“La stanza di Therese”: cercarsi e trovarsi nell’infinito

La stanza di Therese

Una giovane donna ossessionata dall’infinito si chiude in una stanza d’albergo per meditare. Questa è La stanza di Therese, nuovo romanzo di Francesco D’Isa.

Filosofia e letteratura sono due forme di conoscenza del mondo reale. I filosofi si pongono numerose domande sull’esistenza e sulla realtà, elaborando concetti astratti. La letteratura, invece, quelle stesse domande le racconta all’interno di una storia. In questo modo, il lettore si identifica nei testi ed è stimolato a riflettere su ciò che legge. Ecco perché molti filosofi, soprattutto americani, sostengono l’uso della narrativa per trattare alcune idee filosofiche. Sicuramente, rimarrebbero affascinati dal nuovo romanzo di Francesco D’Isa, La stanza di Therese.

Non è possibile inquadrare La stanza di Therese all’interno di un genere specifico, perché ne tocca diversi.

Si potrebbe parlare di romanzo epistolare, ma anche di un romanzo visivo, visto che le parole sono intervallate da numerosi disegni (alcuni di creazione dello stesso autore). Molte pagine ricordano i pamphlet filosofici poiché sono dedicate alla discussione di tematiche filosofiche e a riflessioni sulla vita e sull’infinito, tanto da portare all’enunciazione del paradosso dell’esistenza dove “la risposta a qualsiasi domanda è sia sì che no”. La comunicazione del romanzo passa efficacemente attraverso linguaggi molteplici, frutto di una formazione dell’autore molto variegata. D’Isa è, infatti, un laureato in filosofia, un artista visivo e uno scrittore. Discipline diverse, certo, ma che non mancano di punti di contatto, se ci si pensa a fondo.

La stanza di Therese

Al di là delle classificazioni di genere, La stanza di Therese è tra i romanzi più originali che si possano incontrare oggi sugli scaffali delle librerie.

Si tratta di una raccolta di lettere che Therese invia alla sorella da una stanza d’albergo. La giovane si è rinchiusa lì a seguito di un traumatico incidente e vi rimarrà per diversi mesi. Durante il suo periodo d’isolamento, Therese – una ragazza che ha sempre avuto una propensione per la riflessione – medita, legge e soprattutto s’interroga sull’infinito e sul senso delle cose. Le risposte della sorella consistono in commenti lapidari e bruschi ai margini delle lettere di Therese.

“Per vent’anni siamo state sorelle, per cinque amiche e per tre sconosciute”

(dall’incipit di La stanza di Therese).

Il lettore, leggendo contemporaneamente lettere e risposte, impara a conoscere i caratteri di entrambe le sorelle. Si trova così di fronte a due modi diversi di affrontare la vita. Da una parte ci sono le riflessioni, le domande e le difficoltà del vivere in maniera spensierata di Therese. Dall’altra la solarità, la voglia di integrazione con le persone e la pragmaticità della sorella che mal sopporta gli sfoghi e l’atteggiamento di Therese.

“La causa della tua ‘filosofia’ non è l’infinito, ma una propensione a produrre poca serotonina che hai ereditato dalla mamma”

(Uno dei commenti della sorella a una lettera di Therese).

Non che la sorella sia superficiale o poco colta (dimostra chiaramente di conoscere bene i grandi filosofi del passato). Semplicemente, ha accettato la vita come un mistero impossibile da svelare, godendo di ciò capita, senza pensarci troppo. Questa scelta le permette di vivere serenamente, mentre Therese, per sua stessa ammissione, si trova più volte a recitare la vita.

La stanza di Therese
Uno degli esercizi di meditazione di Therese la portano a focalizzare tutta l’attenzione su un atto come, ad esempio, la ripetizione di una parola. Therese ripete spesso la parola “sasso”.

 

Therese potrebbe, invece, apparire come il classico ritratto della persona depressa.

Oltre a una propensione innata per la malinconia, è affascinata/ossessionata dall’infinito fin da bambina, da quando il padre le disse che poteva andare avanti a contare senza mai arrivare a una fine. Ha provato a vivere con leggerenza, stringendo relazioni e ignorando le domande che le nascevano spontanee. Ha seguito i consigli della sorella, tanto che la sera dell’incidente la stava raggiungendo a una festa a cui lei avrebbe fatto volentieri a meno di andare.

Ed ecco che, nel momento in cui si subisce un trauma, tutto cambia.

Therese decide di andare incontro ai suoi dubbi e ai suoi pensieri, affrontandoli nella solitudine di una camera d’albergo. Con questo gesto, accetta la sua personalità andandole incontro. In questo gesto c’è tanto coraggio e tanta forza, non depressione. È difficile amare la riflessività, perché più si pensa, meno le cose sembrano precise e sicure. La mancanza di definizione influisce non sempre positivamente sull’umore. Ma se le domande nascono, è giusto cercare delle risposte. È importante imparare a conoscersi e a convivere con ciò che si è nel modo più equilibrato possibile.

La stanza d’albergo è il luogo estraneo che diventa, però, familiare tanto da potersi considerare casa. L’ambientazione ideale per raffigurare il percorso di Therese: dal senso di disagio provato nella propria condizione esistenziale, alla consapevolezza di chi si è. La stanza, da fredda e impersonale, diventa un posto intimo, piena di cose che rappresentano la personalità della giovane. È un luogo protetto, dove sentirsi a proprio agio, anche nello sconforto.

Therese trova la forza di accettarsi e, nonostante le conclusioni paradossali a cui arriva riguardo il mondo, conosce la sua identità autentica.

Allo stesso modo, La stanza di Therese accetta di non essere definibile come genere letterario, ma conosce la sua autentica identità: quella di un romanzo che dà voce al bisogno di significazione tipico degli esseri umani.

 

Federica Crisci

Federica Crisci
Sono laureata Lettere Moderne perché amo la letteratura e la sua capacità di parlare all'essere umano. Sono una docente di scuole superiori e una SEO Copy Writer. Amo raccontare storie e per questo mi piace cimentarmi nella scrittura. Frequento corsi di teatro perché mi piace esplorare le emozioni e provare a comprendere nuovi punti di vista. Mi piace molto il cinema, le serie tv, mangiare in buona compagnia e tante altre cose. Passerei volentieri la vita viaggiando in compagnia di un terranova.

1 Commento

  1. […] Col suo traduttore, Maurizio Ferrara, il rapporto è privilegiato. “È l’unico che mi chiama per dire «qui non ha senso tradurre così»”, confessa allegramente. Ferrara sta traducendo altri libri di Manook per la Fazi editore, tra cui uno sul viaggiare, Tempo di viaggio, e altri due romanzi gialli di ambientazione brasiliana, tra cui Matto Grosso, già usciti in Francia. Intanto, Manook racconta di aver già firmato per una trilogia poliziesca di ambientazione americana. Tra i progetti dell’autore, è in corso di scrittura anche un giallo di ambientazione islandese. Il protagonista sarà uno scrittore di ritorno in patria, tra le persone che ha sfruttato come personaggi per il suo successo editoriale. […]

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