Santa Maradona, piccolo gioiello del cinema con Libero De Rienzo

Santa Maradona una scena del film cult

È tutta la vita che aspetto di dire queste cose e non me le aveva mai chieste nessuno. E guarda che è brutto avere una risposta bella pronta e nessuno mai ti fa la domanda giusta!

Titolo originale: Santa Maradona
Regista: Marco Ponti
Soggetto e sceneggiatura: Marco Ponti
Cast Principale: Stefano Accorsi, Libero De Rienzo, Anita Caprioli, Mandala Tayde, Fabio Troiano
Nazione: Italia
Anno: 2001

Santa Maradona segnò il debutto alla regia di Marco Ponti nel 2001 e divenne col tempo un cult del cinema italiano.

L’anno 2001 fu infausto per il mondo contemporaneo, con la tragedia delle Torri Gemelle l’11 settembre, ma non solo. Non per il cinema italiano, però, visto che uscirono molti film passati per diversi motivi alla storia della nostra industria. Basterebbe citare tre pellicole di grande successo come Le fate ignoranti di Ozpetek, L’ultimo bacio di Gabriele Muccino e La stanza del figlio di Nanni Moretti. Ma il 2001 fu anche l’anno del primo lungometraggio di Paolo Sorrentino, L’uomo in più, che segna anche l’inizio del sodalizio con Toni Servillo.

Su questa onda fortunata di creatività navigava anche Marco Ponti, con Santa Maradona, di cui aveva scritto anche soggetto e sceneggiatura e per il quale vinse il David di Donatello come miglior regista esordiente.

Santa Maradona è un piccolo gioiello, che uscì in sordina in pochissime sale. Ma ebbe un successo lento e dirompente, grazie al passaparola e alla pirateria informatica, forse perché – a dispetto della volontà dell’autore – una generazione, quella X, vi si immedesimò facilmente.

La trama di Santa Maradona

Andrea (Stefano Accorsi) e Bart (Libero De Rienzo) sono due giovani amici neo-laureati  che condividono un appartamento a Torino. Disoccupati e squattrinati, si arrabattano cercando di sbarcare il lunario. Andrea inanella una serie tragicomica di colloqui di lavoro fallimentari. Bart vivacchia indolente scrivendo recensioni letterarie per un giornale e pronunciando battute caustiche. Compagna di sventure è la loro amica Lucia (Mandala Tayde), con una vita sentimentale e familiare un po’ turbolenta.

La svolta del film è l’incontro casuale di Andrea con l’insegnante e attrice Dolores (Anita Caprioli), dalla vita precaria quanto la sua, per la quale perde completamente la testa. Si innamorano, ma Dolores lo delude confessandogli un errore commesso prima di incontrarlo e Andrea rischia di mandare tutto in malora. Il finale sarà aperto, ma decisamente ottimista.

Come si intuisce, non è l’intreccio a rendere tanto piacevole questa commedia. Secondo il critico Renzo Fegatelli, infatti, con Santa Maradona si è voluto “rendere epico il quotidiano”, con i personaggi, le situazioni, le atmosfere e i dialoghi.

La sceneggiatura e l’ambientazione

I dialoghi scritti da Ponti sono sicuramente un punto di forza di Santa Maradona, pieni di ironia e riferimenti culturali e cinematografici. Sono talmente ricchi che ogni volta che si vede il film ci si rende conto di qualcosa di diverso, di cui prima non ci si era accorti.

La sceneggiatura è uno scrigno di battute cult, pronunciate soprattutto dal personaggio di Bart, che qualcuno ha definito addirittura il Lebowski italiano. A renderle memorabili, però, è stata soprattutto l’interpretazione di Libero Di Rienzo, che gli è valsa il David di Donatello come miglior attore protagonista. In molti giustificano l’amore del pubblico per questa pellicola proprio con Bart, il suo umorismo caustico e l’eccezionale bravura dell’attore, che se ne è andato troppo presto, lasciandoci pochi film per consolarci dalla nostalgia di non poter vedere altre sue interpretazioni così.

Tra i riferimenti più curiosi presenti nel film segnalo quello alla commedia americana Week-end con il morto, che di fatto Andrea e Bart rimettono in scena con il loro co-inquilino Pier Paolo, riapparso sorprendentemente dopo mesi di assenza, talmente strafatto da aver perso conoscenza. Ma alcune inquadrature e le scene in cui i personaggi scappano dopo uno scherzo o un furto citano chiaramente anche Trainspotting.

Altra curiosità riguarda Bart, che si chiama esattamente Bartolomeo Vanzetti, esattamente come l’immigrato italiano, attivista anarchico, condannato a morte negli Stati Uniti insieme a Ferdinando Nicola Sacco nel 1927. Una scelta coerente dello sceneggiatore, visto lo spirito un po’ anarchico che pervade tutto il film, ma soprattutto il personaggio interpretato da Libero De Rienzo.

Altro elemento di fascino di Santa Maradona è l’ambientazione metropolitana, nella Torino dei primi anni 2000, che lo rende un film più europeo che italiano. La scelta di non girare a Roma o a Milano diventa stilistica, con un’atmosfera urbana e popolare. La città è riconoscibile, ma non ad ogni inquadratura e così si potrebbe essere in una qualsiasi città europea.

Le atmosfere torinesi sono esaltate anche dalla colonna sonora, affidata ai Motel Connection, progetto parallelo di alcuni componenti dei Subsonica.

Le scene sono molto dinamiche: i personaggi corrono molto e anche quando stanno fermi – pensiamo alla caratteristica indolenza di Bart – emanano l’energia vitale dei giovani, contenuta solo da un contesto sociale che poco ha da offrire loro.

Il titolo e il significato del film

Il titolo Santa Maradona è una citazione dell’omonima canzone che accompagna i titoli di testa, della band francese Mano Negra, di cui ha fatto parte Manu Chao.

La canzone, più che parlare di Diego Armando Maradona, parla del suo pubblico, che lo ama gridando, esaltandosi, gioendo a ogni impresa. È un pubblico di gente vera e povera, che ha trovato il suo idolo, anche quando ha segnato un gol di mano all’Inghilterra e ha sfottuto gli avversati dicendo che era stata la mano di Dio.

Il regista Marco Ponti ha raccontato di aver scelto questa canzone e il suo titolo perché anche i suoi personaggi vogliono segnare un gol di mano, trasgredire le regole. Il titolo in comune tra film e canzone accosta l’aggettivo “santa” a un personaggio mitizzato e criticato come Maradona, che ha fatto il meglio e il peggio nella vita, creando un contrasto forte. Anche i personaggi di Santa Maradona sono positivi e negativi insieme e l’autore li definisce – quasi con un ossimoro – dei “nichilisti ottimisti”.

Fin dall’uscita il film è stato accolto dalla critica e dal pubblico come un film che doveva raccontare le difficoltà della generazione X. Il critico Morandini lo definì “un’altra commediuccia generazionale sulla sindrome di Peter Pan con velleità di rispecchiamento sociologico” sulla scia de L’ultimo bacio.

Nel corso degli anni, Ponti ha anche spiegato che la sua intenzione non era affatto quella di raccontare nello specifico una generazione. Lo stesso uso di un titolo così criptico sottolineava il fatto che non avesse idea di quale generazione stesse parlando. Il suo scopo era piuttosto “fotografare uno stato d’animo e immortalare il passaggio all’età adulta”.

In effetti, visto a distanza di anni, è un film che resiste un po’ al tempo, proprio perché più che della sindrome di Peter Pan di una specifica generazione, parla di quella fase transitoria della vita in cui si è smesso di studiare, ma non si è ancora completamente nel mondo del lavoro; magari non si hanno più i genitori, ma non si è economicamente indipendenti; ci si innamora ma non si è ancora maturi abbastanza per accettare davvero l’altro/a per ciò che è.

Per questo, probabilmente, Santa Maradona piace a chi nel 2001 aveva tra i venti e i trenta anni e comunque si riconosce in quel contesto storico in cui ha vissuto la sua fase di passaggio; ma anche a chi è giovane adesso e sta vivendo quella fase in un periodo storico che, almeno per quanto riguarda l’accesso al mondo del lavoro, la realizzazione di se stessi e dei propri sogni e la difficoltà a gestire le relazioni sentimentali, presenta quasi le stesse difficoltà.

O forse piace perché nei dialoghi c’è una felice convivenza tra leggerezza e densità.

Libero De Rienzo di Santa Maradona pare fosse molto orgoglioso. Gli riconosceva l’essere stato formativo per molti e che avesse lasciato un segno. Lui non voleva “scomodare parole troppe grosse” come “cult”, ma io sì.

Vi consiglio di vederlo o rivederlo su Raiplay.

3 motivi per guardare il film:

  • per l’interpretazione di Libero De Rienzo;
  • perché è una commedia che fa ridere;
  • perché dice qualcosa di nuovo ad ogni visione.

Quando vedere il film:

in una serata con gli amici, per ridere sulle difficoltà esistenziali comuni ad ogni generazione.

Stefania Fiducia

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IL VOTO DEL PUSHER
Regia
Sceneggiatura
Interpretazioni
Area tecnica (fotografia, trucco, costumi, luci)
Splendida quarantenne aspirante alla leggerezza pensosa. Giurista per antica passione, avvocatessa per destino, combatto la noia e cerco la bellezza nei film, nella musica e in ogni altra forma d'arte.

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