Al cinema dal 12 settembre “E poi c’è Katherine” una commedia che mantiene ciò che promette: ridere e pensare con leggerezza alla contemporaneità.
La pellicola diretta da Nisha Ganatra è un simpatico spunto di riflessione sui disequilibri di genere in maniera ambivalente. L’incipit, infatti, enfatizza subito il forte personaggio interpretato dall’insuperabile Emma Thompson: Katherine Newberry.
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La leggendaria conduttrice di talk-show, Katherine Newberry, si trova a “combattere” e a farsi scudo con la propria armatura tirata su dall’esperienza in un mondo tipicamente maschilista.
È una donna che odia le altre donne, che si è fatta strada in un mondo prettamente maschile, quello televisivo, in cui riveste un ruolo di potere.
Il suo impero verrà (quasi) a crollare quando la presidentessa del network, dati alla mano, la metterà alla porta.
Gli ascolti crollano, il suo indice di gradimento cala a picco quindi l’iconica Katherine decide di ristabilire la parità di genere tra i suoi collaboratori, a modo suo. D’impulso prende la decisione di assumere una donna, una qualsiasi. Sarà li nel posto giusto al momento giusto Molly Patel (Mindy Kaling), una donna anche di colore e di origini indiane.
Molly è esperta dell’efficienza per un’industria chimica proveniente dalla periferia della Pensilvania, non ha nessuna esperienza nel mondo della televisione, e si ritroverà allo stesso tavolo come prima e unica donna all’interno del suo staff di autori.
Sia Ganatra che Kaling riconoscono l’ironia presente nel fatto che un film che esplora gli aspetti positivi dell’essere diversi all’interno di un ambiente lavorativo necessitasse in realtà di un cast prettamente maschile e bianco. “Mi è sempre piaciuta l’idea di lavorare con un cast molto vario, ma in questo caso non avrebbe rappresentato in modo realistico il mondo che volevamo mettere in scena”, spiega la regista. “Doveva emerge la mancanza di diversità, quindi serviva un cast abbastanza omogeneo. Mi ci è voluto un po’ per abituarmi all’idea. Però è decisamente veritiera come situazione, mi è capitato molto spesso di essere l’unica donna di colore sul set”.
Può una commedia essere fonte di riflessione con leggerezza? Penso proprio di sì.
Vanity Fair ha paragonato il personaggio di Katherine Newberry a Miranda Priestly. Difatti, in alcune scene l’eco delle citazioni del film Diavolo veste Prada sono assai evidenti. Ma la differenza sostanziale è che alla fine Katherine riesce a lavorare sulla fiducia e a rimettere in gioco il suo potenziale attraverso nuovi e “freschi” suggerimenti.
Molta intensità viene rivelata durante il film nelle scene in cui appare Jhon Lithgow.
Lithgow (Dexter – The Crown) interpreta Walter Laval, manager in pensione di comici di prima categoria. Egli è sposato con Katherine da prima che lei arrivasse alla conduzione del programma “Tonight”.
Grazie alla sua interpretazione riusciamo ad osservare la protagonista da un altro punto di vista. Un punto di osservazione che vuole rivelarne forse la sua vera natura.
Si può porre persino porre l’appunto su come il mestiere del comico, talvolta, a luci spente possa rivelare ben altro come nevrosi e depressione.
Perché parliamoci chiaro reggere la pressione delle aspettative, in questo caso, del pubblico può diventare davvero pesante.
Questa commedia è divertente perché è vera.
Alessia Aleo