“Il virus si attacca alla cellula come una chiave che si infila in una serratura. Chissà dove il maiale sbagliato ha incontrato il pipistrello sbagliato”
Titolo originale: Contagion
Regia: Steven Soderbergh
Soggetto e sceneggiatura: Scott Z. Burns
Cast principale: Marion Cotillard, Bryan Cranston, Matt Damon, Laurence Fishburne, Elliot Gould, Jude Law, Gwyneth Paltrow, Kate Winslet
Nazione: USA
Anno: 2011
“Contagion” comincia con un colpo di tosse, quello di Beth Emhoff (Gwyneth Paltrow), la paziente zero. Da qui, l’attenzione della cinepresa si concentra sulle sue mani e poi su quelle delle persone con cui entra in contatto. La musica in sottofondo si fa ansiogena.
Nei primi cinque minuti del film, grazie ad un montaggio sapiente, lo spettatore fa lo stesso giro del mondo che fa il virus MEV-1. In due giorni Hong Kong, Chicago, Tokyo, Londra, Minneapolis.
Vi ricorda qualcosa?
“Contagion” è il racconto di un’epidemia, quella della malattia immaginaria MEV-1, originata da un virus con un’altissima capacità di riproduzione, sconosciuto al mondo scientifico perché non ha mai attaccato l’essere umano. Come il Covid-19 con cui stiamo facendo i conti da quasi un anno ormai, il virus di “Contagion” ha fatto il salto di specie, da un animale all’uomo.
Ma le analogie tra il film e la terribile realtà non finiscono qui. Anche l’epidemia di MEV-1 parte dalla Cina (da Honk Kong per la precisione) e diventa presto una pandemia.
Vediamo in due giorni il Governo cinese mettere in atto il protocollo già usato anni prima per la Sars. In cinque giorni ci sono focolai di un’influenza che, però, si complica in un’encefalite e tutti i primi pazienti muoiono. Qui, per fortuna, le analogie si fermano, perché il tasso di mortalità da Covid-19 è molto meno allarmante.
Steven Soderbergh racconta la pandemia con un film corale.
Per raccontare un’epidemia che coinvolge il mondo intero, si devono necessariamente raccontare più storie. Inevitabilmente, quindi il regista Soderbergh e l’autore di soggetto e sceneggiatura, Scott Z. Burns, hanno usato lo stile multi-narrativo “hyperlink”, già utilizzato in altri film di Soderbergh. Il risultato è una pellicola corale con un cast di attori molto popolari ad Hollywood, oltre a Paltrow.
Matt Damon è suo marito, presto vedovo, misteriosamente immune al virus e deciso a proteggere la figlia adolescente da un possibile contagio, tanto da costringerla ad un rigorosissimo lockdown. Marion Cotillard è la dottoressa Leonora Orantes, che l’OMS spedisce da Ginevra alla Cina per trovare il paziente zero e ricostruire la catena del contagio. Kate Winslet è la dottoressa Erin Mears, epidemiologa inviata nella città americana del primo focolaio nel week-end del Ringraziamento. Cerca di mettere in guardia l’amministrazione locale su cosa fare (chiudere i negozi e le scuole). Ma la replica degli amministratori la conosciamo bene: se le scuole sono chiuse, come faranno i genitori ad andare al lavoro? Non possiamo chiudere i negozi nel fine settimana in cui tutti gli americani fanno shopping!
Jude Law interpreta il giornalista Alan Krumwiede, che attraverso il suo blog è il primo a lanciare l’allarme sulla pandemia. Ma diventa presto anche il primo propagatore di teorie complottiste sulle origini del virus. Diffonde fake news su una presunta cura miracolosa, a base di un medicinale omeopatico, la forsythia, la cui efficacia è priva di fondamento scientifico.
Ma Scott Z. Burns ha immaginato anche tutte le contromisure che il mondo doveva mettere in atto e le conseguenze: il “distanziamento sociale”; la ricerca spasmodica di guanti e mascherine; il campanello d’allarme che scatta nella mente ad ogni colpo di tosse; l’accaparramento di cibo e merce varia nei supermercati; l’impossibilità di organizzare funerali e seppellire i propri cari.
“Contagion”, uscito nel 2011, è quindi un film profetico? No, è solo stato scritto con rigore impeccabile dal punto di vista scientifico.
Burns, infatti, ha scritto la sceneggiatura con la consulenza degli studiosi dell’americano Center for Disease Control e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Gli esperti conoscevano già sia il comportamento dei virus, sia il rischio del salto di specie tra animali e uomo di virus particolarmente letali.
L’accuratezza della scrittura ha reso “Contagion” – secondo molti virologi ed epidemiologici – uno dei film più attendibili e realistici dal punto di vista scientifico tra quelli che parlano di pandemie e di virus.
Ma questa pellicola non è certo un trattato scientifico, anche se sembra avere un atteggiamento forse troppo distaccato e oggettivo verso la storia che racconta. Alcuni commentatori (come Federico Gironi) hanno ritenuto che conceda “ben poco a pathos e sentimento” e finisca per essere “pratica osservativa di eventi drammaticamente possibili”.
“Sai da dove viene la stretta di mano? Nei tempi antichi era un modo per dimostrare a uno sconosciuto che non portavi armi. Sì, offrivi la mano aperta per dimostrare che non avevi brutte intenzioni. Chissà se i virus lo sanno”.
Il film può sembrare un po’ freddo. In realtà, tiene con il fiato sospeso e crea il giusto senso di vicinanza con i personaggi.
Come in ogni film di genere catastrofico che si rispetti, c’è un eroe, che si assume un rischio e salva tutti. In “Contagion” è un’eroina e non può che essere una scienziata. È la dottoressa Ally Hextall (Jennifer Ehle) che si inietta il vaccino che ha scoperto e comincia la sperimentazione sull’uomo, anzi sulla donna.
Vedere “Contagion” in questo momento storico, in cui siamo coinvolti in una pandemia che ci spaventa e ha cambiato le nostre vite, può aiutarci a restare ancorati alla realtà, proprio perché racconta moltissimo di ciò che abbiamo visto accadere in questi mesi.
Ciò può servire a ritrovare il quadro generale della situazione, a provare la giusta dose di paura e a vedere il futuro con la giusta dosa di realismo e speranza.
Il film, infatti, ha un lieto fine, la pandemia si arresterà. Ma occhio alle scene finali: spiegano come il virus MEV1 ha fatto il salto di specie, secondo il fenomeno dello spillover. E sono, quindi, il monito di “Contagion“.
3 motivi per guardarlo:
- per il racconto del perché, per salutarci, abbiamo imparato a stringerci la mano;
- perché è forse il film più scientificamente accurato su virus e pandemie;
- per il bel montaggio delle scene iniziali e per quelle finali che, in pochi minuti, raccontano come un Coronavirus può diventare il protagonista di una pandemia.
Quando vedere il film:
Questo è il momento storico più adatto per vedere “Contagion“. Magari evitate di guardarlo la sera prima di andare a letto. Il momento migliore, però, è quando vi rendete conto di aver perso il quadro generale del dramma che stiamo vivendo con il Covid-19.
Stefania Fiducia
E a proposito di alto livello di suspense, che ne dite di (ri)leggere la precedente uscita del cineforum dedicato a “Rebecca, la prima moglie”?
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