“Il vizietto”, una dolce commedia…dal tocco diverso

Il vizietto

“Porto il fondotinta, vivo con un uomo e sono una vecchia checca; ma ho trovato il mio equilibrio: c’ho messo 20 anni per raggiungerlo”

Titolo originale: La cage aux folles
Regista: Édouard Molinaro
Sceneggiatura: Édouard Molinaro, Francis Veber, Marcello Danon e Jean Poiret
Cast Principale: Michel Serrault, Ugo Tognazzi, Carmen Scarpitta, Michel Galabru, Remi Laurent, Luisa Maneri
Nazione: Francia-Italia
Anno: 1978

Tutti noi abbiamo….un ‘vizietto’. C’è chi si chiude in cucina e si riempie di cibo. Alcune donne dallo spirito femminista si vergognano di dire quanto le rilassi fare la maglia; come ad altri ‘machi’ ammettere quanto sia stimolante riuscire a far splendere la propria casa. Altri, invece, ne hanno alcuni più nascosti e meno evidenti, come il personaggio di Renato (Ugo Tognazzi) nel film di Edouard Molinaro intitolato appunto ‘Il vizietto’.

Renato ama la sua vita, convive da anni, è impresario di uno dei locali più alla moda di Saint-Tropez e ha ‘il vizietto’ per le donne. Niente di strano, penseranno molti! Peccato che Renato sia…omosessuale dichiarato, convivente con un altro uomo da anni, l’eccentrico Albin (Michel Serrault) nota ‘drag-queen’ con il nome di Zaza Napolì. Renato è infatti proprietario di un night di spettacoli ‘en travesti’. Renato, per colpa di quella sua tendenza verso le donne, ha anche un figlio, che ha cresciuto insieme ad Albin, chiamato Laurent. Una sera questi avverte il padre che si sta per sposare con la dolce Adrienne.

Il problema è che questa è figlia di Simon Charrier (Michel Galambru), segretario del ‘Partito dell’ordine morale’ dallo spirito ovviamente bigotto e conservatore, contrario invece alle nozze. Laurent spiega al Renato di aver detto la verità alla futura moglie, ma questa, per ovvi motivi, ha dovuto mentire al padre riguardo la famiglia del suo promesso sposo, dicendo loro che è figlio di un diplomatico. Mentre Laurent, quindi, cerca di convincere i suoi ‘genitori’ a dover fingersi ciò che non sono, ghettizzando quindi Albin; Simon è coinvolto in uno scandalo, poiché il presidente del suo partito viene trovato morto fra le braccia di una prostituta minorenne e di colore.

L’unica soluzione per ri-avere dignità, pensa la madre di Adrienne (Carmen Scarpitta), è un bel matrimonio in bianco. Decidono perciò di andare a trovare i futuri suoceri.

In poco tempo, Renato e Laurent devono convincere Albin a farsi da parte o a fingersi più mascolino: cosa impossibile. In una serie di peripezie, viene messa nella trama anche la vera madre di Laurent, che non lo vede da molti anni perché ha intrapreso la strada della carriera: personaggio sgradito al figlio e, soprattutto, al gelosissimo Albin. Cosa succederà, soprattutto se la donna desse buca e Simon si aspettasse di conoscere…la madre di Laurent?

Il viziettoIl film è considerato un pilastro nel suo genere.

Gli anni ’70 sono arrivati da tempo e, con loro, la rivoluzione culturale e di costume. Il cinema prende dal teatro molti spunti, visto che è una fonte molto produttiva. La commedia del 1973 di Jean Poiret intitolata ‘La cage aux folles‘ si presta ad un nuovo modo anche di fare cinema. Non si vuole parlare solo di cambiamenti nella società con divorziati e conviventi. Esistono altre realtà, tra cui il mondo della libertà sessuale.

Il titolo dell’opera di Poiret ha infatti un duplice significato. Non solo è il nome del locale di Albin e Renato. In francese, però, ‘folle’ non significa solo ‘matto’ come si può erroneamente credere. Nella lingua di Hugo, infatti, ‘folle’ è il femminile di ‘fou’, termine che si usa anche per indicare gli omosessuali.

Essendo, in natura, una commedia teatrale, a fare tutto sono gli attori e quelli che più attirano l’attenzione sono ovviamente ‘la coppia’ Tognazzi-Serrault.

Il viziettoIl primo si mette in gioco come pochi nel mondo del cinema italiano. Alcuni temi per il cinema del Bel Paese sono ancora troppo ‘progressisti’: l’ipocrisia del ‘buon costume’ e del pensiero bigotto sono ancora molto saldi nella società. Tognazzi si dimostra avanti con i tempi. Le realtà ci sono, perché fingere? Inoltre c’è un discorso interpretativo: il personaggio è sicuramente unico per l’epoca e viene giustificato dalla ‘santità’ di un copione teatrale.

Il vizietto

A lui il compito della parte più virile della coppia. Lui prende in mano la situazione, lui ha ‘il vizietto’ delle donne. Come qualsiasi coppia, critica la controparte ed è esausto dei suoi eccessi di carattere, di protagonismo, la sua sete di attenzioni e voglia di capricci. Ama però il suo compagno. Capisce che in una situazione delicata già lui potrebbe fallire, figuriamoci il carattere sensibile di Albin. Lo aiuta e lo sostiene: fantastico il loro feeling e complicità, degne di una coppia anche nella vita.

Il vero re della pellicola è però Michel Serrault, nella parte di Albin.

Il viziettoGià nella commedia di Poiret, interpretava lo stesso personaggio, che possiede (a livello attoriale) delle difficoltà non da poco. Si distacca dal ‘tombeur des femmes’ a cui era abituato. Deve interpretare un omosessuale che deve costringersi a comportarsi da etero: è una sfida quasi impossibile. Grande scena è quando vediamo Albin in giacca e cravatta. È impacciato,per niente a suo agio. Fa strano perché Serrault è sempre stato un personaggio da ‘completo’ la sua capacità attoriale è un premio Oscar mancato. Il suo talento è tangibile nel vedere la pellicola in lingua originale, per poter sentire la gestione della voce. Usa un ‘falso falsetto’ e poi passa alla voce rauca, passando per un palese pianto finto, fino a giungere ai suoi magnifici acuti di stupore-sorpresa-terrore: è impossibile per chiunque non ridere.

Il vizietto

È un film, perciò, da vedere poiché mostra quanto il Cinema stia sempre al passo con i tempi e che ognuno può nascondere qualcosa, senza doversene vergognare: un film, quindi, che al giorno d’oggi potrebbe insegnare tanto.

 

3 motivi per vedere il film:

– Albin Mougeotte

– Zaza Napolì

– Michel Serrault

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Quando vedere il film:
– Quando ci si vuole fare una risata, di quelle contro la ‘morale’.

 

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Francesco Fario
Attore e regista teatrale, si laurea in Lettere Moderne a La Sapienza per la triennale, poi alla magistrale a TorVergata in Editoria e Giornalismo. Dopo il mondo del Cinema e del Teatro, adora leggere e scrivere: un pigro saccentone, insomma! Con Culturamente, ha creato la rubrica podcast "Backstage"

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