Intervista alla regista dell’opera Manuela Tempesta
Disturbante. Questo il primo termine a cui si pensa ogni qualvolta sentiamo al telegiornale una storia di violenza sulle donne o la vediamo narrata all’interno delle tante trasmissioni che trattano questo triste fenomeno divenuto ormai quasi giornaliero.
Spesso la vera difficoltà però sta nel far provare la medesima sensazione anche quando queste vicende vengono portate sul piccolo o grande schermo. Perché il rischio di inciampare in un racconto banale e poco empatico è sempre dietro l’angolo.
Ma se dietro la macchina da presa c’è una donna sensibile, intelligente ed innamorata del suo lavoro non può che prendere vita un lavoro di qualità.
Lei è Manuela Tempesta regista del cortometraggio “Cristallo”, presentato al Torino Film Festival e finalista a Cortometraggi 2018, che abbiamo intervistato per parlare di questo importante lavoro e sviscerare insieme il caso delle violenze all’interno del mondo del cinema.
Come ha preso vita il progetto “Cristallo”?
L’idea di realizzare “Cristallo” è nata dalla profonda necessità – condivisa con Maria Zuccarelli, Responsabile della Comunicazione di Equilibra – di andare a scavare nei meandri della mente di chi esegue o di chi è vittima di un’aggressione in un rapporto di coppia.
Tra gli obiettivi c’era quello di sottolineare come la violenza maschile sulle donne assumesse molteplici forme e modalità. Sebbene la violenza fisica sia la più facile da riconoscere. Inoltre, sempre insieme a Maria Zuccarelli, volevamo richiamare l’attenzione sulla necessità di denunciare e intervenire quando si riconosce di aver subito mobbing o un’aggressione violenta.
Infine, volevamo aprire un dibattito per spiegare - attraverso “la visione” del cortometraggio e lo sviluppo di una consapevolezza – a quali conseguenze può portare una violenza fisica o psicologica.
L’unico modo di farlo era, appunto, quello di “mostrare” cosa può accadere nella vita di tutti i giorni attraverso la narrazione di una storia, e cercare di parlarne, soprattutto con i più giovani o con chi è vittima di determinate situazioni.
A questo proposito, ci tengo a sottolineare che il cortometraggio è usato anche come strumento didattico all’interno del progetto “A scuola di rispetto”, promosso sempre da Equilibra, che si propone di combattere la violenza sulle donne partendo dall’educazione dei più giovani, ovvero dei ragazzi che frequentano le scuole medie e superiori, con incontri teorici e pratici nelle aule scolastiche, supportati da psicologi esperti e da insegnanti di arti marziali che insegnano le tecniche di autodifesa.
L’obiettivo principale è quello di preparare i futuri uomini e donne – oggi bombardati più che mai da messaggi e comportamenti volenti- alla Cultura del Rispetto, ma soprattutto a riconoscere i segnali della violenza e a difendersi (quando inevitabile) rivolgendosi alla giusta istituzione, con la piena consapevolezza dei propri diritti.
Quale linea narrativa hai adottato per trattare un argomento molto delicato e troppe volte sottoposto agli spettatori in maniera poco adeguata?
“Cristallo” racconta la storia di due donne: Elena (interpretata da Daphne Scoccia) e la Dottoressa Sofia (interpretata da Giglia Marra) come se fossero due specchi, due sentieri tortuosi che s’intrecciano, per caso, in un Pronto Soccorso, dove le piccole coincidenze strutturano la trama attraverso un viaggio visionario.
Elena è stata aggredita dal suo compagno (interpretato da Simone Amato) ma non ha il coraggio di confessarlo, Sofia lo capisce e prova ad aiutarla…Ma, in realtà, anche Sofia nasconde un segreto, legato proprio ad una situazione di violenza subita tempo prima da un “uomo nero” (interpretato da Giovanni Maria Buzzatti) e che Sofia non riesce a dimenticare.
Attraverso questo cortometraggio volevo mostrare che esiste una strada per uscire da situazioni di violenza, ma occorre trovare il coraggio di denunciare. Infatti, sono ancora troppo poche le donne che decidono di denunciare gli abusi alle autorità competenti.
Dalla survey emerge che solo il 14% ha denunciato alla polizia l’episodio di violenza più grave subito dal partner, percentuale che scende per i casi in cui l’aggressore non era il partner al 13%. In Italia i dati sono del 10% e 13%.
I motivi di questa reticenza sono quasi sempre dovuti ad un senso di vergogna e di imbarazzo. Infatti, le donne che subiscono violenza vivono in simbiosi con un forte disagio psicologico e con la paura delle conseguenze di un’ipotetica denuncia. Di queste “catene”, occorre liberarsi.
Su quale aspetto hai deciso di puntare per riuscire a sensibilizzare le giovani generazioni su questa tematica?
Un meccanismo di riconoscimento nei personaggi e la cura meticolosa della scrittura, così come messa in scena, di una storia che potrebbe capitare a chiunque. Ho avuto anche l’apporto e la collaborazione di artisti importanti che hanno creduto in questo progetto, come Daphne Scoccia (la protagonista del film “Fiore”) ed Ermal Meta, che mi ha permesso di utilizzare la canzone “Vietato Morire”, e Louis Siciliano, che ha realizzato il resto delle musiche.
E poi ho avuto l’onore di collaborare per un giorno con Daniele Ciprì, che ha curato parte della fotografia, ma anche con Erika Manoni, una montatrice che stimo tantissimo, così come stimo Chiara Bondì e Miriam Rizzo, amiche e compagne di lavoro davvero preziose, grandi professioniste.
Un altro aspetto fondamentale è stata la scelta del cast. Oltre a Daphne Scoccia, ho avuto il piacere di lavorare con le bravissime Giglia Marra ed Eleonora Cadeddu, ma anche con Simone Amato (protagonista maschile del corto) e Giovanni Maria Buzzatti, tutti molto sensibili verso il tema della violenza.
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Cristallo_TRAILER from Manuela Tempesta on Vimeo.
Pensi che le istituzioni stiano facendo abbastanza contro questo terribile fenomeno?
Sono d’accordo con chi sostiene che “la violenza sulle donne è una sconfitta per tutti” e che occorre creare un sistema di sostegno fra istituzioni scolastiche, politiche e sociali, in modo tale da non fare sentire più sole le donne in difficoltà.
Purtroppo la violenza sulle donne è un fenomeno costantemente in crescita, anno dopo anno. Dal 2000 ad oggi sono state uccise circa tremila donne. Nel 2016 ci sono stati 121 femminicidi. Se guardiamo alle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza, capiamo che il fenomeno è in aumento e che le violenze perpetrate sono, soprattutto, di tipo fisico, economico, psicologico.
In Italia ci sono circa 11 stupri al giorno, le violenze sessuali sono più di duemila l’anno e il responsabile dei maltrattamenti, nel 58% dei casi, è il partner; nel 20% è l’ex partner. Un dato terribile e agghiacciante.
E’ molto importante fare prevenzione nelle scuole e lavorare su una rete di supporto sociale, cercando di “salvaguardare la dignità delle donne”, “creando una vera e propria coscienza” verso un fenomeno che è, davvero, trasversale a tutte le classi e a tutte le età.
Credo che negli ultimi anni, anche grazie ai fondi dell’Unione Europea e alle Regioni, qualche passo in avanti sia stato fatto, almeno per cercare d’informare e di arginare il problema.
Le proposte e le azioni dei centri antiviolenza, delle associazioni e dei progetti nelle scuole sono stati significativi, ma resta ancora molta strada da fare per tamponare una piaga sociale così dolorosa.
Quali azioni credi necessarie per educare ad amare in modo sano?
Oggi che la “famiglia tradizionale” è fortemente disgregata e continua ad attraversare una crisi profonda, credo che la scuola e le istituzioni pubbliche possano fare molto a questo proposito, attraverso non solo l’educazione ma, soprattutto, la trasmissione di tanti valori che mancano o faticano a trovare posto nella società odierna, come il rispetto, l’ascolto, la comprensione, la solidarietà e il sostegno al proprio compagno o compagna.
Nel mondo del cinema la regia “al femminile” subisce il potere della fortissima presenza maschile. Ti è capitato di incontrare difficoltà durante il tuo percorso artistico?
Sì, molte volte. Ho trovato tante porte chiuse, nonostante avessi i titoli per svolgere un determinato lavoro. Ho sempre portato a casa numerosi risultati per i progetti che ho scritto, compresi diversi premi e candidature ai Nastri d’Argento o ai David di Donatello, ma chi agisce scorrettamente, con prepotenza ed arroganza, privilegiando amici, parenti o amanti, è sempre dietro l’angolo.
C’è stato qualche uomo che ti ha “consigliato” di cambiare mestiere?
No, nessuno. Sono sempre stata molto determinata e ho studiato a lungo per poter intraprendere questa professione. Ho sempre amato profondamente scrivere e girare, ho fatto grandi sacrifici per riuscire in questo mestiere, quindi, anche se ci avessero provato, non ci sarebbero riusciti.
Recentemente, le donne del cinema italiano hanno firmato il manifesto “Dissenso Comune” contro le molestie fisiche e psicologiche in campo lavorativo. Come ti poni rispetto alla situazione che si è venuta a creare in questo momento storico?
Credo che sia giusto trovare la forza di denunciare e raccontare tutto alla magistratura. Ho saputo che dopo le denunce fatte da attrici e star dello show business, molte donne sono andate a denunciare le molestie subite. Sono testimonianze importanti, che hanno innescato una catena di altre denunce. La violenza non va mai sottovalutata né ignorata.
Secondo te cosa ostacola le attrici italiane a schierarsi completamente come avvenuto per il movimento americano “Times’s Up”?
Forse la paura di essere inserite nelle liste “di chi è contro” e quindi non essere più chiamate a lavorare in certi circuiti. Spero che tutto cambi.
Cosa riserva il futuro per Manuela Tempesta?
Tanti bei documentari dai temi sociali e spero, finalmente, la realizzazione di un nuovo film a cui sto lavorando da un po’ di tempo.
Maria Giovanna Tarullo