Rock e delicatezza: le due anime della cantautrice AmbraMarie

ambramarie radiofreccia

[dt_quote type=”pullquote” layout=”right” font_size=”big” animation=”none” size=”1″]It’s a Long Way to the Top If You Wanna Rock ‘n’ Roll è tatuato sul mio fianco. È il secondo tatuaggio che ho fatto nella mia vita. A 20 anni, rappresentava già la consapevolezza di dover essere caparbia.[/dt_quote]

Così si descrive AmbraMarie, cantante e speaker di Radiofreccia, con la quale ho avuto il piacere di fare una “chiacchierata”.

Dal 2004 ha una band composta da 5 elementi (compresa lei) con la quale gira l’Italia tenendo concerti. Ha un’anima hippie, per sua stessa ammissione, un po’ selvaggia. Mi dice che in un’altra vita vorrebbe rinascere nei panni di Grace Slick dei Jefferson Airplane. Ha anche una tribute band chiamata, Surrealistic Pillow, con la quale si diverte a reinterpretare canzoni di culto degli anni ’60-’70.

AmbraMarie, la vostra band si è formata nel 2004 ed eravate molto giovani. Com’è il tuo rapporto con i tuoi musicisti?

Musicalmente abbiamo tutti gusti che si uniscono, ma sono anche molto diversi. Il batterista è più metal, o elettronico. Mighell e quello più hard rock e funky, io sono quella un po’ più acustica e intimista. Ci compensiamo.

Li ho conosciuti che ero molto piccola ed il segreto se così si può chiamare è stato uniformarmi al branco e diventare un “lupo” anch’io, pertanto all’interno della band sono asessuata. Non sono donna, non sono uomo, sono Ambra e questo è il nostro equilibrio. Io sono un componente della band. Non ho dovuto trasformarmi in un maschio per poter essere sulla loro lunghezza d’onda. Semplicemente siamo noi 4 da sempre e siamo come si suol dire “la famiglia che scegli”. Sono dei fratelli maggiori, che mi danno cure ed attenzione e mi proteggono. Sono persone delle quali mi fido ciecamente.

A proposito della tua voce, così profonda. Passi da tonalità molto basse ad acuti notevoli. È solo un dono di natura o ci hai lavorato su?

Sono nata con questa voce e quando ero piccola il timbro era ancora più scuro*, nel tempo si è un po’ schiarita. Ho iniziato a studiare canto a 9 anni. Ho sempre cantato così, ma,  ho anche studiato. Finito il liceo, mi dividevo tra il lavoro da barista e quello di cantante. In realtà avrei voluto fare lettere, perché,  è l’ambito che mi è sempre piaciuto. Ma, visto che la mia priorità era fare la cantante ho scelto la musica, la band. È sicuramente un dono di natura, ho avuto culo. Come merito ho quello di avere la pazienza, la testa dura e la perseveranza.

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Componi tu i testi delle canzoni?

I testi li scrivo io insieme al nostro bassista Raffaele D’Abbrusco. Ma, fondamentalmente il nostro è un lavoro d’insieme. Uno arriva con un riff. Io con un testo, una strofa, un ritornello. Ci confrontiamo e vediamo come stanno insieme. Molti testi e molte tematiche nascono da me.

Hai partecipato alla seconda edizione di X Factor nel 2009. Sicuramente ti ha dato uno slancio iniziale,  e dopo?

Dopo X Factor ti apre molte possibilità che e allo stesso tempo si richiudono come un vortice. Dieci anni dopo mi rendo conto che sia cambiato molto come programma, è più cool, c’è la giuria giusta, c’è un’attenzione diversa anche da parte dei giornali e dell’opinione pubblica. Anni fa, invece, se partecipavi, eri il classico sfigato che si svegliava una mattina, non sapeva cosa fare e tentava un provino; Si pensava che dietro non ci fosse necessariamente studio, preparazione o del valore, della sostanza. È un programma in cui ci si esibisce prevalentemente su cover, ma anche i Rolling Stones hanno cominciato facendo cover. Quello che non ho mai amato di X Factor è che essendo un programma tv è tutto infiocchettato. Io sono sempre stata un po’ selvatica ed ero abbastanza stranita in quell’ambiente. Però sai a 20 anni ti butti nelle cose senza star lì a pensarci troppo.

Con il senno di poi lo rifaresti?

Dieci anni dopo ti dico che non lo rifarei, a quest’età, perché nel frattempo cambiano tante cose. Capisci qual’è il tuo habitat, il posto in cui ti senti a tuo agio. Tutto sommato X Factor mi ha aperto molte molte strade, mi ha dato la possibilità di fare una marea di concerti con la mia band.  In generale il  mio obiettivo è stato quello di circondarmi di persone che fossero realmente interessate a me, non solo nei tre mesi successivi al marasma televisivo. L’interesse cala molto velocemente, non appena inizia l’edizione dopo, e tu sei già carne da macello. È così un po’ per tutti i programmi di quel genere ed è lo stesso anche per Sanremo.

Mi ha un po’ ferita, nel tempo, dover dimostrare sempre qualcosa di più, proprio perché arrivavo da un talent. Questa cosa è un po’ difficoltosa. Come se chi non è passato da lì abbia più talento. Bisognerebbe ascoltare la musica al di là dei pregiudizi.

[dt_quote type=”pullquote” layout=”right” font_size=”big” animation=”none” size=”1″]Ho raggiunto una visibilità che è servita per avviarmi per poter fare la musicista come mestiere e non più come passatempo: perché la musica viene sempre vista così come una passione che non è necessariamente retribuita, solo che con la passione non ci mangiamo. Questo si fa fatica a capirlo.[/dt_quote]

Uscita da X Factor mi sono ripromessa di decidere in autonomia, ovviamente, con un sacco di difficoltà. Fare le cose da soli è molto più tosto perché a livello pratico ti serve il danaro, serve dedicarsi completamente, tutti i giorni, a questo tuo pensiero e a questa voglia di fare delle cose. Poi se vieni da famiglie benestanti magari qualcosa la combini, se invece vieni da famiglie umili come le nostre devi rimboccarti le maniche, pagarti gli studi, pagarti la promo ecc.  Io ho sempre voluto  fare le mie canzoni, con la mia band. Ho detto dei “no” che possono, con senno di poi, essere stati stupidi, ma, ho sempre scelto la libertà nella musica. È un discorso complesso quello che sta dietro all’autoproduzione, però quantomeno ti da la libertà, che per noi era ed è più importante di qualsiasi altra cosa.

Non ti sei buttata nel mainstream e non sei legata a etichette e major?

Ho avuto un passato con un’etichetta, quando avevo 14 anni. Ero giovanissima, e non sapevo bene neanche cosa mi stesse succedendo. Ho fatto una canzone che oggi mi fa schifo, si chiamava “Via da te”.  Non c’entra niente con me, non mi piace, non la voglio cantare. Però all’epoca mi sono ritrovata ad aver firmato un contratto e dovevo cantarla. Di questa cosa ho sofferto negli anni e da quel momento ho detto a me stessa “mai più”. Dopo quell’esperienza discografica mi sono detta “ti sei scottata, non farlo succedere mai più, perché fa male”.

Ho notato che nonostante tu sia una donna solare, sorridente, allegra, le tue canzoni sono molto malinconiche. Da dove è nata l’ispirazione per i testi del secondo album?

Sì, sono una persona molto allegra e giocosa. Allo stesso tempo, sono sempre stata affascinata da Leopardi e dal pessimismo cosmico. E questa parte di me, infinitamente malinconica, non m’ha mai abbandonata. Sono sempre stata così, anche da piccola. Allora ero affascinata da Leopardi, mi piaceva, ma non capivo il perché. Adesso lo capisco e comprendo tutto quello che leggevo.

L’ultimo disco è molto personale, alla base dei testi c’è un distacco forte, vissuto da due persone all’interno di questa band, lo si legge tra le righe delle canzoni.  Se c’è qualcosa di più allegro e positivo, come “DI RE, DRAGHI E DAME” è stato scritto dal chitarrista Mighell Vanelli. Tutto il resto è stato scritto da me e Raffaele D’Abrusco (bassista). Il concetto della diversità è sempre affrontato nei nostri discorsi perché la diversità è una ricchezza ed è brutto quando gli altri cercano di appiattirla e negarla solo perché spaventa. Proprio per questo a volte creiamo delle “bolle” in cui viviamo con persone simili a noi, tutte diverse tra loro ma che si comprendono. Ognuno è un mondo a sé ed è questo il bello.

La canzone “Diversa” per esempio l’ha scritta Raffaele, che ha la capacità di scrivere dei testi in cui mi rivedo perfettamente, perché mi conosce talmente bene da anticipare, a volte i miei pensieri. “Sarai troppo vecchia, quando il giorno prima eri troppo giovane, inesperta e fragile” cita il testo . Ed è proprio questa chiave della canzone. O sei troppo giovane, o improvvisamente sei vecchia e la tua consapevolezza può far paura, almeno per le donne è un po’ così.

Se dovessi scegliere una band  o un cantante?

I Radiohead, incarnato precisamente il mio mood, quello che mi smuove qualcosa dentro e anche un’evoluzione artistica che invidio tantissimo, partendo dal primo disco all’ultimo, c’è un mondo in mezzo. Sono geniali.

Mi dici la top five dei tuoi cantanti preferiti?

Uno dei miei artisti preferiti e Damien Rice. Ho tatuato sulla mia pelle “delicate”, perché ho avuto la fortuna di sentirla cantare da lui sulla spiaggia dopo il concerto. Eravamo una ventina. Ci ha chiesto: “cosa volete sentire?” E io ho balbettato “Delicate”, perché è la mia canzone preferita e sul palco non l’aveva fatta. E lui me l’ha cantata! Qualche giorno dopo me lo sono tatuato.

Eddie Vedder, è personaggio positivo incredibile, nonostante il suo tormento. É una di quelle persone che ti fa pensare che tutto è possibile. Quando lo vedi dal vivo dici, vorrei essere come te!

Freddy Mercury;  Skinn, infatti Post Orgasmic Chill è stato il disco che mi ha fatto capire che volevo fare la cantante; Feist mi piace moltissimo, ha quel modo di cantare che trovo incantevole. Delicata, di classe, non amo le urlatrici. Lei nel panorama moderno è una delle mie preferite; e poi Cat Power, Pj Harvey, Janis Joplin. Non bastano cinque dita, sono tanti in realtà.

Grazie AmbraMarie.

Silvia Bilenchi

Silvia Bilenchi
Giornalista pubblicista. Appassionata di musica, arte, cinema, libri. Onnivora, sempre alla ricerca di nuovi stimoli.

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