Tenet: il cinema di Christopher Nolan come finestra sul tempo

tenet una scena del film

Avevamo già parlato di Tenet, l’undicesimo film di Christopher Nolan e film apripista per il ritorno in sala dopo la chiusura forzata causata dalla pandemia Covid-19, esplosa pochi mesi prima. Per quanto se ne possa dire, sull’ultimo lavoro del regista prima del divorzio con Warner Bros., ha fortemente inciso il particolare periodo storico, come testimoniano i 350 milioni di dollari incassati globalmente – a fronte dei 210 di budget – di gran lunga inferiori alle aspettative pre-pandemiche. Più volte rimandato, ripudiando la distribuzione sulle piattaforme streaming, Tenet rappresenta senza ombra di dubbio il film più complesso e ambizioso dell’autore ossessionato dal tempo, desideroso di creare una narrativa capace di sbalordire il pubblico ancora una volta. Per questo, e per svariate altre ragioni che andremo ad analizzare in questo approfondimento, si tratta di un’esperienza filmica unica nel suo genere.

Viviamo in un mondo crepuscolare

Nel Teatro d’Opera di Kiev, una squadra di infiltrati della CIA partecipa a un’operazione sottocopertura tra le fila di mercenari russi intenzionati a recuperare un oggetto rubato non ben identificato. Quando scopre che l’intero edificio sta per saltare in aria, il Protagonista si espone per salvare i civili all’interno, recuperando gli ordigni esplosivi e portandoli fuori pochi istanti prima della detonazione. Identificato come spia, l’uomo viene torturato per ore prima di riuscire a inghiottire una pillola per il suicidio che si rivelerà essere un test per reclutare nuovi membri di un’agenzia ignota: Tenet. I facenti parte di questo gruppo combattono una guerra segreta per la salvezza dell’intera umanità, da una minaccia proveniente dal futuro. Il resuscitato agente viene così a conoscenza del fatto che, a decenni di distanza da quel momento, verrà ideata una tecnologia in grado di sovvertire l’entropia di oggetti e persone, permettendogli di muoversi a ritroso nel tempo. Detriti invertiti di una guerra imminente vengono ritrovati dall’agenzia con sempre più frequenza, portando il Protagonista sulle tracce dall’oligarca russo Andrei Sator, che sembra avere connessioni con chi dal futuro vuole la distruzione del presente.

Una spy-story entropica tra tempo e spazio

Dall’anima noir e dalle svariate tinte action – e al termine persino war-movie – Tenet è essenzialmente una spy-story temporale. Un nemmeno troppo velato omaggio ai grandi film di James Bond, di cui Christopher Nolan è appassionato fin da quando era bambino. Un genere popolare e dagli stilemi ben precisi che il regista si prefigge di innovare in qualche modo, adattandoli alla sua personale poetica. Ed è attraverso il concetto di inversione, cioè il rovescimento entropico di un oggetto o di una persona, che il prestigiatore Christopher Nolan trasforma quel qualcosa di ordinario in straordinario (The Prestige docet), incastonando il tutto nel misterioso quadratato magico del Sator.

Composto dalle parole: SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS, il quadrato del Sator è un’enigmatica iscrizione latina palindroma che, per la sua particolare disposizione, può essere letta in egual modo da destra verso sinistra e vicersa, così come dall’alto verso il basso e l’opposto. Le cinque parole appaiono ripetutamente nel lungometraggio ma non si tratta soltanto di mero citazionismo in quanto, come vedremo, saranno proprio queste a essere le chiavi per decifrare il rompicapo Tenet.

Per quanto complessa e non di immediata fruizione, che va vissuta ancor prima di essere capita, la sceneggiatura firmata Christopher Nolan, è unica nel suo genere e non paragonabile a nessun’altra, per la sua freschezza nel sovvertire la linearità della narrazione canonica. Siamo infatti abituati alla fruizione di storie che portano le parti in causa da uno punto iniziale (A) e uno finale (B) posto più in là nel tempo; cosa che in Tenet non accade.

Escludendo il prologo e l’epilogo, per il quale non vengono dati indizi sui rispettivi collocamenti, la storia del nostro Protagonista parte già da un punto intermedio sulla linea temporale dell’intero film, raggiungendo il punto più lontano a metà opera. La pellicola poi si riavvolge, e lo spettatore può rivivere parte degli stessi accadimenti già mostrati ma da un diversa angolazione invertita. Si ritorna così sempre più indietro fino a raggiungere la guerriglia in Siberia e la contemporanea vacanza in Vietnam di Sator e Kat, svoltesi ben due settimane prima del pranzo tra il nostro agente segreto e Sir. Michael (Caine) che, per comodità, considereremo come il punto d’inizio dell’operazione. Tenet segue dunque lo schema: B – C – B a reverse – A.

Si tratta di un’idea tanto intrigante quanto rischiosa che fu concepita durante la lavorazione di Interstellar, nel quale viene ripetuto in continuazione che il tempo non può scorrere a ritroso. Ma è proprio quando il film entra in pre-produzione, durante il tour per il mondo alla ricerca delle locations, che la sceneggiatura prende sempre più la sua forma definitiva.
Girato in 7 diversi paesi, Tenet è il ritorno Christopher Nolan a una produzione cinematografica su scala mondiale, in netto contrasto con la specificità di Dunkirk, estremamente circoscritto in quel tempo e in quel luogo.

Il Protagonista, l’antagonista e l’amico al tramonto

Come ogni film di spionaggio che si rispetti, vi era la necessità di avere un protagonista duro e pragmatico, estremamente lucido in ogni frangente, poco incline allo stupore e dalla battuta sempre pronta, costantemente a metà tra il sarcasmo e la sfida. Al tempo stesso però, avrebbe dovuto avere la sensibilità per compiere atti estremi per un bene superiore, mosso non solo dal dovere ma dai sentimenti, risultando così accessibile a chi si relazioni con lui sia dentro che fuori dallo schermo. Non proprio un compito facile per John David Washington, che ha saputo destreggiarsi non solo con credibilità tra le fughe e gli inseguimenti richiesti dal genere spy, ma che si è reso brillante protagonista di alcune delle scene di combattimento tecnicamente più complesse della Storia del Cinema. Tuttavia, al termine dell’opera, il suo personaggio si rivelerà essere molto di più di un semplice braccio armato, scoprendosi anche come la mente dietro l’intera operazione a tenaglia temporale e cuore pulsante della narrazione, incapace di scendere a compromessi quando è in gioco la salvaguardia di Kat.

Come quasi sempre accade nella poetica nolaniana, anche in Tenet troviamo una figura femminile quale motore delle azioni e delle scelte del protagonista, un ruolo che qui è interpretato da Elizabeth Debicki. Trattata come oggetto e tenuta in ostaggio dal marito, Katherine passa da momenti di grande forza e compattezza ad altri di estrema fragilità riuscendo, ferita dopo ferita, sopruso dopo sopruso, a conquistarsi con le proprie mani la tanto desiderata libertà, sfuggendo così alla tanto lussuosa quanto collerica prigionia di Sator.

L’oligarca russo, il cui nome in latino significa “seminatore” e in senso figurato anche “creatore”, è il più evidente collegamento – dopo Tenet – con il palindromo quadrato magico. Muovendosi come un Dio tra gli uomini del presente, e scelto dal futuro per portare a compimento l’inversione entropica del mondo, Sator è l’incarnazione del male supremo. Un’antagonista dalla spietata forza distruttiva che, similarmente al Joker di Heath Ledger, brama di veder bruciare il mondo per puro divertimento o, come in questo caso, per puro egoismo e desiderio di vendetta. Nato in povertà, il suo è un destino radioattivo di rivincita personale nei confronti del mondo intero, che lo porterà a scambiare la propria vita, e quella dell’umanità del presente, per una ricchezza personale a scadenza. “Tempo per soldi” è questo il patto che stringe Sator con il diavolo, nella presunzione di divenire più che semplice strumento del futuro. Nella chiarificatrice telefonata del terzo atto tra protagonista e antagonista, l’oligarca russo confessa che il suo più grande peccato è stato quello di aver dato alla luce un figlio in un mondo che sapeva destinato a concludersi per mano sua. Un prezzo che è comunque disposto a pagare non conoscendo realmente l’amore in nessuna forma. Invertendo la direzione del tempo, il suo scopo ultimo è dunque quello di sancire contemporaneamente la fine di un mondo e la creazione di un altro, divendo così simultaneamente distruttore e, come vuole il suo nome, creatore.

Ad affiancare il Protagonista senza nome nella lotta per il dominio del tempo contro Sator, interpretato magnificamente da un Kenneth Branagh dallo sguardo mai così freddo e risoluto, ricopre un ruolo di spicco il misterioso Neil. Il personaggio di Robert Pattinson si rivelerà essere l’uomo che dal futuro ha viaggiato a ritroso nel tempo fino agli avvenimenti narrati per “intrecciare un altro passato nella storia della missione“. In mondo crepuscolare, Neil è l’amico al tramonto e l’arma segreta di Tenet, incaricato dal Protagonista del Domani per assicurarsi che Sator venga fermato.

Degni di nota sono anche Himesh Patel e Aaron Taylor-Johnson nei rispettivi panni di Mahir e di Ives ma, per decifrare meglio la trama dell’opera, va prestata grande attenzione a Priya (Dimple Kapadia). Durante i dialoghi tra la trafficante d’armi indiana e il Protagonista, che ricordano tanto la gerarchia tra M e James Bond, viene più volte posto l’accento su quanto l’ignoranza sia la chiave per la riuscita della missione. Le bugie di Christopher Nolan ritornano prepotenti in questo rapporto di non detti e, soltanto all’epilogo, verrà rivelata la verità con uno sconcertante cambio di ruoli. Il Protagonista onniscente del futuro si palesa agli occhi dello spettatore, confessando di aver ideato Tenet per eliminare chiunque sappia dell’esistenza dei viaggi del tempo. Kat esclusa.

Recitare, correre e combattere a reverse

Girare qualche sequenza in reverse mode o muovendosi a ritroso, non è di certo qualcosa di unico ma è qui che Tenet si eleva ulteriormente. L’uso dell’Imax è stato ancora una volta privilegiato e innovato, attraverso l’ideazione di bobine e meccanismi che hanno permesso la creazione e l’utilizzo della prima camera Imax Reverse Mode. Tuttavia, ciò non è sufficiente. Per stupire e ingannare l’occhio di chi guarda si è scelto di sfruttare simulataneamente diverse tecniche: dalle camere che riprendevano sia in avanti che indietro, alla CGI per le reazioni ambientali impossibili da riprodurre nella realtà, fino alle difficoltose prove attoriali, tutto è stato calibrato per aumentare esponenzialmente il coinvolgimento dello spettatore.

Se Kenneth Branagh ha dovuto recitare al contrario senza tralasciare l’accento russo del suo personaggio, John David Washington si è trovato nella posizione di dover girare la medesema scena di combattimento in sia real mode che a reverse, muovendosi sia normalmente che al contario per entambi gli shot. Per il solo combattimento nel deposito della ROTAS, quando il Protagonista si trova a combattere contro sé stesso, l’attore ha dovuto imparare il combattimento in quattro diverse varianti!

Come da marchio di fabbrica del regista dunque, la computer grafica è ridotta al minimo. Che ci crediate o no, è stato utilizzato un vero 747 in disuso e fatto schiantare contro un hangar aeroportuale costruito per l’occassione; le riprese dell’inseguimento sull’autostrada di Talin sono state possibili modificando la trazione delle automobili, permettondogli così di sfrecciare ad alte velocità in una simil retromarcia. Questo predominio delle tecniche analogiche ha permesso al pubblico di restare ancorato alla realtà, anche se quanto mostrato è scientificamente impossibile, regalando le migliori scene action dell’intera filmografia destinate a non invecchiare.

Un presente chiamato Tenet

A generazioni di distanza dagli avvenimenti narrati, gli oceani si sono alzati e i fiumi sono seccati convicendo alcuni abitanti del futuro che l’unica soluzione per la sopravvivenza sia l’inversione entropica del mondo. Affinché possano viaggiare a ritroso nel tempo, vivendo sotto il nostro Sole e sistemare le cose, hanno bisogno che Sator recuperi le nove parti dell’algoritmo nascoste nel passato e, come un seminatore, le sotterri in un luogo prestabilito. In questo senso il film diviene non solo palindromo ma anche una rappresentazione del “paradosso del nonno“, con i Terroristi del Domani che, cercando di alterare il passato, non si rendendo conto che il futuro già prevede la loro sconfitta.

Tenet non è dunque solo il nome dell’agenzia che dovrà contrastare Sator ma, metaforicamente, è l’immutabilità del nostro presente che, proprio come la parola nel quadrato magico, è incastonato tra passato e futuro. Comportarsi diversamente, come suggerisce il Protagonista al crepuscolo, non è un’opzione. Tutto andrà come deve andare. Chiamatelo “destino” se volete. Christopher Nolan lo chiama “realtà“, ricordandoci che il presente è il tempo dell’azione e quanto ogni generazione sia responsabile anche per chi avrà da venire. Dopotutto: “è stato cio che è stato, è un’espressione di fiducia nella meccanica del mondo, non una scusa per non fare niente”.

In conclusione, Tenet è un film tanto complesso quando affascinante, impossibile da decifrare in un’unica visione. Osando mai prima d’ora, il regista inglese chiede a chi guarda di restare vigile e seguire gli innumerevoli indizi disseminati dentro e fuori l’opera. Uno sforzo che, soprattutto di questi tempi, non tutti sono disposti a fare e che mette l’autore nella difficile posizione di chi obbliga a rivedere il film, in alcuni casi, persino per comprenderne snodi cruciali. Ma ecco che – ancora una volta sottotraccia – Christopher Nolan codifica il messaggio definitivo. Mostrando un pubblico addormentato all’Opera di Kiev e tenendo in ostaggio Kat per un Goya del falsario Arepo, il rimando al dipinto “Il sonno della ragione genera mostri” dell’artista spagnolo è lampante e il guanto di sfida per lo spettatore sempre più passivo è lanciato. Non assopirsi ma restare vivi con il cuore e con la testa in questo tempo presente (Tenet), impedendo ai mostri egoistici (Sator) di vincere. Sarà poi necessario tornare per rivivere il tutto, grazie alla vera macchina del tempo: il cinema. Salendo sulla giostra ed entrando nuovamente in quel tornello nascosto alla Rotas – “ruota” in latino – per avere la possibilità di rivedere il tutto con occhio diverso, con un nuovo punto di vista, in pieno stile Christopher Nolan. “Tempo per conoscenza”, questo è il patto. Sei disposto a siglarlo?

Michele Finardi

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IL VOTO DEL PUSHER
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Area Tecnica
Planner di salotti cinefili pop fin dalla tenera età, vorrei disperatamente vivere in un film ma non riesco a scegliere quale!

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