Nelle tradizioni siciliane del 2 novembre, oltre i santi c’è di più!

Ponte Ognissanti
Foto di Benjamin Sz-J, da Pixabay

Il Ponte di Ognissanti, in Sicilia, porta la Festa dei Morti, tradizione antichissima, a cui si avvicina quella del Dia de Los Muertos, più che Halloween.

Ad ogni latitudine, non solo italica, i defunti vengono commemorati secondo le proprie tradizioni e la propria identità culturale.

Halloween può essere un catalizzatore per puntare i riflettori sulle differenti abitudini commemorative. Festeggiare a livello globale; conoscere, invece, nel particolare.

Nella tradizione italiana più risalente nel tempo non mancano i festeggiamenti per la notte del 31 ottobre e dei giorni successivi del ponte di Ognissanti.

Il 1° novembre è il giorno di Ognissanti, il giorno scelto dal Calendario liturgico cattolico per festeggiare i Santi, per pregare e meditare sulla lettura delle Beatitudini. Il giorno dopo, invece, si commemorano i defunti.

In Sicilia i giorni di Ognissanti e del 2 novembre sono sempre stati molto sentiti.

La Festa dei morti risale al X secolo ed è ispirata a riti pagani. A suo modo, quindi, si avvicina molto ad Halloween – che la precede di una notte – ma, soprattutto, al Dia de Los Muertos, tradizione messicana sempre più conosciuta.

La tradizione siciliana vuole che la notte di Ognissanti i defunti lascino i cimiteri e sfilino in corteo seguendo un preciso ordine: prima coloro che morirono di morte naturale, a seguire i giustiziati, poi i morti in disgrazia, poi i morti repentinamente e, infine, tutti gli altri.

La notte successiva i defunti, invece, andrebbero a visitare le case dei propri cari ancora vivi, per la gioia, soprattutto dei bambini.

I defunti della famiglia, infatti, sono stati e sono per i bambini siciliani ciò che erano Santa Lucia per i bambini veneti o lombardi, la Befana per quelli romani ed aquilani e ciò che Babbo Natale è adesso per i bambini della contemporanea società globalizzata.

Era la notte tra il 1° e il 2 novembre, infatti, che i bambini ricevevano i regali e a portarglieli erano i cari che avevano lasciato questo mondo.

A Messina e, in generale, nella zona della Sicilia orientale, i bambini preparavano un po’ di pane e un po’ di latte, come offerta per i defunti. Lasciavano, infine, per terra anche un paio di scarpe. I defunti, calzate le scarpe, facevano un giro per le stanze della casa. Grati di essere rimasti vivi nei ricordi, lasciavano ai bambini soldi e regali e due tipi di dolci: la frutta marturana e i “morticini”. Questi ultimi sono biscotti di mandorle a forma di ossa e teschi.

La frutta martorana, invece, è un dolce palermitano, le cui origini risalgono al periodo normanno. Nel monastero della chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio a Palermo, fondato nel 1194 dalla nobile Eloisa Martorana, le monache avrebbero preparato per la prima volta dei dolci a forma di frutto che avrebbero poi appeso agli alberi in sostituzione di quelli già colti.  Lo scopo era arricchire il giardino del convento durante la visita di un personaggio molto importante, forse un alto prelato o un re. Ecco perché ancora oggi questo dolce a base di mandorle e zucchero porta questo nome.

Tutti questi dolci riempivano spesso un cesto di vimini, chiamata “cannistru”.

Oggi, nel ponte di Ognissanti, non si usa più riempire il cestino, tuttavia in questo periodo dell’anno le pasticcerie pullulano di prelibatezze tipiche.

Come detto, la tradizione dolciaria in Sicilia ha origini assai antiche che vengono annualmente e ciclicamente rinnovate.

Nel catanese, ad esempio, i viscotta de motti”, letteralmente i biscotti dei morti, sono le Rame di Napoli, l’Ossa di Morto, gli ‘Nzuddi e i Totò. Nelle case non manca un vassoio di queste prelibatezze, poiché la gioia della tavola è al contempo condivisione di ricordi.

La mattina del 2 novembre, quindi, i bambini si alzano e si mettono in cerca di regali e fanno colazione con i tipici dolcetti.

Il giorno dei morti in Sicilia è un giorno di festa perché i defunti scendono, metaforicamente, in Terra e sono più vicini alle proprie famiglie.

Uno degli appuntamenti della tradizione recente catanese è “a fera de motti, un mercato temporaneo allestito per l’occasione con bancarelle di tutti i generi, della durata di una settimana.

Inoltre, per non perdere la consapevolezza delle radici di questo mito è nata anche la “Notte di Zucchero, festa di morti, pupi e grattugie”, la prima festa di piazza a Catania e a Palermo. L’obiettivo è difendere la tradizionale festa dei morti siciliana che, con l’avvento di Halloween e non solo, va sempre più scomparendo. La manifestazione, ideata da Giusi Cataldo, è già alla sua sesta edizione a Palermo e alla seconda a Catania.

E tra un giocattolo ed un morso al mastazzolo prima di scendere per le vie e le piazze e continuare i festeggiamenti si va al cimitero a salutare i propri cari, portando crisantemi e preghiere. In questa occasione anche il Camposanto diventa luogo affollato e florealmente colorato.

Della tradizione del 2 novembre hanno scritto di recente anche due scrittori siciliani, Nadia Terranova e Andrea Camilleri.

Il racconto di Terranova si intitola “I morticini”, il nome che si usa dare ai defunti che fanno visita alle case, oltre che ai biscotti che si lasciano loro. La voce narrante di una bambina ci racconta di come si sta preparando all’arrivo dei cari defunti nella sua cucina. Ci sono la gioia dell’attesa dei regali e l’eccitazione per la speranza di restare svegli e vedere gli eterei ospiti arrivare. Ma ci sono anche il dolore e la nostalgia per chi non c’è più.“I morticini” è, quindi, la descrizione ideale di una festività fatta proprio per non dimenticare chi ci manca: gioia, regali, cibi buoni, ricordi, malinconia, dolore, nostalgia.

Andrea Camilleri, invece, nel racconto “Il giorno che i morti persero la strada”, ricorda il cesto di vimini messo sotto il letto dai bambini agrigentini, per essere riempito dai defunti. Ma racconta anche della fatica a prendere sonno e della seconda tradizione della mattina del 2 novembre: quella di ricambiare la visita ai morti, andando a trovarli presso le loro tombe nei cimiteri.

Con un po’ di malinconia Camilleri ci narra anche dell’amico Tatuzzo Prestìa. A lui nessuno ebbe il coraggio di chiedere cosa gli avessero portato in regalo i morti. Con altrettanta malinconia, poi, il Maestro si rammarica che dal 1943, arrivati gli Americani in Sicilia, la tradizione dei Morti cominciò a scomparire. In tutta Italia, nei decenni successivi avremmo dato sempre più spazio all’albero di Natale e a Santa Claus e sempre meno alle feste del Ponte di Ognissanti.

Alessia Aleo e Stefania Fiducia

Stefania Fiducia
Splendida quarantenne aspirante alla leggerezza pensosa. Giurista per antica passione, avvocatessa per destino, combatto la noia e cerco la bellezza nei film, nella musica e in ogni altra forma d'arte.

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