La cosa più strana di questa recensione è che Fear Street me l’ha suggerito mio padre. Ora, voi non lo sapete, ma mio padre dice che fa schifo tutto quello che guardo in fatto di film e serie tv. Andavamo d’accordo solo sui film horror degli anni Settanta: morto Romero, ci siamo separati.
Il trailer
Dalla serie letteraria a Netflix
Insomma, qualche giorno fa mi dice di guardarmi questa miniserie di tre episodi. E io mi fiondo. La triologia si articola tra presente e passato, infatti i capitoli sono distinti solo da date differenti.
– Fear Street parte 1: 1994
Nella prima parte siamo catapultati in un presente di paura dove dei terribili omicidi stanno sconvolgendo le vite di alcuni ragazzi.
– Fear Street parte 2: 1978
Nella seconda parte apprendiamo che questi strani omicidi si erano già verificati: questo è il primo salto nel passato per capire cosa sta succedendo.
– Fear Street parte 3: 1666
Nel terzo episodio apprendiamo che la storia ha origini ancora più antiche, impregnate di crudeltà e vendetta. Questa parte oscilla tra presente e passato.
La prima cosa che noto nella prima parte “Fear Street: 1994” è la presenza di Maya Hawke, attrice nell’ultima serie di Stranger Things e non unica star della serie presente anche in Fear Street. Nel secondo episodio, infatti, troviamo la rossa Sadie Sink.
Della serie non ci sono solo le attrici, ma anche lo stile “throwback”. Non mancano riferimenti al cult dei gloriosi anni Novanta, come Scream, o anche al Buffyverse: sarà un caso che una delle ambientazioni si chiami Sunnyvale o è un omaggio alla Bocca dell’Inferno di Sunnydale?
Fear Street, La strada della paura, ha una genesi differente, però: è figlia infatti di uno degli scrittori che ho amato di più da ragazzina: R.L. Steene, l’autore dei meravigliosi Piccoli Brividi.
Una trama tra horror e sociale
Malinconia a parte, Sunnyvale è la città della gente felice, Shadyside della gente sfigata: abbiamo un team di cinque adolescenti che dovranno salvarsi dagli omicidi che stanno colpendo Shadyside. Capo gruppo è Deena, che vivrà tutta la questione molto emotivamente, visto che una delle persone perseguitate è a lei molto cara.
Nel corso della triologia, gli omicidi si sviluppano gradualmente in modo sovrannaturale: dopo l’inizio “ingannevole” con il classico assassino in stile Scream, già nella prima parte il film prende una piega più fantasy. Seguono il Campeggio degli orrori nel 1978 – sulla falsariga di Jason – e la caccia alle streghe nel 1666. Ed è qui che casca l’asino, o meglio il cliché. Perché la storia dell’orrore diventa una metafora di vita, una sorta di allegoria della diversità: Deena ha la carnagione scura ed è attratta dalle donne. La mini saga alza il velo di Maya su quello che non si sarebbe mai detto negli anni Novanta, ma che si dice molto oggi: basti pensare anche al Reboot di Charmed e alle protagoniste latino-americane, dove non manca la strega femminista e lesbica.
Non ci sarebbe nulla di male nel trattare determinati temi, se non fosse che è un po’ la moda del momento, e questo mix tra storia di paura e diritti umani è sicuramente bizzarro a primo impatto. C’è da dire comunque che la fotografia è bellissima, le scene sono suggestive e il cast è preparato, ma questo non basta a farmi affermare che Fear Street sia tra le serie migliori viste fino ad ora. Sicuramente va bene per passare qualche serata leggera, ma nulla di più.
La domanda a questo punto nasce spontanea: ci sarà un Fear Street 4? Perché la piega che sta prendendo Netflix, vedendo anche “A Classic Horror Story” è quella di lanciare dei trend più che dei film di qualità. Per ora la risposta è no, ma si sa, quando si parla di piattaforme streaming…di doman non c’è certezza!
Alessia Pizzi