CODA – I segni del cuore: quando le parole non servono

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È un sogno a occhi aperti quello del piccolo-grande CODA che, senza fare rumore, si appresta a fronteggiare il favoritissimo Il potere del cane, nella notte più magica di Hollywood. Perché l’inaspettato cammino di CODA, acronimo internazionale per indicare i figli udenti di genitori sordi (Children of deaf adults), ha inizio più di un anno fa al Sundance Film Festival 2021, dove dominò sorprendentemente la scena, vincendo sia i due Premi di Giura che il Premio del pubblico, e calamitando l’attenzione di Apple che ne acquistò i diritti per la cifra record – per il festival – di 25 milioni di dollari.

Rilasciato nel nostro paese soltanto nel marzo 2022, oltreoceano venne distribuito sia nei cinema che in piattaforma streaming nell’estate scorsa, diventando in breve tempo uno dei film più acclamati del 2021, capace di inanellare prestigiose vittorie tra gli addetti ai lavori. Rimasto per molto tempo all’ombra di produzioni più rumorose quali Dune, West Side Story, Licorice Pizza e Belfast, nonché privo del valore cinematografico che questi hanno, CODA è riuscito però a imporsi per la sua sincerità, diventando uno dei probabili protagonisti della notte degli Oscar 2022.  

Liberamente ispirato al film francese La Famille Bélier, CODA – I segni del cuore racconta la storia di una diciassettenne con la vocazione per il canto, divisa tra la lealtà verso la propria famiglia e l’inseguimento di un sogno. 

Trama

Tutte le mattine, prima di andare a scuola, Ruby (un’incantevole Emilia Jones) esce in mare sul peschereccio del padre (Troy Kotsur, favorito per l’Oscar a migliore attore non protagonista), con il fratello maggiore Leo (Daniel Durant), entrambi sordi. La presenza della ragazza, unica udente del nucleo famigliare, è fondamentale per poter trattare il pesce pescato al porto con i rivenditori, nonché per rispondere alla radio in mare in caso di necessità. Tuttavia, nonostante lo splendido rapporto con i genitori, per Ruby la vita a Gloucester (Massachusetts) inizia essere un po’ stretta, per la mancanza di un qualcosa totalmente suo. Impulsivamente, decide di iscriversi al coro scolastico per avvicinarsi al ragazzo che le piace, scoprendo di essere molto più che portata per il canto. Il college è vicino e gli affetti di Ruby, stretti dalle difficoltà economiche e impossibilitati dal sentirla cantare, sapranno ascoltare i suoi desideri?

Tutta l’anima del Sundance in un unico film

È inutile girarci intorno: CODA è il classico Sundance Movie, nel bene e nel male. Il festival del cinema indipendente fondato da Robert Redford ha la peculiarità di sfornare, grazie anche ai suoi lab, nuovi registi attraverso piccole produzioni, spesso incentrate su drammi familiari o storie di formazione, dal budget risicato (in questo caso nemmeno troppo, essendo costato 10 milioni di dollari). Delle volte eccessivamente carichi di retorica e buonismo, i film da Sundance sono riconoscibili e noti per ricercare l’emozione dello spettatore. Si punta al cuore per restare nelle memorie e CODA non fa eccezione. Dal canto suo, pur non facendo della sua prevedibilissima trama la sua arma vincente, porta con forza il tema dell’incomunicabilità e del ponte interpretativo, come mai prima d’ora. 

Both Sides Now

L’ottimo Sound of Metal aveva già portato il tema della sordità affiancato al mondo musicale di fronte all’Academy, focalizzandosi però, per ovvi motivi narrativi, sul rigetto del deficit uditivo del protagonista. Se lì venivano eretti muri invisibili, l’approccio di CODA è all’opposto: vanno abbattuti.  
In questo gioca un ruolo fondamentale il cast, capeggiato da una perfetta Emilia Jones (nota per la Serie Tv Netflix Locke & Key) che regala una prestazione eccezionale sia per quanto riguarda il canto ma, soprattutto, per la credibilità nel calarsi nella parte di una child of deaf adults. Diversa tra i diversi, punto di contatto tra udenti e non, Ruby non si sente realmente appartenente a nessun gruppo. Se i compagni di classe la prendono di mira per il lavoro umile del padre, per l’odore di pesce che la segue dopo le mattinate in mare o per gli strani comportamenti, nell’intimità di casa vive la sua normalità fisica come un ostacolo nel rapporto con gli affetti, sentendosi un’esclusa tra gli esclusi. Non capita pienamente nonostante, fino a quel momento, abbia dedicato la vita per la sua famiglia.

L’alchimia tra la giovane attrice, che avrebbe meritato molto di più in termini di candidature hollywoodiane, e gli interpreti realmente non udenti della famiglia Rossi, si può quasi toccare con mano. Quest’ultimi, tra cui spiccano Troy Kotsur e una ritrovata Marlee Matlin, prima e unica attrice sorda ad aver vinto l’Oscar (per di più all’esordio) sono protagonisti di relazioni autentiche, cariche di humor e problematiche tangibili. I Rossi diventano inoltre soggettive attraverso il quale vivere l’esclusione e l’isolamento che contraddistingue la loro situazione e che, in un particolare momento del film, lo spettatore potrà percepire efficacemente insieme a loro. 

Per lunghi tratti il film è unicamente sottotitolato ma basta quel linguaggio fatto di gesti, quei segni del cuore della traduzione italiana, per caricare emotivamente ogni sequenza. Non servono parole quando si ha una sceneggiatura così capace di portare chi guarda all’interno di un nucleo che per primo si isola dal “mondo udente”, ma del quale non può non farne parte. Di una ragazza che si trova a essere, a discapito delle sue ambizioni personali, àncora (in mare e non) di salvezza per le persone che ama di più, nonché ponte tra la sua casa e il resto del mondo. Nonostante lo scivolone del risvolto amoroso, mai davvero incisivo e con tutti i cliché della coming of age story, la scrittura si riprende nei contesti pescherecci, dove gli effetti della crisi economica e della morsa capitalista che stritola i pesci piccoli, è ben rappresentata. Il tutto è permeato da una fotografia non particolarmente ricercata, quasi da sitcom, ma da una regia pulita e priva di sbavature.

Come Someghing’s Got a Hold On Me riecheggia nel mare nel nostro primo incontro con Ruby, CODA intona una melodia sua che tutti possiamo ascoltare. Una voce limpida e determinata che, come la sua protagonista, ha saputo tracciare un percorso vincente davanti a sé e al quale possiamo perdonare qualche piccolo eccesso. In cambio ci è stato dato molto di più.  

Michele Finardi

IL VOTO DEL PUSHER
Regia
Sceneggiatura
Interpretazioni
Area tecnica (trucco, costumi, luci, effetti speciali)
Planner di salotti cinefili pop fin dalla tenera età, vorrei disperatamente vivere in un film ma non riesco a scegliere quale!

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