Sta voce po esse piuma o po esse… Ferro (il docufilm)

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Mi perdonerete se per questa volta cedo al dialetto, ma per raccontare Ferro, il docufilm di Tiziano in streaming su Amazon Prime Video, non posso assolutamente mettere in secondo piano la romanità.

Una componente importante che appartiene al cantante di “Sere Nere” e spicca per tutto il documentario, nonostante sia ambientato per lo più a Los Angeles. Certo, ad essere specifici, Tiziano è originario di Latina, ma penso abbiate capito cosa intendo.

E fa sorridere vedere Tiziano parlare perfettamente inglese (a differenza di tanti altri italiani) e poi mischiare nelle sue battute un “vabbè”, un “aoh”. Fa sorridere vedere la sua semplicità che si dipana in ogni cosa della vita: l’amore immenso per il marito Victor Allen, per la famiglia di origine e acquisita, per i due cagnolini, per i fan e per gli alcolisti che aiuta nella città in cui ha ricreato la sua “normalità”.

E con la stessa semplicità con cui Tiziano racconta l’amore, il cantante ci apre anche le porte ai momenti più dolorosi della sua vita. Momenti in cui la fama è stata accompagnata da un dimagrimento forzato, un’omosessualità rinnegata dalle etichette discografiche, fino all’alcolismo.

Ferro è il docufilm più onesto che io abbia visto. Nulla a che vedere con quello di Taylor Swift o Lady Gaga, forse più vicino a quello di Chiara Ferragni per la semplice autenticità. Like it or not, a differenza degli americani non si tenta di vendere una facciata. Si è quel che si è, cari fan. Potete amarci con la nostra imperfezione?

Il fil rouge che invece lega i documentari sulla vita dei cantanti, a prescindere dal loro genere, è l’omologazione indotta dalle case discografiche. La richiesta di identificare un determinato modello fisico e spirituale, di essere un bel prodotto da vendere. Se a Lady Gaga viene richiesto di essere più sexy, a Tiziano Ferro viene richiesto di essere “più uomo”, persino nel vestire.

Ci sono quindi dei momenti molto toccanti in Ferro, ma non solo dal punto di vista della sofferenza naturalmente. La scena degli studenti americani che cantano “Ed ero contentissimo” per imparare l’italiano e il meraviglioso ricevimento di nozze in cui Tiziano ci accoglie nel regalo suo più grande, e Victor, con accento squisitamente americano, dice che questo matrimonio “SE PO FA!” rendono questo documentario un’esperienza autentica nella vita dell’artista, tra luci ed ombre.

Per tutta la durata del docufilm c’è solo una parola che mi scorre in testa: inclusione.

Una parola ancora troppo lontana nella testa degli italiani, così legati a retrogradi luoghi comuni e a questioni di irrilevante apparenza. Tiziano ci prova, con questo docufilm, a lottare contro i pregiudizi, l’omofobia e il bullismo. Ci prova rivelandoci, ancora una volta, la sua estrema sensibilità. Quella che lo ha reso un grande artista.

Alessia Pizzi

Laurea in Filologia Classica con specializzazione in studi di genere a Oxford, Giornalista Pubblicista, Consulente di Digital Marketing, ma soprattutto fondatrice di CulturaMente: sito nato per passione condivisa con una squadra meravigliosa che cresce (e mi fa crescere) ogni giorno!

2 Commenti

  1. Tutto vero ed è apprezzabile che un artista mostri anche le sue debolezze. Tuttavia il racconto risulta, a mio avviso, lacunoso. Questo accade ad esempio nella parte dedicata alla storia d’amore con Victor: mi sta bene vedere dieci minuti (son tanti in un documentario di un’ora) di un matrimonio commovente ma dov’è il resto? Come si sono conosciuti? Perché si amano?
    Insomma il racconto avrebbe potuto articolarsi in modo più omogeneo e coinvolgente.

    • Secondo me andare troppo a fondo non avrebbe avuto senso. Il docufilm non è una love story, è come questo amore regala a Tiziano una nuova normalità. A me interessa il risultato per l’artista, non i dettagli che avrei potuto trovare in un film d’amore…

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