La ragazza che sapeva troppo: gli zombi come metafora del potere

la ragazza che sapeva troppo recensione (2016)

Mi ritrovo a recensire questo film dopo averlo visto due volte negli ultimi anni, e c’è un motivo. In questo arco di tempo non ho trovato un nuovo film sugli zombi degno di essere guardato: e parliamo di almeno due-tre anni di monitoraggio costante del genere.

Attualmente ancora in streaming su Netflix, The girl with all the gifts, questo il titolo originale del film di Colm McCarthy, ci trasporta in un mondo in cui “gli affamati” sono il risultato di un fungo che invade il cervello, l’Ophiocordyceps unilateralis, un parassitoide che esiste realmente in natura e che altera il comportamento delle formiche.

A differenza di tutte le apocalissi zombi standard, qui i veri protagonisti sono gli zombi di seconda generazione: i bambini nati da madri infette hanno aspetto e facoltà intellettive come gli esseri umani e vengono utilizzati dagli umani per trovare una cura.

Una trama finalmente diversa

La storia della piccola Melanie, una delle bambine – cavie, è una sorta di Bildungsroman: la ragazzina si ritrova ben presto a empatizzare con una delle maestre, la signorina Justineau, e a scappare con lei e altri superstiti dopo che gli affamati hanno attaccato la base in cui si trovano. Melanie vuole a tutti i costi essere accettata dal gruppo, per questo usa i suoi “doni” per proteggere i neo-compagni di viaggio. Durante il tragitto, però, inizierà ad avere anche più consapevolezza del proprio istinto predatorio e ben presto capirà di non essere una non-morta. La consapevolezza di essere viva ma diversa dai vivi porterà la ragazza a delle conclusioni abbastanza disarmanti.

Una nota sul titolo

Per l’ennesima volta mi trovo davanti una traduzione italiana impietosa: non solo perde tutto il legame col mito di Pandora – protagonista degli studi di Melanie – il cui nome significa proprio “colei dai molti doni“, ma “La ragazza che sapeva troppo” è anche il titolo di un film giallo di Mario Bava (1963).

La metafora degli zombi

La ragazza che sapeva troppo non è certamente un capolavoro, ma è un ottimo film per un motivo molto semplice: usa la metafora degli zombi per portare alla luce temi come l’emarginazione e la prevaricazione. Melanie passa velocemente dal bisogno di essere accettata dai “vivi” alla comprensione di un sottile – e nemmeno troppo latente – gioco di potere: per gli umani la sua morte – tramite dissezione – potrebbe essere l’unica speranza di cura. La domanda è se vale davvero la pena sacrificarsi per loro e affermare quindi la supremazia di un gruppo sull’altro. Alla fine del film non si tratta più di scegliere tra se stessi e i propri compagni di viaggio, perché di fatto Melanie è stata accettata come parte della squadra per la sua intelligenza e la sua lealtà. Si tratta piuttosto di capire chi ha davvero il potere.

Un genere in evoluzione

Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito alla trasformazione dei film di genere zombi, dalla satira di Romero agli sparatutto di Resident Evil: con questa pellicola gli zombi tornano a veicolare messaggi sull’umanità e questo è sicuramente apprezzabile. Inoltre, vorrei sottolineare un particolare che molto spesso viene tralasciato: una delle doti principali dei cult alla Romero era la colonna sonora – basti ricordare il tocco di classe dei Goblin in Zombi (Dawn of the dead). Ne “La ragazza che sapeva troppo” ci sono delle musiche di sottofondo superbe, specialmente nelle scene dove Melanie si ciba: viene riprodotta una sorta di cantilena, che sembra quasi una ninna nanna atavica, un richiamo alla natura selvaggia che non può essere ignorato.

Alessia Pizzi

Laurea in Filologia Classica con specializzazione in studi di genere a Oxford, Giornalista Pubblicista, Consulente di Digital Marketing, ma soprattutto fondatrice di CulturaMente: sito nato per passione condivisa con una squadra meravigliosa che cresce (e mi fa crescere) ogni giorno!

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