“Inedita”. Vivian Maier in mostra ai Musei Reali di Torino

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Foto di Angela Paduos per CulturaMente

Dal 9 febbraio 2022, le Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino ospitano la mostra di Vivian Maier (1926-2009), una delle massime esponenti della cosiddetta street photography.

Come si intuisce dal titolo “Inedita”, l’esposizione che giunge in Italia dopo una prima tappa al Musée du Luxembourg di Parigi (15 settembre 2021 – 16 gennaio 2022), racconta aspetti sconosciuti o poco noti della misteriosa vicenda umana e artistica di Vivian Maier.

Approfondisce nuovi capitoli o propone lavori finora inediti, come gli scatti realizzati durante il suo viaggio tra Torino e Genova, nell’estate del 1959. L’ artista è nota sulla scena internazionale a partire dal 2007 anno in cui il suo corpus fotografico è stato scoperto a pochi anni dalla morte, avvenuta nel 2009. 

L’esposizione è composta da oltre 250 scatti che narrano principalmente la strada e la città (Chicago) in cui viveva, raccontando la vita che animava i quartieri popolari e documentando i cambiamenti sociali del proprio tempo. 

Sguardi, gesti, espressioni, colori e infanzia si intrecciano nel percorso espositivo. 

La mostra, curata da Anne Morin, è organizzata da diChroma photography in collaborazione con i Musei Reali e la società Ares di Torino, la John Maloof Collection di Chicago e la Howard Greenberg Gallery di New York.

L’esposizione è sostenuta da Women In Motion, un programma di Kering per evidenziare il ruolo delle donne nelle arti e nella cultura.

Foto di Angela Paduos per CulturaMente

La vita

Il percorso di Vivian Maier, sebbene atipico, è quella di una delle più grandi fotografe del XX secolo. Nata a New York nel 1926 e trasferita in Francia con la madre, in seguito alla separazione dei suoi genitori, rientrerà nella città natia nel 1938.

Dai 1951 in poi lavorerà sempre come tata e vivrà nelle abitazioni dei suoi datori di lavoro e con il suo primo stipendio acquisterà la sua prima Rolleiflex.

Nel 1956 si trasferirà per sempre a Chicago entrando in servizio presso la famiglia Gensburg e prendendosi cura dei tre figli: John, Lane e Matthew.

Durante la sua vita viaggerà tanto: Canada, Egitto, Yemen, Italia, Thailandia e ancora Francia e nel mentre subirà il lutto della madre e del fratello (morto in un ospedale psichiatrico).

Verso la fine degli anni novanta, i figli della famiglia Gensburg la ritroveranno ridotta in miseria e si prenderanno cura di lei anche finanziariamente.

Morirà nel 2009 in una casa di riposo.

Dopo la sua morte 

Verso la fine del 2007, John Maloof, un agente immobiliare di 25 anni, alla ricerca di fotografie per illustrare un libro di storia locale, acquista all’asta una parte dei beni di una persona sconosciuta, comprendete una gran quantità di fotografie, pellicole e negativi.

In quegli scatoloni Maloof scopre, su una busta, il nome di Maier e, cercando su internet, tramite qualche annuncio funebre, riesce a risalire ai fratelli Gensburg con i quali ricostruirà la storia della fotografa.

Nel 2011 Maloof organizza la sua prima mostra di fotografie a Chicago “Finding Vivian Maier” producendone anche un documentario che la renderà famosa al mondo.

Foto di Angela Paduos per CulturaMente

La mostra di Torino ai Musei Reali (2022)

Il percorso di Vivina Maier, sebbene atipico, è quella di una delle più grandi fotografe del XX secolo.

La mostra visitata rappresenta una delle più complete con oltre 250 scatti realizzati tra il 1950 e il finire degli anni ’80.

Il suo linguaggio fotografico unisce la fotografia umanista che deve probabilmente alle sue origini francesi e la Street Photography americana che rappresenta la sua cultura visiva. Attraverso gesti, dettagli, cronache, autoritratti, ritratti, Maier ci restituisce il quadro preciso della sua epoca. Un tessuto urbano osservato, studiato meticolosamente che riflette i grandi cambiamenti sociali e politici della sua storia.

Sono gli anni del sogno americano e della modernità sovraesposta in cui la Maier si inserisce creando un linguaggio visivo ricco e dettagliato.

Gli autoritratti della Maier attraversano tutte le sue opere tra le quali appare la sua dirompente necessità di manifestarsi attraverso diverse tecniche: disegno dell’ombra, il riflesso, il profilo proiettato, l’immagine nell’immagine e molte altre. Un’affermazione chiara e innegabile che il soggetto dell’immagine è proprio l’autoritratto in cui la Maier affronta se stessa quasi a invitare lo spettatore ad una specie di caccia al tesoro.

La sezione della mostra che racchiude la maggior parte degli scatti è quella dedicata alla strada. Per chiunque si sa, la strada favorisce l’osservazione diventando un palcoscenico che ti travolge.

Vivian Maier ripercorre quelle strade e quei quartieri immortalando attimi e dettagli dove ogni passante diventa attore e recita un ruolo a sua insaputa. Le scene che fotografa sono spesso aneddoti, coincidenze, attimi colti al volo che rientrano in quella geografia umana diventando soggetto di attenzione. L’ordinario così diventa, agli occhi dello spettatore, lo straordinario.

Gli scatti fotografici realizzati durante il viaggio in Italia, presentati per la prima volta a questa mostra, restituiscono allo spettatore l’Italia della “Dolce Vita”, del boom economico e delle bellezze culturali presenti tra Torino e Genova.

La mia totale attenzione è stata catturata dagli scatti che raccontano Segni. Le immagini che racchiudono questo capitolo arrivano al limite estremo della narrazione. Vivian Maier fa dei primi piani sui soggetti, sugli oggetti, sui dettagli con una intensità che talvolta fa perdere identità stessa. 

Mi chiedo se il suo lavoro l’abbia influenzata perché è la stessa capacità che hanno i bambini di guardare così nel minuscolo e di notare quel particolare che da senso a tutta la storia che c’è dietro lasciandoti immaginare un racconto che forse non è mai esistito. E dopo i dettagli, la Maier si interessa agli individui che si collocano in uno spazio-tempo sospeso creando un inventario di gesti nascosti. Protagoniste di questi scatti sono le mani alle quali viene attribuita un’ identità diversa con una storia in divenire.

L’infanzia ha rappresentato per Maier, ma non solo, il luogo delle immaginazioni, il posto dove la realtà lascia spazio alla fantasia. Grazie al suo lavoro di bambinaia, ha potuto anche lei guardare il mondo con i loro occhi e capire e immortalare la continua scoperta e stupore difronte alle cose che accadono.

La Maier documentava anche i volti dei bambini di cui si occupava: le espressioni, le miniature, i giochi di ruolo, gli occhi, le mani quasi a raccontare esattamente cosa stesse succedendo e cosa stessero provando.

Nel corso della sua vita, la Maier era solita per strada fermare le persone per fotografarle. I suoi ritratti parlano di povertà, di stanchezza, di marginalità, di sofferenza. 

Insomma, di tutto ciò che il “sogno americano” non raccontava. Una raccolta impassibile e austera dettata dall’immediatezza dello scatto che non dava spazio alla messa in scena dello nascondere ciò che si era.

Agli inizi degli anni sessanta cambia il suo modo di fotografare. La Maier inizia a giocare con il movimento e crea delle vere e proprie sequenze di film. Gira con la sua cinepresa Super 8 documentando tutto quello che passa davanti ai suoi occhi senza filtri.

Perché vedere la mostra

Si sa, a noi Spacciatori di Cultura piace scrivere di fotografia, l’abbiamo fatto anche con l’ultimo articolo di Cristian sulla mostra World Press Photo Exhibition. Alcuni fotografi aprono finestre sul mondo e ci permettono di vivere storie e epoche che non ci appartengono, di sentire il calore delle mani in uno scatto o gli occhi di un bambino che sorride, ci permettono di provare il dolore di una guerra o il profumo di un fiore.

Ed è quello che ha fatto la Maie nella sua vita: donarci pezzi della sua vita.

“Vivian Maier –  sottolinea Anne Morin– è una fotografa amatoriale che cerca nella fotografia uno spazio di libertà”.

Francesca Sorge

Le immagini contenute nell’articolo sono a cura di Angela Paduos per CulturaMente.

Francesca Sorge
Educatrice, 37 anni, pugliese di nascita ma milanese di adozione. Appassionata di musica, fotografia e lettura.

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