Tenet, il nuovo rompicapo di Christopher Nolan, riapre i cinema

Tenet

Quella che state per leggere è senz’altro la frase che resterà dell’esperienza chiamata Tenet.

Non cercare di capire

Ah sì? Ma davvero?

MRW i watched a movie about a gay guy faling in love with a girl and they didn't mention bisexuality even once

A me va anche bene, anzi benissimo, onestamente. Ma a quel punto vorrei provare qualcosa, sentire qualcosa sensorialmente e emotivamente.

Testa e cuore al cinema servono più degli occhi.

In realtà è lo stesso Tenet, pur dicendo espressamente e ripetutamente di non sforzarsi a capire cosa accade, a comunicare fino al parossismo ogni singola cosa. Prova a spiegare, quantomeno. E per quanto voglia che lo spettatore si immerga nel senso di meraviglia della visione, specialmente ora che l’uscita di Tenet rappresenta simbolicamente il ritorno nei cinema in molte parti del mondo, in realtà non riesce a non essere freddo, superficiale, epidermicamente infrangibile e riluttante a ogni forma di semplicità e leggerezza. Leggerezza che poi non vuol dire solo battute, che comunque ci sono, ma un tono che non sia così serioso, spesso forzatamente.

Raccontare la trama di Tenet non ha, sinceramente, molto senso o molta importanza. Non perché sia un film complicato, come tanto si è stato paventato in questi mesi. Ma ci sono essenzialmente due motivi per osare tale omissione in una recensione.

Il primo, anche se non capite cosa racconti Tenet, il film fa di tutto per sottolineare le azioni ogni minuto. Ogni cosa che accade è narrata o spiegata, sempre nella maniera più prolissa possibile, naturalmente. I personaggi parlano, parlano, parlano, parlano e poi ancora parlano. Non stanno mai letteralmente zitti, andando contro i principi più basilare del cinema (figurarsi di quello d’azione, genere a cui dovrebbe appartenere il film). Parlano con dialoghi sciatti, macchinosi, sempre come automi, sempre evitando reazioni emotive di sorta a ciò che si dice, sempre facendo a gara a chi chiude per ultimo un dialogo. Quando si potrebbe e dovrebbe godere un grande momento action, i personaggi ci parlano sopra. Verrebbe quasi voglia di prenderli a schiaffi e urlare “tacete!”.

Il secondo motivo, è la grande apatia con cui i personaggi sono presentati, sviluppati (un parolone) e accompagnati. I personaggi non hanno una storia, uno straccio di motivazione, un arco emotivo, e i contatti umani che si creano tra di loro sono i più basilari (amicizia, amore), tra l’altro mai sviluppati. Non si sentono, non si percepiscono mai. Quando il protagonista – che si chiama davvero “il protagonista”, per dire – si innamora della donna al centro dell’intreccio, il sentimento non è mai visto, mai capito, mai fonte di struggimento interiore. Nuovamente, è amore solo perché è detto che sia amore. La passione è da un’altra parte, l’attrazione vista col binocolo, la sensualità non ne parliamo, l’erotismo lasciamo perdere. E anche se potrebbe sembrare non importante, ricordiamo sempre che Tenet è una sorta di spy story alla James Bond letta attraverso i crismi nolaniani della fantascienza: in ogni spy story l’attrazione e la seduzione fanno parte del gioco.

Ma Tenet purtroppo questo è, un gioco e basta. Una tabula rasa su cui i personaggi, svuotati da ogni interiorità, sono soltanto pedine su una scacchiera. Oltretutto, una scacchiera monocromatica.

E poi, ve l’ho già detto quanto diavolo parlano durante questo film?

Chi vi scrive è un nolaniano, pertanto vedere Tenet è stata una sofferenza prima che una delusione appresa con smarrimento. Più che un film, è un purissimo atto di testardaggine di Nolan, che ha spinto all’inverosimile i tasti di quella che credeva essere una macchina perfetta. Ovvero la sua poetica. Il suo cinema è sempre stato uno spettacolo meravigliosamente difficile proposto al limite: spingendolo, è venuta fuori una autentica autoparodia del proprio credo. Paradossalmente, Tenet rappresenta al suo massimo tutto ciò che i detrattori di Nolan gli hanno detto (erroneamente e esageratamente, ora no) nel corso degli anni.

Tanto si è scritto, nei mesi scorsi, degli eventuali rimandi e paragoni a Inception. Definirli fuori luogo, adesso, è quasi eufemistico. Quello era l’apice dell’intrattenimento, dello spettacolo, del complicato fatto però per le grandi masse di pubblico, del sentimentalismo forse troppo sottolineato, ma sempre molto sincero e sentito. Era un film sull’ossessione, forse uno dei sentimenti che più rende umani, più rende vivi. L’apatia è invece ciò che regna in Tenet, un film spento, non solo drammaticamente didascalico ma persino tremendamente soporifero nei suoi momenti d’azione. Grigio, freddo e monotono anche nell’estetica.

Oltretutto, lo sapete che i personaggi parlano davvero tanto e non stanno mai zitti?

Emanuele D’Aniello

Emanuele DAniello
Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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