“Will of the People”: siamo fottuti e i Muse lo sanno

Will of the people muse recensione

Will of the people è il nuovo album dei Muse, pubblicato lo scorso 26 agosto. La band inglese si riaffaccia nel mercato discografico a quattro anni di distanza dal loro ottavo disco Simulation Theory a dall’omonimo tour mondiale che ha fatto tappa anche in Italia.

Negli ultimi anni i lavori dei Muse si erano distinti per una tendenza alla distopia e alla narrazione di universi alternativi. Questa volta, invece, l’intento è quello di affacciarsi alla finestra e raccontare il mondo circostante con le incertezze e le paure che ne derivano.

Un “Best of” di inediti

Will of the people è stato definito da alcuni come un album deludente e poco originale. In realtà il concept è per certi versi geniale. Si tratta, infatti, di un disco che racchiude tutte le principali caratteristiche e le tendenze musicali della band sin dalle sue origini e le rielabora con qualche ulteriore sperimentazione. Alla proposta dell’etichetta discografica di produrre un disco “Best of”, Matt Bellamy e soci rispondono così, con un, come loro stessi lo hanno definito, “greatest hits di inediti”. Un Bignami dell’essenza caratteristica dei Muse, si potrebbe dire. Per questo troviamo il glam rock, l’elettronico, l’alt rock, il pop; troviamo le chitarre e i sintetizzatori, i cori e il falsetto, i momenti orchestrali e il pianoforte a cui si aggiunge qualche nuova tendenza più marcatamente metal.

La decisione di concentrarsi sulla realtà circostante è precedente allo scoppio della pandemia e sembra quasi predirne l’avvento. Will of the people è ispirato e nasce da tutti gli eventi degli ultimi anni: il Covid, le rivolte del Black Lives Matter, l’assalto al Campidoglio dei seguaci di Trump…

Proteste e rivoluzioni

La prima canzone, che dà il titolo all’album, ricorda vagamente The Beautiful People di Marilyn Manson, soprattutto nella parte iniziale. Parla della necessità di una rivoluzione, tema assai caro alla band e presente in tante loro canzoni come Uprising o Knights of Cydonia. La protesta nei confronti di una società oppressiva e alienante continua nella seconda traccia, Compliance:

“La conformità riguarda la promessa di sicurezza e rassicurazione che ci viene venduta da entità potenti durante i periodi di vulnerabilità. Gangs, governi, demagogie, algoritmi dei social media e religioni ci seducono con falsità fuorvianti e favole confortanti”

Liberation è un chiaro ed esplicito richiamo ai Queen, con l’accompagnamento al piano, il falsetto e i cori. Non per questo però risulta meno emozionante e suggestiva. Anzi, la somiglianza a capolavori di quel calibro la rende ancora più coinvolgente.

Il filone della protesta si intensifica con Won’t stand down e Kill or be killed, due canzoni decisamente heavy. Qui Matt sperimenta anche con la voce, usando per la prima volta la tecnica dello screaming tipica dell’heavy metal e dell’hardcore punk.

Le ballate romantiche

Tra la carica energica di queste tracce, trova posto anche qualche momento di maggiore intimismo e romanticismo con le ballad Ghosts (How can I move on) e Verona. Entrambe raccontano un frangente doloroso e straziante relativo alla pandemia, ma che in realtà può essere declinato in una qualsiasi situazione di rottura. Ghost (How can I move on) è una magia di voce e pianoforte che parla di una perdita e dell’impossibilità di andare avanti, intrappolati nei ricordi, nei fantasmi di ciò che è stato. È una canzone struggente, durante l’ascolto si avverte quasi una morsa allo stomaco e si sentono le lacrime che immediatamente pizzicano e inumidiscono gli occhi.

L’accompagnamento al piano e le toccanti parole del testo potrebbero per certi versi farla sembrare una delle canzoni “heartbreaking” di Adele.

How can I move on

When everyone I see still talks about you?

How can I move on

When all the best things I have we made together?

Verona ha un titolo che colpisce particolarmente noi italiani. Si tratta stavolta di una electroballad che racconta la storia di due innamorati costretti a rimanere separati. L’ispirazione è chiaramente quella della tragedia di Romeo e Giulietta.

Quando l’horror incontra la realtà

You Make me feel like it’s Halloween è una canzone decisamente particolare all’interno dell’album. L’atmosfera creepy un po’ alla Micheal Jackson viene ricreata con il suono di un organo di bachiana memoria e di sintetizzatori anni ‘80. Il richiamo ai film horror come Shining, IT o Scream è evidente anche nel videoclip rilasciato in occasione della pubblicazione del singolo e dell’intero disco lo scorso 26 agosto. Tuttavia, si tratta forse di una delle canzoni più sottovalutate dell’album. La musica a tema Halloween, spettrale ma pur sempre leggera e godibile nasconde un contenuto molto forte. La band ha infatti dichiarato che il brano tratta in realtà della violenza domestica durante il lockdown e della sensazione di sentirsi letteralmente in trappola, senza via di fuga dal proprio carnefice. Alla luce di questa spiegazione si fa ancora più inquietante il contrasto tra la musica che in alcuni punti fa quasi venir voglia di ballare e la tematica così oscura e terribile.

We are fucking fucked

Euphoria è una scarica di energia che ricorda altre canzoni della band inglese come New born o Bliss, e arriva subito prima del finale esplosivo di We are fucking fucked. I Muse, in una sorta di sarcastico pessimismo, prendono definitivamente consapevolezza di una realtà senza via di uscita. Guerre, terremoti, tsunami, virus mortali… Siamo spacciati o meglio: We are fucking fucked! Questa esclamazione diventa quasi un inno divertito che si ripete incessantemente durante tutto il pezzo. Sicuramente la canzone troverà uno dei suoi maggiori punti di forza nelle esibizioni live, quando alla voce di Matt si uniranno quelle di migliaia di spettatori infervorati.

Dopo il Firenze Rock di questa estate e il concerto del 26 ottobre all’Alcatraz di Milano, i Muse torneranno nel Bel Paese nel 2023 in occasione del tour di promozione dell’album. Si esibiranno negli stadi di Roma e Milano rispettivamente il 18 e il 22 luglio e i fan italiani non vedono l’ora di scatenarsi sulle note dei loro vecchi e nuovi successi.

Francesca Papa

Sono laureata in Italianistica e insegno lettere. Amo la letteratura e tutto quello che riguarda la lingua italiana, ma sono anche una grande appassionata di serie tv e di musica.

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