“Pensa alla grande, sii ottimista! Non dare mai segni di debolezza, mira sempre dritto alla gola. Compra a poco e vendi a molto. La paura è un problema che non ti riguarda!”
Titolo originale: Trading places
Regia: John Landis
Soggetto e sceneggiatura: Timothy Harris, Herschel Weingrod
Cast principale: Dan Aykroyd, Eddie Murphy, Jamie Lee Curtis, Ralph Bellamy, Don Ameche, Denholm Elliot, James Belushi
Nazione: USA
Anno: 1983
“Una poltrona per due” è ormai un film cult di Natale, grazie alla tradizionale programmazione della Vigilia di Italia1.
Alzi la mano chi non ha mai visto “Una poltrona per due” la sera del 24 dicembre su Italia1!. Credo che almeno una scena o pochi minuti di film li abbiamo visti tutti.
E se i primi anni ci chiedevamo scocciati perché Mediaset avesse così poca fantasia da trasmettere sempre lo stesso film trito e ritrito, nella stessa prima serata della Vigilia, oggi forse (soprattutto in questo strano Natale del 2020) ci rassicura constatare che alcuni piccoli riti collettivi restino intatti.
E anche quest’anno chi vorrà potrà rivedere “Un poltrona per due” lo stesso giorno, alla stessa ora, sullo stesso canale.
Ma “Una poltrona per due” è un classico di Natale, non solo per la sua collocazione nel palinsesto televisivo italiano, ma anche a causa della trama e dell’ambientazione.
Le vicende del film di John Landis, girato nel pieno degli anni ’80, si svolgono nei giorni che precedono il Natale. Siamo in una nevosa Filadelfia piena di addobbi, per poi spostarci nel finale nella New York di Wall Street.
Due miliardari avidi e tirchi, i fratelli Randolph e Mortimer Duke (rispettivamente, Ralph Bellamy e Don Ameche) fanno una crudele scommessa, partendo da un assunto sociologico. La premessa è che sono le condizioni socio-economiche di partenza a fare di un uomo una persona per bene e di successo, non le sue qualità. La scommessa, quindi, è quella di scambiare i ruoli tra il loro ricco dipendente, l’agente di borsa Louis Winthorpe III (Dan Aykroyd) e il povero mendicante truffatore Billie Ray Valentine (Eddie Murphy). Il mendicante può trasformarsi in un uomo rispettabile mago della finanza? E un uomo onesto può diventare un miserabile pronto a tutto se le condizioni di partenza si capovolgono?
La trama di “Una poltrona per due” si ispira ad un autore classico della letteratura americana.
Lo spunto per il soggetto e la sceneggiatura di Timothy Harris e Herschel Weingrod sono due opere di Mark Twain: da un lato il romanzo “Il principe e il povero”, dove avviene lo stesso tipo di scambio; dall’altro il racconto “La banconota da un milione di sterline”.
Titolo originale e titolo italiano, per una volta, riescono a richiamare bene il senso del film.
Il titolo originale, infatti, “Trading places”, è un gioco di parole dal doppio significato.
Da un lato, il trading place è il luogo di scambio e indica il mercato finanziario, la borsa ed è in quel contesto che il film è ambientato. Dall’altro, “to trade places” significa scambiarsi di posto ed è ciò che fanno, involontariamente, i due protagonisti.
Louis è un bianco wasp genio della finanza e sta facendo guadagnare molti soldi ai fratelli Duke. Inoltre, sta per sposare la loro nipote Penelope. Vive in una casa lussuosa, coccolato dal maggiordomo Coleman (Denholm Elliot), a spese dei datori di lavoro. È a un passo dalla felicità e dalla piena realizzazione.
Billie Ray, invece, è un nero, povero, che mendica per strada fingendosi invalido. I Duke fanno arrestare per droga Louis, lo licenziano e lo cacciano da casa. Al suo posto collocheranno Billie Ray, che in effetti si rivelerà altrettanto bravo con le questioni finanziarie.
Il cast di “Una poltrona per due” è formato da attori in grande ascesa all’epoca della sua produzione, ben diretti da John Landis.
Ci piace citare Morandini che trovava che questo film avesse più astuzia che intelligenza. Ma riconosceva a John Landis di essere stato efficace. “Lo sfondo urbano di Filadelfia è strepitoso, la direzione degli attori è infallibile, anche nelle parti di contorno”, scriveva il noto critico.
Il cast funziona, infatti, molto bene.
Dan Aykroyd era già famoso (pensiamo solo a “The blues brothers” uscito nel 1980), ma Eddie Murphy era ad inizio carriera e con questo film la sua risata entrerà nell’Olimpo della Hollywood degli anni ‘80. Jamie Lee Curtis esordiva nel suo primo ruolo brillante, dopo anni da attrice con Carpenter e nei film di genere thriller ed horror, tanto da essere una tra le più famose “Scary Queen”. Infatti, fu molto difficile convincerla ad interpretare Ophelia, la prostituta che aiuta Louis a riprendersi la sua vita, seppure in cambio di denaro per cambiare la propria (“Sto solo proteggendo il mio investimento”).
L’abilità di Landis in questo film gli consente di allontanarsi dal filone strettamente demenziale dei film precedenti (comunque, capolavori del genere), mantenendo dei punti fermi e alzando un po’ il livello dei riferimenti culturali.
Da un lato, questo film contiene una costante delle opere di John Landis: la lotta contro l’autorità e il potere. In The Blues Brothers c’è la banda, in Animal House c’è il clan Delta Tau Kai. Qui, c’è questa coppia di ricchi convinti di poter decidere della vita altrui ed essere intoccabili.
Dall’altro, a parte l’ispirazione letteraria, anche la scelta della colonna sonora mira verso l’alto. Le prime scene descrivono i due volti di Filadelfia, quello dell’abbondanza e quello della povertà, sulle note de “Le nozze di Figaro” di Mozart.
Una commedia brillante con dei temi sottesi. Ma è una favola di Natale?
“Una poltrona per due” è una commedia e fa ridere, ma non mancano le stoccate al classismo e al razzismo. Il film è intriso di battute e frasi razziste e Valentine viene senza mezzi termini apostrofato come “sporco negro” da uno dei fratelli Duke.
È una critica al capitalismo cinico e senza scrupoli, ad una società basata su privilegi di classe che si tramandano da generazioni:
“C’è sempre stato un Duke sul mercato. Lo abbiamo fondato noi il mercato! Non può mandarci via dal mercato”.
Ma “Una poltrona per due” è una favola di Natale, secondo qualcuno addirittura alla Frank Capra, non fosse altro che per essere ambientato a Natale. Inoltre, ad un certo punto i due sfortunati antagonisti, il nero povero manipolato e il bianco ricco caduto in disgrazia, si coalizzano per vendicarsi dei Duke che li hanno usati come cavie per una scommessa (“Il modo migliore per far soffrire una persona ricca è farla diventare una persona povera”). Quindi, in un certo senso è un film dove i “buoni” hanno il loro riscatto e i “cattivi” la loro punizione.
La riprova che questo film sia un cult si trova addirittura in una legge americana. I protagonisti, per danneggiare i Duke, mettono in atto una forma di insider trading, speculando alla borsa di Wall Street sulla base di informazioni non pubbliche. Addirittura usano fonti governative riservate. Questa pratica non era illegale nel 1983, quando fu pensato e girato il film. Ma lo divenne nel 2010, con una legge a cui ci si riferisce talvolta come “Eddie Murphy Rule”, proprio perché è quello che fa il personaggio di Valentine insieme a Winthertop.
3 motivi per guardarlo:
- perché è ormai diventata una piccola tradizione della vigilia di Natale;
- per la scena di Dan Aykroyd ubriaco vestito da Babbo Natale;
- perché è un film tipico del cinema anni ‘80.
Quando vedere il film:
ovviamente la vigilia di Natale, oppure nei giorni immediatamente successivi.
Stefania Fiducia
E a proposito di film dall’atmosfera natalizia, avete già letto il precedente articolo del cineforum su “Il diario di Bridget Jones”?