata

L’ultima puntata ha in sé tantissimi richiami alle prime puntate. La scena del parto, il confronto tra Daemon e Otto con l’arrivo di Rhaenyra su Syrax, la pagina del libro strappata, il litigio tra Aemond e Lucerys… I minuti scorrono velocemente e si guarda con avidità tutto ciò che succede presagendo il peggio (siamo sempre nel mondo di Martin), ma rimanendo sempre stupefatti/e quando questo si avvera.

Al di là dei singoli rimandi, è chiaro che questa puntata voglia legarsi in maniera forte al penultimo episodio, rappresentandone l’altra faccia della medaglia. Al posto di Alicent abbiamo Rhaenyra. In questi 57 minuti è lei a cercare la sua voce all’interno di un contesto prevalentemente maschile andandosi a scontrare con Daemon, il suo punto di riferimento fino a questo momento. In questa puntata è Rhaenyra a cercare un modo per evitare la guerra nonostante tutti intorno a lei la spronino a iniziarla. Anche Rhaenyra è legata al senso del dovere, in particolare al compito che il padre le ha lasciato rivelandole della profezia della Canzone del Fuoco e del Ghiaccio. In nome di questo, in lei è forte la tentazione di lasciar andare il trono per preservare l’integrità del reame. È qui che entra in rotta di collisione con Daemon che, ancora una volta, si trova a scontrarsi con la mentalità del fratello (per lui segno di debolezza) e con il dolore nel rendersi conto di non essere mai stato preso in seria considerazione da lui. È interessante vedere come Rhaenyra da regina si dimostri molto più simile al padre di quanto non ci saremmo aspettati visto che, a livello di temperamento, ci è sempre sembrata più vicina a Daemon. Chissà come sarà sviluppata la relazione tra questi due personaggi nelle prossime stagioni. Di materiale su cui lavorare ce n’è davvero tanto e sono molte le possibilità.

Che Rhaenyra riesca a essere così lucida anche dopo la straziante esperienza del suo ultimo parto è sicuramente impressionante. Quest’evento non è straziante per lei solo per quello che rappresenta ma anche per quando accade. La principessa ha passato tantissimi anni a prepararsi per la sua ascesa al trono pressata dalla preoccupazione di non essere uomo e dalla sensazione di non avere diritto a reclamare quel titolo. Quando arriva per lei il momento di indossare la corona, il trono le viene usurpato e il parto prematuro le impedisce di partecipare attivamente alle decisioni politiche. Il suo essere donna la tiene bloccata in una stanza mentre suo marito e altri uomini decidono in suo nome. È davvero una situazione terribile per lei, una situazione in cui tante donne possono riconoscersi. La natura femminile legata biologicamente alla maternità è stata spesso il motivo principale di esclusione sociale delle donne. Il ciclo è ciò che “ci rende nervose” e incomprensibili. La possibilità di procreare ci ha assegnato un unico ruolo sociale da cui è difficile affrancarsi per proporre anche delle alternative. Nelle grida di Rhaenyra c’è tutta questa frustrazione.

Vederla incoronata regina da Daemon è sicuramente un momento importante e almeno in minima parte compensativo di tutto ciò che abbiamo visto. Tuttavia, la strada per il trono è ancora lunga.

“L’idea che noi controlliamo in draghi è un’illusione”

Questo decimo episodio è destinato a essere ricordato anche per lo scontro tra i draghi Vaghar e Arrax, il primo che vediamo nella serie (anche se non il primo ad essersi visto a Westeros come sa chi ha letto Fuoco e sangue e come Daemon ci ricorda nella puntata). È stato un momento da brividi, realizzato con grande maestria dal punto di vista visivo. L’inquadratura di Vaghar che sovrasta Arrax nella tempesta e quella del piccolo drago che vola sopra le nuvole verso l’alba sono destinate a rimanere iconiche.

Devo ammettere che nonostante sapessi che cosa sarebbe successo grazie al libro, la sequenza dell’uccisione del drago e di Luke mi ha provocato un grande shock. Ci ho ripensato tanto anche una volta ultimata la visione. Non so se è per la tenerezza che mi suscitava il piccolo drago o per quella provata nei confronti del suo gesto tanto folle quanto difficile da capire. Arrax ha attaccato Vaghar per difendere Luke? Oppure perché infastidito dal fatto di essere stato inseguito dalla bestia? Non lo sapremo mai, visto che è lo stesso Martin a dirci che è “impossibile conoscere il cuore di un drago”.

Una cosa, però, l’abbiamo capita: i draghi non sono servi. Trovo interessante che abbiano voluto dimostrarcelo proprio alla fine della stagione, ricollegandosi a quanto detto da Viserys proprio nella prima puntata. Deve essere chiaro che i Targaryen possono essere cavalcatori di draghi, ma non sono i loro signori e signore assoluti. Queste bestie hanno un loro istinto e una loro volontà e non saranno mai veramente sottomessi a qualcuno.

È stato interessante anche vedere, per la prima volta, la fragilità di Aemond. Il suo sguardo dopo la morte del nipote dice tanto. Anche se è probabile che il suo dispiacere sia legato anche alla consapevolezza delle conseguenze politiche del suo gesto, è bello vederlo privo dell’armatura di arroganza che si è costruito. Ricorda ancora di più Daemon per come lo abbiamo visto durante la stagione.

And now our watch begins (2024)

La Danza dei Draghi è ufficialmente iniziata. Per vederla, però, dovremo aspettare il 2024, data indicata da HBO per il ritorno della seconda stagione. Sarà un’attesa davvero lunga, ma se i livelli delle prossime puntate sarà come quello di queste prime 10, allora ne sarà valsa la pena.

Federica Crisci

Federica Crisci
Sono laureata Lettere Moderne perché amo la letteratura e la sua capacità di parlare all'essere umano. Sono una docente di scuole superiori e una SEO Copy Writer. Amo raccontare storie e per questo mi piace cimentarmi nella scrittura. Frequento corsi di teatro perché mi piace esplorare le emozioni e provare a comprendere nuovi punti di vista. Mi piace molto il cinema, le serie tv, mangiare in buona compagnia e tante altre cose. Passerei volentieri la vita viaggiando in compagnia di un terranova.

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