Yesterday, chiedi chi erano i Beatles

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Disclaimer: chi vi scrive è un enorme fan dei The Beatles, che ritiene il suo gruppo musicale preferito, oltre che il migliore di sempre. La visione di Yesterday, pertanto, non avrebbe potuto essere una visione qualunque.

E infatti, vi avviso per correttezza, non lo è stata. Non lo è mai diventata considerando che, nel terzo atto, c’è anche una scena a sorpresa, impossibile da rivelare, capace di distruggere emotivamente ogni fan. Eppure, in qualche modo, di quella scena bisogna parlare perché rappresenta il cuore tematico del film.

Qualcuno potrebbe obiettare che Yesterday sia un film confuso. La premessa fantascientifica non sempre si armonizza alla rom-com, e le caratteristiche di entrambi i generi si sprecano vicendevolmente. Altri potrebbero obiettare che, verso la fine, il film diventa quasi una parodia, e il mondo dello show-biz americano è stereotipato. Altri potrebbero dire che l’interessante premessa del film, un mondo in cui tutti hanno dimenticato i Beatles, non ingrana perché il mondo mostrato non è poi così peggiorato rispetto al nostro.

Non sono qui a confutare tali critiche, che anzi in alcuni casi ritengo veritiere. Eppure, nonostante questi difetti, o forse paradossalmente proprio per questi, in Yesterday ribolle una fortissima anima. Nasce dall’incontro tra due mondi diversissimi: alla regia Danny Boyle, autore di cinema dinamico, ipercinetico, perfetto per la premessa vagamente sci-fi della storia; alla sceneggiatura Richard Curtis, il re della rom-com britannica (scorrete la sua filmografia e ringraziatelo di esistere), fondamentale per dare emozioni ai personaggi. E l’unione apparentemente impossibile tra questi mondi dà a Yesterday quel livello di intelligenza che non tanti film hanno. Ma che, nei tempi recenti, provano ad avere.

Grazie di tutto, John Lennon

Si potrebbe quasi definire Yesterday un film post-moderno, infatti.

Coglie che il motivo per cui va tanto di moda ultimamente la nostalgia è la bruttura dei nostri tempi. Ed esorcizza questo disagio non col semplice e sicuro ritorno al passato, che però si esaurisce e ci fa tornare comunque a fare i conti col nostro presente, ma con la fantasia di una realtà alternativa in cui tutto sia giusto, addirittura felice. Quello che sta facendo già il revisionismo storico di Tarantino, che mira a farci pensare tutto possa andare bene. Perché abbiamo dannatamente bisogno di pensare e credere che tutto possa andare bene. Non potendo rivelare di più, mi fermo qui.

Eppure, ci sarebbe da andare avanti e rallegrarsi. Perché ciò avviene in una rom-com, accessibile a tutti e universalmente amata da tutti. Curtis e Boyle hanno il coraggio di fare un discorso complesso nel genere più semplice e diretto, e la sfida funziona. Al netto dei difetti, palesi, ma inevitabili se si vuol rischiare e ammorbidire al tempo stesso.

Qualcuno si divertirà a sentire le canzoni. Altri si innamoreranno per la sottotrama romantica. Pochi riusciranno addirittura a riflettere. Non è un film perfetto perché è tante cose? Vero. Ma ad avercene di esperienze divertenti e imperfette così al cinema d’oggi.

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Emanuele D’Aniello

Emanuele DAniello
Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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