Se dicessi ‘Aggiungi un posto a tavola‘, scommettiamo che molti aggiungeranno ‘…che c’è un amico in più’?
È ovvio, è scontato! La canzone, però, non è nota solo perché cantata dai bambini. È anche la colonna sonora, nonché messaggio principale, dell‘omonima commedia musicale firmata Garinei & Giovannini, oggi al Teatro Brancaccio di Roma fino al 26 novembre.
In uno sparuto paesino di campagna, il devoto Don Silvestro riceve una strana telefonata da parte di…Dio. Questi gli comunica che ha deciso di organizzare un secondo Diluvio Universale e di far di lui il novello Noè: dovrtà salvare il suo paese, costruire un’arca e metterci dentro anche le celebri coppie di animali. Tutto in tre giorni di tempo.
Il mite parroco dovrà affrontare mille difficoltà. Primo fra tutti, l’incredulo sindaco Crispino, cercare di convincere il paese di quanto sentito e far tutto secondo i tempi. In tutto questo bisogna anche trovare una soluzione per una prostituta che, durante ‘la notte della procreazione’, attira a sé gli uomini: persona che occorrerà anche far piacere alla bigotta gente di paese. Il tempo scorre e l’ansia sale.
Il pensiero, anzi il tormento di Silvestro, però, è un altro.
Egli prova, ricambiato, amore per la figlia del sindaco Clementina, ma, in conformità al voto di celibato fatto in seminario, il prete rimane fedele al giuramento. Con il diluvio cambieranno davvero le cose? Il mondo sarà più aperto? Uno spettacolo che porterà il prelato a rispondere a quella domanda che faceva, agli altri e a se stesso:
“Cos’è l’amore, secondo te?”
La prima dell’opera risale al 1974, con Johnny Dorelli nel ruolo del protagonista, Daniela Goggi in quello di Clementina, la coppia Panelli-Valori nei panni di Crispino e la prostituta Consolazione, Ugo Maria Morosi in quello di Toto; mentre a Renato Turi l’arduo compito di essere ‘la voce di Lassù’. Con il tempo, molti altri hanno calcato le scene con questi personaggi: Adriano Pappalardo, Carlo Croccolo, Alida Chelli, Marisa Laurito, Giulio Scarpati, Chiara Noschese. Per la voce di Dio venne spesso ri-utilizzata quella di Turi, registrata ovviamente; tranne che nel ’90, quando Riccardo Garrone lo sostituì.
Oggi Aggiungi un posto a tavola rivede la scena, giungendo alla VII edizione.
La commedia ha molti degli ingredienti di quella originale, a partire dalle coreografie firmate da Gino Landi; l’orchestra dal vivo, diretta dal Maestro Maurizio Abeni; e la colomba che siede alla canzone finale. La regia mischia due vecchie edizioni, aggiungendo anche ingredienti nuovi. Dell’edizione degli anni ’70, per esempio, c’è la canzone di Consolazione (che negli anni ’90 cambiò parole); mentre della terza si riconosce la fine del primo atto e molte coreografie.
Ci sono delle novità curiose e ben accette, come il cardinale Consalvo che parla in latino, con mani e voci ipnotiche. Alcune, però, non si capiscono molto bene. Idea principale era cercare di rendere omaggio alle edizioni precedenti, per cui non si arriva a comprendere i tagli de ‘La ballata di San Crispino’ (che nel corso degli anni va sempre più accorciandosi) e anche alcuni sketch divertenti (come la richiesta originale del legname al sindaco dal balcone). Il taglio dello sketch degli animali nell’arca si può, giustificare con un discorso di costi: costumi importanti per un pezzo di meno di 5 minuti, che non cambia molto alla trama, sono sicuramente una spesa che si può tagliare.
Alcune novità vengono inserite anche nello spartito musicale. La canzone ‘Concerto per prete e campana‘, così come la commovente reprise di ‘L’amore secondo me‘, hanno dei versi aggiunti; mentre il finale della canzone del secondo atto ‘Clementina‘ ha, verso la fine, un curioso arrangiamento elettronico, che potrebbe non piacere ai ‘ben pensanti’, ma a mio avviso, non stona affatto. I tempi sono cambiati e, qualora non sia di cattivo gusto, non vedo perché no. In difesa di ciò c’è la scena del diluvio. Le luci e gli effetti scenici del temporale e l’acqua sotto l’arca, ben ci danno l’impressione apocalittica del momento.
A prendere parte all’opera ci sono attori che hanno già partecipato a trascorse edizioni.
Pensiamo a Enzo Garinei, per due volte nel ruolo del sindaco e ora nel ruolo della voce ‘che move il sol e l’altre stelle’; oppure Marco Simeoli, che nel 2010 interpretava Toto e ora lo vediamo nei panni del fastidioso Crispino.
Il Maestro Garinei ci stupisce con un Dio diverso dagli altri. Sia Garrone che Turi davano al Creatore, tramite la loro voce profonda bassa, un’autorevolezza quasi austera e rigida. Garinei, invece, dalla voce più anziana (ma ancora ben scandita) e più alta, ci mostra un Padre Eterno sì fiero, ma più buono. Anche Simeoli ci mostra un Crispino tutto suo. Lo caratterizza e prende spunto in piccolissime cose dalle trascorse edizioni (si pensi ‘all’apertura del consiglio comunale’ alla Panelli), ma non li imita né li copia o li ‘scimmiotta’. Il suo personaggio è divertente, forse un po’ troppo rapido, ma è tutto suo, per cui originale: applaudita la sua camminata per tornare dentro la statua del santo.
Il grande ritorno però è di Gianluca Guidi.
Oltre ad aver già interpretato Silvestro nel 2010, Guidi è anche figlio di Johnny Dorelli: è quindi figlio di questa commedia a tutti gli effetti. Per alcuni (voci da corridoio) il suo è un ‘don Silvestro troppo veloce” il quale “non c’entra niente con l’originale”. Devo dissentire. Non si può né si deve fare un paragone con le trascorse edizioni in tema di attori: l’interpretazione è personale. Si può criticare qualora non rendesse il suo carattere principale. Dorelli e Guidi sono parenti, ma i personaggi devono essere diversi, altrimenti si cadrebbe in una ridicola copia che umilierebbe l’odierno protagonista.
Guidi è a suo agio nella parte, proprio perché già conosciuta. Qualora la critica fatta fosse vera, bisogna contestualizzarla. La sua fretta non è dovuta solo ad una (possibile) emozione per via del coinvolgimento emotivo. Gestire un protagonista di 3 ore di spettacolo dove si canta e si balla (lui, al contrario di Dorelli, balla molto di più) non è facile. Proviamo poi a delineare il carattere del personaggio. Don Silvestro è un prete innamorato, che si trattiene per rispetto alla tonaca; con l’ansia di un secondo Diluvio alle porte, preparare un’arca e convincere il paese che non è un visionario: voi sareste calmi?
Altri attori invece si prodigano per la prima volta nelle vesti dei personaggi della commedia musicale.
Piero Di Blasio è un Toto divertente, ben ritmato e talentuoso. Francesca Nunzi è un’inedita Ortensia: fa strano vederla in una parte ‘comica’. Anche lei dà un tocco personale: è più sottomessa, meno pettegola, con una buona gestione vocale, sia nel canto che nella recitazione. Beatrice Arnera interpreta invece Clementina, forse l’unica che poco convince e trascina il pubblico.
Capitolo a parte merita Emy Bergamo nel ruolo di Consolazione.
Spesso e volentieri, il personaggio dell’eccentrica prostituta è dato ad una donna di una certa età, che non parla bene italiano. La Bergamo si distacca molto da questo stereotipo, non si sa se per volontà sua o registica. Già dalla sua entrata in scena capiamo che dà un tocco suo. Non si presenta in calze e cappellino. È provocante e fresca, capelli sciolti, lontana dall’idea della ‘nave scuola’.
Parla bene, in buona dizione, fuori dal dialetto. Nel canto ha una voce alta, lontana dai bassi di altre. È difficile capire se è dentro il personaggio o no, tanto esce dagli schemi.
Poi la si vede in altre scene. C’è, è a suo agio. Si diverte, le piace questo personaggio. Ormai nell’Olimpo della commedia musicale italiana (è la sua terzo copione di Garinei & Giovannini da protagonista, dopo Rugantino e Se il tempo fosse un gambero), può permettersi ciò che vuole. È l’unica che in ‘Una formica è solo una formica‘ si lascia prendere dall’entusiasmo, non teme il pubblico e canta convinta.
L’ensemble fa ciò che può. Ballerini e ballerine sono bravi, anche se parlano poco rispetto alle precedenti edizioni. Sono molti di meno di quanti dovrebbero essere: la causa, però, credo sia sempre dovuta ai costi. Gestire un intero spazio in pochi è molto difficile, quindi niente da dire.
Lo spettacolo c’è, contrariamente ai bigotti amanti del passato.
Lo dico da attore, che più volte ha interpretato il testo; e da critico. Lo spirito che vuole trasmetterci al finale arriva, il pubblico canta con il cast in uno spettacolo che ormai è diventato un ‘cult’ per il Teatro Italiano. I cambiamenti fanno parte della storia e sono imposti dalle esigenze: il teatro è da sempre un grande amico dei cambiamenti. Non giustifichiamo solo quelli ‘artistici’ di personaggi che si ritengono tali. Quella di Aggiungi un posto a tavola è una sfida enorme, specie in un periodo come questo. Come però, citando lo spettacolo, tante formiche smuovono le montagne; tanti artisti fanno uno Spettacolo, come quello in scena ora al Brancaccio.
Francesco Fario