No Time To Die – Il Bond più emozionante di sempre

no time to die recensione

Dal 30 settembre è disponibile, nelle sale italiane, il 25° film sull’agente segreto più famoso della letteratura e del cinema. Dopo innumerevoli rinvii, James Bond riesce a tornare nelle sale cinematografiche con un’avventura intimista che resterà indelebile nelle memorie collettive. No time to die è un’opera coraggiosa che si propone l’obiettivo di chiudere con forza la sesta era bondiana, omaggiando lo straordinario agente 007 interpretato da Daniel Craig e tutta la mitologia del personaggio ma, al tempo stesso, togliendone i segni dell’età dal volto. Siamo di fronte ad un cambiamento epocale per il franchise che non può passare inosservato.

C’è ancora bisogno di James Bond

Dopo gli avvenimenti di Spectre e la cattura di Blofeld, James Bond (Daniel Craig) si è ritirato dall’MI6 e, insieme al nuovo amore Madeleine Swann (Léa Seydoux), tenta di abbandonare definitivamente la sua vecchia vita da agente segreto. Non potendo fare a meno di non guardarsi alle spalle, si reca sulla tomba di Vesper (interpretata in Casinò Royale da Eva Green) dove rimane vittima di un’imboscata dell’organizzazione criminale guidata da Blofeld. La relazione con la figlia di Mr. White si conclude bruscamente e, dopo 5 anni lontano da intrighi e cospirazioni, l’ex agente 00 viene contattato da Felix Leither (Jeffrey Wright) per recuperare uno scienziato al portafoglio della MI6, rapito dalla sempre attiva SPECTRE. Tuttavia, non sono i soli interessati all’uomo e la calcolata furia vendicativa di Safir (Rami Malek) sta per abbattersi sul mondo intero.  

L’eredità di Daniel Craig

Ne è passato di tempo dall’insurrezione popolare che travolse l’attore britannico ai tempi dell’annuncio come nuovo James Bond, accusato di non avere il carisma e l’eleganza dei suoi predecessori. A 15 anni di distanza dalla prima proiezione di Casinò Royale, la situazione è inequivocabilmente cambiata e pensare ad un futuro senza di lui, sembra impossibile. Duro e letale, nell’arco dei cinque film del ciclo Craig abbiamo avuto la possibilità di guardare negli occhi l’uomo James, di entrare nella sua anima noir ed esplorarne il passato, le sofferenze, le paure. Un agente segreto tridimensionale come Sua Maestà non aveva l’aveva mai visto e capace, nonostante la discontinuità qualitativa delle sue pellicole, d’imporsi come nuovo metro qualitativo. “Abbiamo tutto il tempo del mondo”, affermerà il nostro protagonista all’inizio di questa emozionante opera, richiamando alla memoria una delle più belle Bond Songs del passato, ma è una bellissima bugia al quale non possiamo premetterci il lusso di credere.  Il tempo, vera tematica del film insieme al lascito generazionale, scorre inesorabile nonostante i nostri sforzi e i 164 minuti della piccola scivolano tra le dita dello spettatore che non può far altro che accettare di lasciarli andare. Come James sulla tomba di Vesper, siamo chiamati in sala per l’ultimo saluto, assistendo al canto del cigno di un Bond indimenticabile, in grado di rilanciare un personaggio schiacciato, per ovvie ragioni storico-culturali, dal peso dell’età.  

Un epilogo degno di 007

In cabina di regia abbiamo Cary Fukunaga, più noto per le sue imprese televisive (True DetectiveManiacs) che per i suoi lungometraggi cinematografici. Tuttavia, riesce a dare un tocco personale degno di nota, con numerose riprese aeree e giochi di macchina elegantissimi che si contrappongono ad adrenalinici inseguimenti e scontri a fuoco. Non siamo ai livelli di Skyfall che, per chi vi scrive, resta il punto più alto dell’era Craig, ma il primo regista statunitense nella storia del franchise, conosce la ricetta un buon Martini agitato e non mescolato. Dalla fredda Norvegia alla movimentata Cuba, le influenze di diversi stili e gli omaggi ai capitoli del passato sono un valore aggiunto non di poco conto. Ambientazioni e richiami a personaggi ben noti della saga, non possono che impreziosire la visione del pubblico bondiano. La più evidente prova è nei lineamenti caratterizzanti del villain di No time to die, interpretato da un ottimo Rami Malek, che indubbiamente richiama il leggendario Dr. No. Il suo Lyutsifer Safin è un mefistofelico burattinaio che vuole veder bruciare il mondo, utilizzando la letale eredità familiare di cui è custode, e cercando di plasmare James come sua eterna nemesi. Tuttavia, non sempre le motivazioni delle parti in causa sono esaustive e traballano leggermente nella complessità dell’opera in esame, che sembra voler inserire elementi quasi forzatamente. Possiamo così vedere l’evoluzione del rapporto tra l’ex agente 00 e l’M di Ralph Fiennes, uniti dalla difficoltà di tenersi al passo coi tempi, ritrovando anche l’Ernst Stavro Blofeld sempre interpretato da Christoph Waltz. Tuttavia, per quanto faccia piacere ritrovare questi confronti, nella parte centrale si ha la leggera percezione di assistere all’addio di Bond a tutti i suoi legami di qualsivoglia tipo, accantonando le ragioni dietro alle azioni in più frangenti. 
Promossa invece a pieni voti è la theme song del fenomeno Billie Eilish, ripresa più volte da Hans Zimmer che sforna l’ennesimo accompagnamento musicale totalmente immersivo e in grado di elevare ulteriormente il carico emozionale dell’intera operazione. 

Non chiamatele “Bond Girls”

Che l’era Craig abbia reso le cosiddette “Bond Girls” non più semplici bombe sexy e facili vittime del fascino della spia, è sotto gli occhi di tutti. Questa volta è però tangibile la presenza di una fuoriclasse come Phoebe Waller-Bridge in sceneggiatura, capace di tratteggiare i caratteri delle figure femminili intorno al nostro James come mai prima d’ora. Il perno della narrazione, elemento che potrà far storcere il naso ai puristi del cinema spy, è la relazione sentimentale tra il nostro agente segreto e Madeleine Swann. Un rapporto amoroso indissolubile ma sconfitto dalla mancata fiducia reciproca, dove il vuoto della lontananza e della privazione dell’altro è colmato dal rimpianto di momenti non vissuti. Léa Seydoux è bravissima nel mostrare la sofferenza e l’integrità del suo personaggio, portatrice di un segreto mai svelato. Un tempo che non può essere riavvolto o modificato ma, se c’è chi non ha mai dimenticato James Bond, c’è anche chi ha avuto il coraggio di rimpiazzarlo. È il caso dell’MI6 che ha affidato il grado di 007 ad una nuova agente, altrettanto letale ma più rispettosa degli ordini. Giocando con lo stereotipo della Bond Girl old style per l’entrata in scena di Nomi (Lashana Lynch), viene portato a schermo una figura femminile forte, determinata e che non esita a scontrarsi con la leggenda che è chiamata a sostituire. Sarebbe interessante rivederla nuovamente, così come sarebbe bellissimo passare ancora del tempo in compagnia di Paloma (Ana de Armas). Desiderosa d’azione, dopo le tre settimane di training, la memorabile sequenza cubana è impreziosita dalla genuinità della nuova leva della CIA che, elegantissima e divertente, saluta Bond e lo spettatore con un rammaricato: “fermati di più la prossima volta”. Una frase carica di significato che riporta i destinatari al tempo che scorre inesorabile, verso un epilogo obbligato al quale non c’è possibilità di sottrarsi. 

Dopo 15 anni di onorato servizio, diciamo addio al Bond più longevo di sempre, arrivando all’emozionante chiusura di un’era che non riusciremo mai a dimenticare. Dopo le partite a Texas hold ‘em in Casinò Royale, il deserto di Quantum of Solace, la rinascita di Skyfall e le difficili decisioni di Spectre, i sentimenti di No time to die non possono che travolgerci in questo lungo saluto. Il tempo passa ma le leggende restano e l’eredità del ciclo Craig vivrà in eterno. Attenzione però: questo non è un punto d’arrivo ma di partenza.
Non è tempo di morire James Bond.. e non lo sarà mai.

Michele Finardi

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IL VOTO DEL PUSHER
Regia
Sceneggiatura
Interpretazioni
Area Tecnica
Michele Finardi
Planner di salotti cinefili pop fin dalla tenera età, vorrei disperatamente vivere in un film ma non riesco a scegliere quale!
no-time-to-die-recensione Dal 30 settembre è disponibile, nelle sale italiane, il 25° film sull’agente segreto più famoso della letteratura e del cinema. Dopo innumerevoli rinvii, James Bond riesce a tornare nelle sale cinematografiche con un’avventura intimista che resterà indelebile nelle memorie collettive. No time to die...

14 Commenti

  1. Il James Bond più tedioso e noioso di sempre, penso non si meriti neanche di chiamarsi 007, per chi ha letto e masticato i libri penso che che questo film sia un insulto all’opera e al personaggio di Fleming.
    Una vergogna, sopratutto leggere certe recensioni di chi, probabilmente, non ha capito veramente che cosa ha guardato.

    • Buongiorno Simone, semplicemente credo abbiamo guardato No Time To Die con due occhi diversi. Sono un Bondiano anche io: ci sono cresciuto, li ho studiati, collezionati e analizzati ma con questo, non voglio assolutamente avere la presunzione di avere la verità in tasca. Non penso, di non aver capito cosa ho guardato, dato che il film stesso è molto metacinematografico sulla stessa saga di cui ne è, per ora, l’ultimo atto. In più punti si giudica, si contestualizza e ricerca il rinnovamento. Penso di averlo indicato nella mia recensione che può essere condivisibile o meno. Tuttavia, non sono mai stato un possessivo: né sul cinema né su altro. L’aderenza coi i libri non mi è mai interessata, se quello che mi viene raccontato è valido (che sia James Bond, Tlotr o qualsivoglia altra ispirazione letteraria). E qui, secondo me, lo è.. appunto perché si è presa una nuova strada. Mi è piaciuto addentrarmi dentro James e non rimanere ancorato all’agente segreto, mi hanno scaldato il cuore gli omaggi al passato e trovato ben calibrato lo svecchiamento (necessario) di un personaggio che è il lascito di un tempo che non c’è più. Da Bondiano non l’ho vissuto come un tradimento, seppur riesca più che bene a capire chi questo film non l’ha apprezzato. Può far male separarsene, lo capisco ed è anche per questo che è così emozionante. Io sono molto curioso ora di vedere come andrà avanti il franchise, di cui NO TIME TO DIE è rottura chiara e netta. Spero lo sarai anche tu.
      Ciao

  2. Concordo pienamente con Simone: il film di Bond più scialbo di tutti, lontanissimo dal personaggio protagonista dei libri.
    Un film dal ritmo molto altalenante, con una trama piuttosto raffazzonata e caratterizzazioni piuttosto superficiali.
    Le motivazioni del “cattivo”? Vendetta prima, poi crisi di megalomania, poi vil denaro… qual’è la motivazione?
    Anche qui, come ormai ovunque nel cinema, si ricorre al cambio di genere e colore per giustificare i sensi di colpa di alcune categorie (mentre i problemi veri su sessismo e razzismo non vengono MAI toccati nella vita di tutti i giorni), un’esibizione di pura ipocrisia.
    La nuova 007 è insipida: battutine scontate e banali, atteggiamenti da macho. In pratica un uomo con le tette, ma non un personaggio femminile.
    Il peggior film di Bond mai fatto, in confronto al quale l’episodio con Timoty Dalton fa un figurone, ed è tutto dire.
    Time to Die non è una rottura col passato. E’ solo una rottura. Grandissima occasione sprecata.

    • Buongiorno Luca, non è un film privo di difetti e nella mia recensione l’ho indicato (vedi le motivazioni poco chiare di Safir).
      La saga di Bond è sempre stata uno specchio della società e dell’evoluzione del cinema spy-action, sul quale possiamo interrogarci ed analizzarlo ancora ora. “No time to die” non fa differenza, nei suoi pregi e nei suoi difetti.
      Rispetto la tua visione, anche se non la condivido e buon cinema.

  3. Appena conclusa la prima visione di No Time To Die e cerco di immaginare qualsiasi teoria per cui James non possa essere morto.
    Come può il franchise andare avanti senza la figura di James Bond, 007 e James sono un’unica cosa.
    È come se il Pirata dei Caraibi non fosse Jack Sparrow.
    Quanto conviene al franchise eliminare la figura di Bond?

    • Ciao Cristian, il James Bond di Daniel Craig è sicuramente morto. Non c’è scampo.. ma non per questo devi temere per il franchise.
      Alla conclusione dei titoli di coda è apparsa la scritta “James Bond will return” che suona come una conferma della conclusione del reboot iniziato con Casinò Royale. Si può dunque vedere il Ciclo Craig come a sé stante, essendo l’unico slegato dai precedenti. E’ difficile tuttavia immaginare che si vada a riprendere da “La morte può attendere” del 2002, andando avanti con la continuity (e le sue necessarie forzature) “classica”. Non sappiamo ancora come proseguirà il franchise ma, per come la vedo io, ci sarà un altro bel reboot.

      La nuova 007, vista in NO TIME TO DIE, non prenderà assolutamente il ruolo nei prossimi film ed è impensabile dividere 007 da James Bond.
      Non accadrà. Puoi stare tranquillo!

      Puoi stare un po’ meno tranquillo su Pirati dei Caraibi, dove ormai è certo il reboot con la nuova protagonista che, se non erro, dovrebbe essere Margot Robbie. Niente più Jack 🙁

      Si potrebbe immaginare il ciclo Craig come a sé stante e non è impossibile che il franchise d’ora in poi andrà avanti in questo modo.

  4. Lo 007 peggiore di sempre. Un film raffazzonato, senza alcuna “idea” né cinematografica né narrativa.
    La pellicola si basa esclusivamente su autocitazioni e scene d’azione mediocri che si basano su isterico ipercinetismo per nascondere la pochezza registica. I personaggi non hanno spessore alcuno. Il cattivo di turno non ha una motivazione logica o illogica che sia. Un gran peccato aver concluso il ciclo “craighiano” con un film così brutto. Credo, infatti, che Craig sia stato il miglior Bond di sempre, anche migliore del mitico Sean.
    No, mi dispiace, ma da appassionato non posso concordare in nulla di ciò che hai scritto nella tua recensione.
    Pessimo film, occasione sprecata.

    • Ciao Marcello, ci sta. Ognuno la pensa come vuole ma “il peggiore di sempre”? Davvero? Sono sicuro che non debba certo ricordarti io il discutibile Ciclo Brosnan, coerentissimo con il tempo ma film decisamente mal riusciti.

      Non sono d’accordo con quanto da te scritto e mi fa molto male leggere che tanti (non tutti, per fortuna) appassionati di 007 questo BOND 25 l’abbiano odiato. Ma non faccio fatica a capirne le ragioni: siamo a un giro di boa per svariati motivi, che piaccia o meno.

      Pieno di citazioni, sì. Pieno di riferimenti, sì. Infatti, si riflette sul lascito e sull’eredità di Bond; di un nome che pesa, come un macigno. Questa è pochezza tematica? Io non credo, è un tema importante e di una saga che riflette su sé stessa.

      Il film ha sofferto di evidenti problemi e non è perfetto, lungi da me dirlo o pensarlo, ma Bond è molto di più di un macho, che oggi non può più essere tale per ovvi motivi. E’ un uomo spezzato dal suo passato, cosa che nei libri è sempre stata evidente ed è stato portato finalmente a schermo. E’ James, non solo Bond (finalmente, dico io); cosa che impreziosisce e non rovina nulla. Da più spessore al personaggio e ai suoi legami, tutt’altro che indifferenti.
      Mi spiace molto che non ti sia piaciuto, ma quella da te letta è solo l’impressione di un bondiano a cui questo film è piaciuto molto, che ci ha visto tante riflessioni sul tempo, con picchi emotivi finali mai raggiunti nel franchise. Ma è solo la mia impressione.

  5. Ciao Michele, mi dispiace ma continuo a non essere d’accordo. Tu pensi veramente che in questo film si veda, come dici tu, “James”, cioè l’uomo? Io non credo. Il ragionamento sulla parte umana del personaggio era stata portata sullo schermo magistralmente nei due film di Sam Mendes, mentre in quest’ultimo si vede solamente una macchietta che salta, spara e beve alcolici. Sono sparite tutte le riflessioni sulla riorganizzazione dei servizi segreti, sui rapporti umani intessuti dall’uomo James con gli altri personaggi.
    Il ciclo interpretato da Brosnan, pur leggero e molto frivolo era un buon cinema di intrattenimento. Quest’ultimo Bond non è buono nemmeno per quello. Si tratta di un film talmente raffazzonato, talmente esagerato e incongruente che non riesce a reggere nemmeno il “patto di sospensione dell’incredulità”. A volte sembra di guardare un cartone animato piuttosto che un film.
    Basare un film esclusivamente su riferimenti e autocitazioni è assolutamente pochezza tematica. Sembra che il regista e gli sceneggiatori non abbiano avuto nulla da dire e, di conseguenza, si siano avvitati su loro stessi rispolverando immagini del passato per strizzare l’occhio allo spettatore.
    No, davvero, mi dispiace, perché come tutti i bondiani, ho atteso questa pellicola e, onestamente, sono rimasto molto deluso.
    Sottolineo che la delusione non è data da quello che tu chiami “punto di svolta”, ovvero la morte di Bond. Quell’elemento era ed è pensabile, ma sicuramente declinato in modo diverso. Quello che mi ha deluso è il film nel complesso. Una pellicola sciapa, vuota e poco piacevole.
    Per fortuna ognuno vede le cose a modo proprio e non mi permetto di credere che il mio giudizio sia più giusto o equilibrato di quelli di altri. Mi limito semplicemente a esprimere un mio giudizio.
    Grazie per la risposta e speriamo che il Bond 26, se mai ci sarà, ma credo di sì, ci trovi d’accordo. Nell’attesa di saluto.

    • Nella mia personale analisi ho espresso come il tutto sia iniziato con Sam Mendes, grazie al quale abbiamo toccato il punto più alto di questo ciclo. Tuttavia, reputo che ci sia una buona esplorazione dei rapporti umani di James. Poi su alcune cose siamo d’accordo perché, come ho scritto, sembra ci sia una forzatura eccessiva nei suoi addii e, come dici tu, che le ragioni che muovono Safir non siano sempre logicamente coerenti o incisive. Però un punto di svolta c’è stato a mio avviso, e non mi riferisco alla morte di Craig, utile per chiudere un ciclo in una saga che, indipendentemente da questo film, sono felice che amiamo entrambi. Spero di poter confrontarmi con te anche su Bond 26 😉

  6. Meno male che è morto.
    Craig ha ucciso 007 fin dalla sua prima apparizione. Niente ironia, simpatia, british umor. Niente di Niente. Solo effettoni speciali, atmosfere cupe e strizzatine d’occhio alle peggiori produzioni action.
    Credo che si possa fare solo meglio di così.
    Il confronto tra questo e 007 Licenza di uccidere è talmente insostenibile che ci si sente in imbarazzo.
    Capisco che tutto ruota intorno al business, ma si può fare anche qualità insieme ai soldi.
    Speriamo bene.

    • La saga di Bond è uno specchio dell’evoluzione del cinema spy-action. I tempi cambiano e Bond è sempre cambiato con i tempi, nel bene e nel male. Con il ciclo di Craig, si è fatto del buon cinema, e Casinò Royale e Skyfall ne sono degli esempi lampanti.
      Che questo No Time to Die possa dividere, ci sta. Tuttavia, non possiamo più restare al Bond originario che, nel mondo odierno, non ha più motivo di esistere. Lo stesso Bond non ha, sotto diversi aspetti, più motivo di esistere per come è stato scritto nei romanzi.
      La saga di 007 è sempre stata mutevole.. perché stupirsene ora?

  7. Un film semplicemente ridicolo.
    Manca in tutto, a cominciare dalla regia, privo di un impianto narrativo minimamente coinvolgente, dagli effetti speciali pietosi – Bond inseguito in Norvegia da un numero imprecisato di cattivi, comparsi sulla landa (male, molto male) improvvisamente dal nulla – pietosamente recitato, di una noia soporifera, eccetera eccetera.
    Salvare questo patetico film è un segno dei tempi:
    è la cifra della incapacità di esprimere, ma soprattutto di discernere, ciò che è “oggettivo” da ciò che si ritiene (a torto) “soggettivo”, quando in realtà è (più tristemente in questo caso) “relativo”.
    In conclusione, oggettivamente da bocciare senza appello.

    • Buonasera Cristian, mi dispiace molto che le mie impressioni “relative” a No Time to Die l’abbiano tormentata a tal punto e, da come si è sferrato contro quest’ultima fatica di Bond, non oso immaginare quali incubi le abbia provocato la visione di questo film.

      Non è un film perfetto e, come avrà probabilmente letto dalle righe che ho scritto, non ho esitato a indicare “oggettivamente” che ci sono forzature narrative: dalle motivazioni grossolane e poco incisive che muovono Safin, agli addii di James con chiunque abbia incontrato, per esempio. Ciononostante, secondo il mio modestissimo parere totalmente non condivisibile, è una narrativa che ha il pregio di affrontare i temi dell’eredità personale attraverso la Leggenda 007, dentro e fuori dallo schermo, nonché di James Bond come semplice uomo. Ha avuto il coraggio di provare a fare qualcosa di diverso, con una narrazione più intimista e meno spy; cosa che molti hanno apprezzato e tanti altri hanno odiato.

      Il bello della visione filmica è anche questo: nonostante guardiamo tutti lo stesso film, ognuno lo vedrà in maniera differente. Questo perché abbiamo un diverso background, una diversa sensibilità e un diverso grado di suscettibilità per determinati aspetti dalla visione.. una diversa e personale soggettiva. Grazie al cielo, sai che noia altrimenti. Dove sarebbe il confronto?

      Per quanto mi riguarda, dato che ha espresso la mia incapacità moderna di non saper discernere l’oggettivo dal soggettivo (ahia!), Le posso dire che, oggettivamente non è un film recitato in maniera pessima. Proprio come non è un film girato male. Certamente è riuscito in certi punti rispetto ad altri, e non ha un guizzo che rimarrà nei libri di Storia del Cinema ma non per questo non vanta più di qualche bel quadro, qualche ottima scelta di posizione, così qualche movimento interessante. Non tutte le fasi sono ben ritmate, colpa anche di quegli eccessivi addii sopra citati, ma ciò non rende (oggettivamente) NO TIME TO DIE un film non riuscito, soprattutto per i sottotesti che offre.

      Ho ancora impresse le sensazioni che ho provato in sala, con il cuore spezzato ma felice, davanti a quei titoli di coda. Quelle che ho provato non saranno mai emozioni sbagliate e me le tengo ancora oggi davvero strette.

      Non la voglio tediare oltre, non vorrei risultare soporifero, in linea con il mio James, ma soltanto un’ultima cosa mi permetta ancora di dirgliela: lasci perdere la relatività. Una recensione resta il racconto di una visione personale e, da bondiano di lunga data, ho cercato di inserire ciò che il film è e ciò che omaggia, indicando dove ha osato e dove ha fallito. Non cerchi di mettere la sua “(s)oggettività” sopra la mia. Abbiamo semplicemente visto lo stesso film ma con occhi diversi. Non è un problema.. succede ogni volta.

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