Storia di una trasmissione epica: Portobello torna su Rai Uno

Il prossimo 27 ottobre su Rai Uno andrà di nuovo in onda Portobello, un programma mitico della televisione italiana. Ripercorriamo la storia di una trasmissione che ha vantato una miriade di imitazioni.

Quarantuno anni fa, esattamente il 27 maggio 1977, dagli studi di Milano, gli stessi dove era andato in onda il mitico “Lascia o Raddoppia” di Mike Bongiorno, iniziava l’avventura di Portobello sulla Rete 2 della RAI.
Conduttore e creatore di quella trasmissione era uno dei personaggi più noti della televisione italiana: Enzo Tortora.
Per il giornalista nativo di Genova, che per anni aveva condotto la Domenica Sportiva, si trattava di un ritorno in Rai.
Nel 1969, infatti, a causa di un’intervista rilasciata al settimanale “Oggi” era stato allontanato dalla Rai, nonostante fosse uno degli uomini televisivi più famosi e apprezzati.
Fatali erano stati alcuni giudizi espressi da Tortora che, con la sua nota franchezza, aveva definito la TV di stato «un jet colossale pilotato da un gruppo di boy scout che si divertono a giocare con i comandi.»
L’ostracismo era durato otto anni nel corso dei quali Tortora aveva fatto esperienza in quel mondo delle televisioni private che stava nascendo e che in poco tempo avrebbe definitivamente mutato l’universo televisivo italiano, a partire dai palinsesti.
Alle 20.50 di quel venerdì 27 maggio 1977 iniziava una piccola rivoluzione nell’etere nostrano.

Portobello, infatti, non fu solo una trasmissione capace di incollare davanti allo schermo anche 25 milioni di italiani ma anche di influenzare molti programmi futuri.
Sono tante le trasmissioni che a partire dagli anni Ottanta per arrivare fino ai giorni nostri devono molto al programma ideato da Enzo Tortora.
“Carramba che sorpresa” di Raffaella Carrà; “I Cervelloni” di Paolo Bonolis; “Stranamore” di Alberto Castagna e “Chi l’ha visto”, sono solo quelli fra i più celebri che vantano debiti verso Portobello.

Portobello era una trasmissione declinata al plurale.

Le sue diverse rubriche erano loro stesse piccole ma innovative trasmissioni.
C’era “Fiori d’arancio”, dedicata a trovare l’anima gemella, ma anche “Dove sei”, che permetteva di ritrovare una persona scomparsa, un vecchio amore, un amico perduto.
Un’altra rubrica imperdibile era quella in cui inventori di varia estrazione presentavano le proprie creazioni, alcune davvero strambe che poi, nel corso del programma potevano essere vendute o scambiate.
A permettere questo catodico baratto era il Centralone.
Dentro una cabina delle belle centraliniste, (alcune di loro divennero famose come Paola Ferrari, Eleonora Brigliadori, Federica Panicucci, Carmen Russo e Susanna Messaggio) ricevevano le chiamate con relative offerte che venivano passate agli inventori.
E come in ogni compravendita che si rispetti le trattative erano lunghe e serrate.

Ma il momento più atteso della trasmissione era quello legato al simbolo stesso del programna: il pappagallo Portobello.

Uno spettatore, sorteggiato fra quelli presenti in sala, doveva in trenta secondi far dire al pennuto il suo nome.
Un’impresa improba, secondo alcuni detrattori addirittura impossibile, che riuscì una sola volta.
A far pronunciare al pappagallo il suo nome fu una spettatrice speciale: Paola Borboni.
La grande attrice italiana, all’epoca ottantaduenne, dopo aver indossato un improbabile mantello da maga, riuscì a far parlare il terribile Portobello.
La trasmissione, ideata oltre che da Enzo Tortora anche dalla sorella dello stesso conduttore e dal pubblicitario Angelo Citterio, riprendeva il nome del celebre mercatino londinese.
Un programma rivoluzionario, fin dalla sua stessa collocazione, quella del venerdì.

Fino a quel fatidico 27 maggio quel giorno della settimana era dedicato al teatro di prosa.

Ma la televisione stava cambiando e molto rapidamente.
L’irruzione delle TV private, con il loro corollario di palinsesti commerciali, influenzò e non poco anche la Rai che, necessariamente e semplicemente mutò.
Il criterio della complementarietà, che aveva sempre segnato la tv di stato, lasciò il passo a quello della competitività e Portobello ne fu un evidente esempio.
Quel programma, come ha scritto Franco Monteleone, per molti anni dirigente RAI, fu «il frutto di un primo grande cedimento dell’apparato televisivo pubblico alle zone d’ombra delle televisioni private, ai loro giochi casalinghi, alle pratiche delle compravendite attraverso il video, all’uso ripetitivo del telefono.»

Portobello fu davvero una trasmissione innovativa, una rivoluzione copernicana per l’ingessata tv nazionale dell’epoca.

In anni difficili, come furono gli ultimi di quegli anni Settanta, Portobello fu qualcosa in più che una semplice trasmissione televisiva.
In un’Italia insicura e insanguinata, piena di cadaveri, come scritto da Stefano Massini nel suo bellissimo 55 giorni L’Italia senza Moro, l’agorà di Tortora portava nelle case degli Italiani un’agognata normalità.
Portobello piaceva proprio per la sua semplicità, per essere un programma popolare, comprensibile da tutti, capace di rassicurare in un momento in cui la serenità era un bene ricercatissimo.
Ed emblema di quella spensieratezza era la sigla di apertura del programma, composta da Lino Patruno e cantata dal coro dei Piccoli Cantori di Milano.
Un motivo davvero orecchiabile con protagonista il pappagallo Portobello.
Il dispettoso pennuto, proposto in versione animata, saltellava gioiosamente, vestito elegantemente in abito da sera.

Dopo sei fortunatissime edizioni arrivò l’incredibile, drammatico stop.

Il 17 giugno 1983 Tortora venne arrestato fra mille accecanti flash che lo immortalarono con le manette ai polsi come uno dei peggiori delinquenti al mondo.
L’accusa era terribile: traffico di stupefacenti e associazione di stampo camorristico.
Iniziò un incubo infinito, che sembrava la trama di un romanzo di Kafka.
Solo tre anni dopo, il 15 settembre 1986, Tortora fu definitivamente assolto dalla Corte d’appello di Napoli.

Pochi mesi dopo, il 20 febbraio 1987, il conduttore tornava in tv alla guida del suo Portobello visibilmente provato.

Per sciogliere la sua palpabile emozione, lui che dominava il mezzo televisivo con una proverbiale loquacità, pronunciò una semplice ma icastica frase: «Dove eravamo rimasti?»
Poi, dopo aver sottolineato di essere lì anche per conto di quelli che non potevano parlare, disse «ed ora ricominciamo, come facevamo esattamente una volta.»
Sono passati decine di anni dall’ultima puntata di Portobello. L’Italia è cambiata e ancor di più gli italiani. Sarebbe bello se questo “nuovo” Portobello, condotto da Antonella Clerici, riuscisse a ritrasmettere quel clima familiare che Enzo Tortora con eleganza e delicatezza aveva portato in milioni di case italiane.

Maurizio Carvigno

Maurizio Carvigno
Nato l'8 aprile del 1974 a Roma, ha conseguito la maturità classica nel 1992 e la laurea in Lettere Moderne nel 1998 presso l'Università "La Sapienza" di Roma con 110 e lode. Ha collaborato con alcuni giornali locali e siti. Collabora con il sito www.passaggilenti.com

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