Drive my car: la recensione del film di Hamaguchi plurinominato agli Oscar

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Drive my car è un film, ispirato alla raccolta di racconti Uomini senza donne di Haruki Murakami, che ha vinto il Golden Globe per il miglior film internazionale e ha conquistato quattro nomination – miglior film, miglior film internazionale, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale – agli Oscar 2022. Diretto da Ryusuke Hamaguchi è disponibile su Sky.

Il trailer

La trama

Un uomo e una donna sono nudi in un letto. Verosimilmente hanno appena finito di fare l’amore. La ragazza sta raccontando una torbida storia al suo compagno. È questa la prima scena di Drive my car, in cui ci vengono presentati i due protagonisti.

Yusuke è un attore e regista teatrale di grande fama. Sua moglie Oto è una sceneggiatrice di altrettanto successo che viene ispirata dal sesso: le sue storie nascono nei momenti di intimità e raggiungono il culmine con l’amplesso. La coppia vive una vita tranquilla, anche se si percepisce un’ombra ingombrante che oscura le loro esistenze. Un giorno Yusuke torna a casa e trova Oto priva di sensi.

Due anni più tardi, Yusuke, che non ha ancora metabolizzato la perdita della moglie, decide di accettare la proposta di mettere in scena lo Zio Vanja di Cechov al Festival di Hiroshima. Si lascia alle spalle la sua vecchia vita e si mette al volante della sua Saab 900 per dirigersi verso Hiroshima, città che è sia il luogo del dolore collettivo della storia, sia il posto del dolore individuale di chi ci vive.

Farà un’unica richiesta: il suo alloggio dovrà trovarsi ad un’ora di auto dal teatro in modo tale da poter ripetere ad alta voce i copioni teatrali, supportato dalle cassette in cui è registrata la voce della moglie defunta. Gli organizzatori acconsentono ma impongono al regista un’autista, Misaki, una giovane ragazza decisamente esperta al volante, che molto lentamente conquisterà la fiducia di Yusuke.

Le tematiche

Drive my car è un film denso di contenuto e di argomenti. A prima vista sembrerebbe un road movie a causa della costante presenza degli spostamenti in auto. Tuttavia in Drive my car il viaggio è soprattutto interiore e non geografico.

La Saab 900 è paragonabile al lettino dello psicanalista. L’automobile è il luogo in cui si crea un dialogo tra due persone accomunate dal tradimento, dalla perdita, dal rimpianto e dall’abbandono. Entrambi devono elaborare il lutto. Yusuke e Misaki sono quindi due sopravvissuti che cercano il senso della propria esistenza.
In Drive my car è evidente anche la riflessione del regista sulla parola, sul suo utilizzo e sul suo senso. Parlare non implica comunicare. A volte pronunciare le parole significa semplicemente produrre suono, ritmo, rumore. È evidente nelle scene in cui si ascolta ossessivamente la cassetta con la voce registrata di Otu, così come nelle prove teatrali in cui agli attori è semplicemente richiesto di leggere le proprie battute senza enfasi né recitazione.

Nell’ultima opera di Hamaguchi è proprio quando le voci si diradano che Yusuke e Misaki iniziano a parlarsi, comunicando. Con l’aumentare dei silenzi aumenta la reciproca comprensione.

La recensione

Drive my car non è un film che piacerà a tutti. Non perché la struttura del film è molto diversa da quella a cui siamo abituati noi occidentali (i titoli di testa appaiono dopo circa quaranta minuti), non perché i tempi sono dilatati, non perché allo spettatore è richiesto di empatizzare silenziosamente con dei personaggi anestetizzati dal loro stesso dolore.

Ma perché lo sforzo di guardare un film di tre ore non viene ripagato da una narrazione equilibrata e costantemente pregnante. Lo spettatore potrebbe avere l’impressione, durante la visione, che gli sia stato rubato del tempo e che Hamaguchi, nel potare avanti la sua riflessione sulla parola, l’abbia in qualche modo beffato.

Ad ogni modo è un film da guardare, scegliendo il momento giusto, quello in cui ci si sente disposti ad aspettare.

Valeria de Bari

IL VOTO DEL PUSHER
Regia
Sceneggiatura
Interpretazioni
Area tecnica (trucco, costumi, luci, effetti speciali)
Valeria de Bari
Sceneggiatrice, chitarrista, poetessa, pittrice: quello che sogno di diventare da grande. Ops ... sono già grande. Amo la musica (soprattutto il punk, il rock e le loro derivazioni), le immagini-movimento e l'arte del racconto (o come si dice oggi lo "story telling"). La mia vocazione è la curiosità. That's all folks
drive-my-car-recensioneDrive my car è un film che, pur avendo un grande valore cinematografico, non piacerà a tutti, perché richiede un grande sforzo da parte dello spettatore a cui viene richiesto di sedersi in macchina accanto ai protagonisti e mettersi in pacifica attesa. E l'attesa si sa, a volte, può essere snervante.

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