Il Re Leone, amore a seconda vista

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Il Re Leone è uscito nel 1994, anno in cui io avevo sei anni. Di tutti i cartoni Disney è il primo originale, non ispirato a nessun’altra storia.

E sarà perché ero una bambina romantica a cui piacevano le principesse, ma non è stato mai il mio cartone preferito. L’ho visto poche volte (a differenza degli altri), ne ricordavo solo i punti salienti e di certo non smaniavo per rivederlo.

Ma quando ho visto il trailer del live action appena uscito al cinema qualcosa mi ha detto di andarlo a vedere. Forse una sensibilità diversa.

La sala ad agosto, in una Roma deserta e periferica, è gremita e anagraficamente eterogenea. Sin dalle prime note di Nants ingonyama (sì, si scrive così) tutti i cantano in sala e già ho paura che non riuscirò a godermi il film a causa dei commenti altrui, ma mi sbaglio.

https://www.youtube.com/watch?v=KpfeyYxO-nA

Emozionante dai primi 10 secondi grazie a grafica, musica e forse nostalgia, Il Re Leone conquista una seconda volta e, nel mio caso, forse mi conquista per la prima. Un amore a seconda vista, diciamo.

Tutti gli spettatori osservano attenti lo scorrere della storia: il piccolo Simba che viene ingannato da Scar, l’amicizia con Nala, la dolcezza del grande Mufasa, il re della foresta che proteggerebbe suo figlio ad ogni costo.

Ma in sala cala il silenzio, un silenzio diverso, non appena Simba si ritrova solo. La mandria degli gnu sta per arrivare: tutti già sappiamo cosa sta per succedere.

La morte di Mufasa è maestosa e sconvolgente: tra il pubblico si sentono respiri pesanti, sospiri profondi e singhiozzi. Tutto era già scritto e già visto, eppure, soffriamo tutti come se fosse la prima volta.

L’arrivo di Pumbaa e Timon ci consola, come consola il piccolo Simba divorato dai sensi di colpa. Hakuna Matata ci ha accompagnato negli ultimi vent’anni come una massima che non riusciamo mai a seguire, ma che forse rappresenta più che altro le figure dei due compagni del leoncino, gli amici (aka quelli che ti salvano).

Non a caso, proprio Pumbaa, il personaggio più comico, ha l’onore di introdurre nel film la menzione alla lotta contro il bullismo:

Mi hai chiamato trippone, chiede ad una iena. Posso accettare di lottare con le iene, ma il bullismo no. Lo afferma esplicitamente, ho colto e gradito.

Non è solo questa, naturalmente, l’unica sfumatura degna di nota in ambito più squisitamente antropologico. Il rapporto tra Mufasa e Simba, per quanto breve, è una summa di lezioni di vita importanti e sempre offerte con garbo.

Che la vita è cerchio, che l’equilibrio non è un idillio perfetto, che l’unico evento a cui siamo davvero destinati è essere noi stessi, nelle luci e nelle ombre, senza fuga che tenga.

Che poco importa alla fine se le stelle sono re che ci guardano da lontano, lucciole appiccicate a una cosa blu o masse gassose che bruciano a miliardi di chilometri di distanza. Comunque brillano, comunque illuminano, ci fanno compagnia, magari ci guidano pure ogni tanto, ricordandoci che tutto ciò che conosciamo davvero è l’ignoto a cui andiamo incontro ogni singolo giorno.

Da questa prospettiva passa totalmente in secondo piano l’assoluta incapacità di Marco Mengoni e di Elisa di doppiare un capolavoro assoluto, ma sono certa che con questa mossa la Disney si è guadagnata l’affetto (e non solo) di tutti i loro fan. Vedetelo in originale che c’è Beyoncé.

Alessia Pizzi

Laurea in Filologia Classica con specializzazione in studi di genere a Oxford, Giornalista Pubblicista, Consulente di Digital Marketing, ma soprattutto fondatrice di CulturaMente: sito nato per passione condivisa con una squadra meravigliosa che cresce (e mi fa crescere) ogni giorno!

2 Commenti

  1. Cara Alessia, sinceramente la versione con Elisa e Marco mi ha lasciato davvero senza parole. 2 grandissimi artisti che hanno regalato emozioni attraverso un capolavoro. L’assoluta incapacità di doppiare magari mi sembra veramente esagerato quindi non condivido per niente la tua recensione.

    • Caro Marco, grazie per il commento. Premesso che mi piacciono molto Mengoni ed Elisa come artisti, non ho trovato il doppiaggio di qualità (sia parlato che cantato). Sentendo la versione originale con Beyoncé mi sono sentita anche peggio. De gustibus! 🙂

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