Garinei e Giovannini: la nascita della Commedia Musicale (podcast)

anniversario 60 anni Rugantino, Garinei e Giovannini
Rugantino 2022, Teatro Sistina: Crediti: foto Antonio Agostini

Lo scorso 25 agosto si è spento, a 96 anni, Enzo Garinei, pilastro del Teatro e del Cinema italiano. Oltre a diversi film con attori del calibro di Totò e Renato Rascel, il nome di Enzo Garinei era legato molto al teatro soprattutto alla Commedia Musicale, un genere che esiste solo nel nostro Paese e che venne generato da suo fratello Pietro Garineri e Sandro Giovannini.

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Il cartaceo Cantachiaro, da dove tutto ebbe inizio

Facciamo un salto temporale ed andiamo nel 1944, quando il triestino Pietro Garinei, classe 1919, e il romano Sandro Giovannini, classe 1915, si conoscono nella redazione del Corriere dello Sport, dove entrambi collaboravano. Nonostante la loro formazione completamente diversa (Pietro laureato in farmacia mentre Sandro in giurisprudenza), la passione per il mondo dello spettacolo li porta a creare un duo, che cambierà le sorti del Teatro Italiano.

Eh già, perché nella vita di entrambi il teatro era una grande passione e già faceva parte delle loro esistenze.

Sandro infatti, durante la guerra, aveva allestito spettacoli per le truppe in Albania, mentre Pietro aveva organizzato spettacoli per studenti. Entrambi quindi creatori. Non ci vuole molto affinché decidano di fare qualcosa per conto loro. Il 6 giugno di quello stesso anno esce per la prima volta, sempre con la firma di Garinei e Giovannini, il loro settimanale satirico chiamato Cantachiaro, edito da Realino Carboni; e vede nella sceneggiatura, oltre ai citati, anche Italo de Tuddo (futuro grande sceneggiatore anche di molti film di Totò) e Franco Monicelli (drammaturgo e giornalista, fratello del grande regista Mario). Le pagine sono un susseguirsi di racconti umoristici e satirici, creati da penne importanti come Ennio Flaiano, Enzo Biagi e Federico Fellini.

Cantachiaro diventa una rivista teatrale

Non ci vuole molto che l’impresario teatrale Remigio Paone, offre loro l’opportunità di trasformare le idee di Cantachiaro in uno spettacolo di rivista, che prenderà lo stesso nome.

Per chi non conoscesse il genere, la rivista era un genere di spettacolo teatrale, in cui venivano mischiati diversi generi, come la prosa, la scenetta umoristica, la danza in varie forme, così come il canto e la musica, ma a differenza di altri generi non c’è una trama a legare tutto, bensì un tema, che non è proprio vincolante. Immaginate questo tipo di spettacolo in una nazione che vede la guerra ormai praticamente alle spalle e che ha subito per più di 20 anni varie forme di censura, con spettacoli destinati quasi esclusivamente alla propaganda.

Quello che viene portato in scena al teatro Quatto Fontane di Roma il 1 settembre 1944 è una rivista diversa.

Oltre che ad usare satira politica e una scrittura fine ed intelligente, capace di creare ironia ed ilarità anche in scene maliziose, irritanti e scabrose. La ricetta vincente è l’utilizzo di una musica fresca e moderna, come il jazz e il woogie; e l’interpretazioni di giovani attori provienti dal varietà (citando alcuni nomi: Lea Padovani, Carlo Ninchi, Marisa merlini e…Anna Magnani). Il successo è pressoché strepitoso. Nasceranno altri due spettacoli, intitolati Cantachiaro n.2 e n.3, e prenderanno parte alle scene altre personalità come Gino Cervi, Ave Ninchi, Raimondo Vianello, Gianni Agus, Enzo Turco e tanti altri.

È però anche l’inizio della coppia Garinei e Giovannini. Dalle loro riviste, sfarzose ed esagerate, nasce il mito della diva, la soubrette per eccellenza, per cui molti uomini andavano a teatro solo per vederla ancheggiare sulla passerella e per la quale molte donne invidiavano gli abiti luccicanti. In un articolo del ’78, Morandini racconta alcune spese fatte in questi spettacoli: li addobbi erano di stoffa, anziché di più economica carta; mentre i programmi di sala, erano creati su carta patinata pesante e sovra-coperta in stoffa. I costi quindi donavano un risultato bello da vedere, stupendo e che donava speranza e idea di una rinascita; ma eccessivi da gestire.

La svolta

Serviva quindi un’altra strada. Bisognava unire il passato al nuovo, un gusto innovativo a quello che aveva portato al successo: una svolta insomma.

Si decise così di creare un nuovo genere di spettacolo, ma quale? Non si poteva abbandonare la rivista: il pubblico che aveva dato loro la fama era molto affezionato ancora a quel genere. Come dare però quel tocco di novità? Aggiungendo qualche ingrediente oltreoceano e si prese ispirazione dai musical americani. Intanto inserire una trama e non varie scene distaccate, più canzoni e qualche balletto, ma non come parte integrante della storia, ma come una forma di commento, di pensiero a voce alta; e lasciando da parte eventi tragici. Nacquero così tre nuovi spettacoli che presero il nome di “favole musicali”: Attanasio, cavallo vanesio; Alvaro, piuttosto corsaro e Tobia, la candida spia, andate in scena dal ’52 al ’54. Della rivista c’erano ancora dei balletti fine a se stessi: in fondo, come già detto, quel gusto da rivista doveva restare.

Nel 1954, avviene la grande trasformazione con Giove in doppiopetto.

La trama è unica, nessuno stacchetto distaccato dalla trama, dando così un’armonia tra dialoghi, canzoni e appunto balli. A prendere parte a questa fortunata commedia furono Carlo Dapporto e Delia Scala: il successo fu talmente forte che si decise anche di farne un film. Trama, musiche, leggerezza e costume: il teatro era ufficialmente cambiato, dando inizio ad un’avventura musicale. Piccola curiosità per gli amanti del genere. Quello stesso anno, il regista Daniele D’Anza, tramutò il tutto in una pellicola, che girò per i cinema delle città italiane contemporaneamente allo spettacolo: il film fu il primo realizzato con la tecnica del CinemaScope, che – in sintesi – permetteva di unire, in orizzontale, un campo maggiore del normale, avvicinandosi a quello dell’occhio umano.

Nell’arco di 6 anni, arrivò la vera svolta.

Dato il pubblico sempre richiedente e un successo sempre più ricco, la coppia Garinei e Giovannini ottenne la direzione del Teatro Sistina di Roma. Qui, in questo enorme palco nell’omonima via, mentre Fellini cercava ispirazione nella vicina Via Veneto, la coppia Garinei e Giovannini iniziò una delle più profique collaborazioni della storia del teatro italiano. Scrissero insieme ben 49 copioni e allestirono 89 tournee in tutto il mondo. Grande collaborazione avvenne con i musicisti e cantautori-attori che, negli allestimenti, crearano delle canzoni divenute poi un cult. Pensiamo solamente a Armando Trovajoli: sue le canzoni di Rugantino (come “Ciumachella de trastevere” o “Roma nun fa la stupida stasera”) o di Aggiungi un posto a tavola.

Altro fu Gorni Kramer. Pensiamo a “Soldi, soldi, soldi” in Un mandarino per Teo o “Domenica è sempre domenica” in Un paio d’ali. Anche Renato Rascel fu attore in diverse commedie e autore di canzoni e musiche di cui fece parte: Il giorno della tartaruga ne è un esempio così come Enrico ’61. Anche Domenico Modugno è stato membro della famiglia di Garinei e Giovannini: sue le musiche e la prima interpretazione di Rinaldo in campo, dove nascono canzoni come “Orizzonti di gioia” e “Tre somari e tre briganti”.

Grandissimi attori poi sono nati dal palco del Sistina: pochi infatti che il maestro Gigi Proietti venne scoperto dal grande pubblico sostituendo un attore per Alleluja brava gente, recitando insieme al già citato Rascel. Anche Marcello Mastroianni fu protagonista di una commedia musicale, dal titolo Ciao Rudy, dove indossava i panni di Rodolfo Valentino.

Miliardi di altri attori sono legati al mondo della commedia musicale italiana.

Della prima generazione ci sono anche Gino Bramieri, Milva, Walter Chiari, Paolo Panelli, Bice Valori, Enrico Montesano, Alida Chelli, le già citate Merlini e Scala, nonché il fratello di Pietro, Enzo..ed interpreti d”eccezione, come Mariangela Melato, il Quartetto Cetra, Aldo Fabrizi, Enrico Maria Salerno, Rodolfo Laganà. Chiara Noschese, Massimo Ghini, Carlo Croccolo, Giovanna Ralli, Lea Massari, Valerio Mastrandrea, Maurizio Mattioli, Simona Marchini, Isa Di Marzio, Franco e Ciccio, Valentina Cortese, Paola Borboni, Raffaella Carrà, Ilaria Occhini.

Le cose iniziarono a cambiare nel 1977, quando morì Giovannini. Ci furono però nuovi allestimenti e repliche fortunate di vecchie glorie, come Accendiamo la lampada, I sette re di Roma, Se il tempo fosse un gambero; ma anche omaggi ad altri spettacoli non italiani, come Niente sesso, siamo inglesi; Taxi a due piazze. Nel 2006 ad 87 anni, si spegne anche Pietro Garinei. Con lui termina un’epoca. Una dove il talento non si chiedeva a suon di soldi, ma gli impresari sapevano riconoscerlo. Dove una persona poteva veramente iniziare da zero, perché la gente sapeva applaudire non ad un nome ma alla capacità.

Un’epoca in cui non si era famosi con una foto, ma dopo settimane e settimane di prove. Dove i colleghi andavano a vedere i film e gli spettacoli altrui. Dove c’erano sì i salotti e i luoghi e le persone giuste per sfondare, ma era il sempre il pubblico a decidere alla fine. Un’epoca che non c’è più, che purtroppo è finita…

Francesco Fario

Foto di scena di Rugantino al Teatro Sistina 2022, crediti: Antonio Agostini

Attore e regista teatrale, si laurea in Lettere Moderne a La Sapienza per la triennale, poi alla magistrale a TorVergata in Editoria e Giornalismo. Dopo il mondo del Cinema e del Teatro, adora leggere e scrivere: un pigro saccentone, insomma! Con Culturamente, ha creato la rubrica podcast "Backstage"

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