Il racconto di Vincent Van Gogh che ha fatto Patrizia Genovesi è una storia ricca di emozioni e d’avventura.
È stato particolare pensare che, durante il terremoto del 20 ottobre 2016, noi al Teatro Palladium di Roma eravamo protetti dal racconto sublime ed appassionante sulla vita e sull’arte di Vincent Van Gogh di Patrizia Genovesi.
Essendo figlio di Theodorus Van Gogh, pastore calvinista, il giovane Vincent voleva andare in missione.
Importante per lui fu lo zio Vincent, mercante d’antiquariato. Ma quell’attività fu un per lui un insuccesso. Lui creò circa 900 quadri e 1000 disegni e vendette una sola opera.
Ma la sua pittura ancora oggi ci affascina per l’uso della luce. Egli assorbì le tecniche più all’avanguardia come il puntinismo e la classificazione dei colori di Boogert.
Il racconto è andato avanti attraverso il paragone con gli Impressionisti, i quali lavoravano en plein air e riuscivano a catturare i vari colori attraverso la fotografia ma per Van Gogh conta la realtà.
Per le sue opere usa una pasta di grana grossa che dà degli accenti luminosi molto forti. Per i disegni usa la griglia di Albrecht Dürer, e strumenti come il gessetto italiano e la matita da carpentiere.
Ma la sua è una vita tormentata. La sua arte, quando egli è in vita, non verrà mai capita. Si stabilisce ad Arles nel 1886 ed i pochi rapporti umani che rimangono sono quelli con l’amico Paul Gauguin ed il fratello Théo, ma riesce sempre a trovare uno spunto vitale, una forza incredibile nelle sue opere come il Ramo di un mandorlo fiorito (1890) dedicato al nipote Vincent.
© Van Gogh Museum
Passa gli ultimi anni della sua vita con una prostituta malata di vaiolo, ma lui vive per la sua arte fin alla morte che lo incontrerà tramite un colpo di pistola il 26 luglio 1890 a Auvers-sur-Oise.
Johanna Bonger, la moglie di Théo, raccolse le loro lettere e creò una fondazione.
L’emozionante racconto di Patrizia Genovesi si è trasformato in un’avventura alla scoperta di quest’artista, ma del resto, come disse lui stesso, “Non vivo per me, ma per la generazione futura”.
Marco Rossi