Sabaudia e San Felice Circeo, in bilico tra suggestioni e storie

Sabaudia e San Felice Circeo

La prima volta che ho messo piede nella recente Sabaudia ho avuto l’impressione che qualcosa mi sfuggisse. Come se qualcosa nell’aria fosse rimasto fermo a qualche tempo fa, come se gli anni Duemila non fossero mai scoccati: una sorta di nota particolare, che non riuscivo a sentire bene. Le mura bianche, la sabbia fine che si estende per chilometri, l’acqua chiara, immacolata, le dune coperte di vegetazione, e, alle spalle, il parco nazionale.

Da lontano, sulla soglia dell’orizzonte, il monte Circeo. E c’è chi dice che, a ben guardare, nel profilo del monte si scorga un volto: quello della maga Circe. Secondo gli antichi racconti di Omero, fu qui che Ulisse sbarcò, attirato dal fumo che proveniva dalla dimora della maga, figlia del sole. Sinistra la descrizione che ne da anche Virgilio: la casa della dea sembra circondata una vegetazione abbondante, che dietro la sua rigogliosità custodisce il suo colore più inquietante. Il più grande poeta romano ci dà anche interessanti suggestioni uditive: nel silenzio innaturale della notte, si sentono solo i ruggiti delle bestie e lo strumento a corde che Circe suona. Il picco più alto della montagna porta ancora il suo nome: qui, un tempo, si ergeva un tempio col suo nome, ora ridotto a semplice basamento.

Il borgo di San Felice, gioiello medievale

Del suggestivo borgo di San Felice, arroccato come un gioiello sul promontorio, la storia è lacunosa. La lacuna corrisponde al periodo delle invasioni barbare: non è difficile pensare che, in un modo o nell’altro, lui così vicino al mare, sia stato protagonista delle scorrerie degli uomini del Nord.

In ogni caso, il borgo divenne nel XII secolo, dopo una breve incursione dei Normanni, il feudo della famiglia dei Frangipane. Antica famiglia baronale, il nome dei Frangipane, con qualche variazione di grafia, compare in un placito riguardo l’abbazia di Farfa già nella seconda metà dell’anno mille, segno innegabile che la famiglia esisteva da almeno un secolo e, da almeno un secolo, aveva qualche posizione di potere.

Non ebbero bandiera unica e, pur di mantenere il predominio di Roma, cosa che gli riuscì a fasi alterne, si appoggiarono ora al papa ora all’imperatore. Quando arrivarono alla rocca di San felice promisero al papa la difesa del territorio.

Un luogo di Templari

Nel periodo delle contese successive tra papato e impero, quando Federico II ordinò, a seguito della scomunica, l’attacco ai territori pontifici, il papa chiese l’aiuto dei templari. Questi, già insediati nella chiesetta di S.Maria della Sorresca , ripresero in mano la rocca circea, cambiando il suo nome in latino. La loro presenza nel periodo non fu stabile ma fu di fondamentale importanza per l’assetto urbanistico del territorio, ancor oggi visibile. Questi fondarono il convento- dove oggi si trovano le vigne di uno dei vini più pregiati del lazio- e la torre che svetta sulla piazza principale.

La loro permanenza si concluse nel 1259. La data è certa: è ancora in nostro possesso l’atto notarile di cessione della rocca e della chiesa di S. Maria. E’ siglato Pietro Fernardi, il frate a capo delle milizie templari in Italia. La donazione è a vantaggio dell’allora segretario e notaio del pontefice. Concluso questo periodo, nella storia di San Felice confluirono le vicende molto più note dei Caetani, che mantennero la reggenza per circa quattro secoli.

Sabaudia, le spiagge bianche di Alberto Moravia

Chi abbia letto i romanzi del Moravia, saprà riconoscere negli ambienti di Sabaudia qualcosa che condizionò lo scrittore. E se è vero che il famoso romanzo, “Agostino”, è ambientato in Versilia, è pur vero che mai lo scrittore fece segreto dell’amore che lo univa a questi luoghi.

In un racconto che Enzo Siciliano fa il 2 Agosto del 1994 su “Repubblica”, parlando di come, dagli anni ’50 a Sabaudia attori, registi, scrittori, si trovassero riuniti quasi spontaneamente, non manca di sottolineare come Moravia dicesse, passando d’inverno, al bivio di Sabaudia, che ci sarebbe voluto tornare, presto o tardi. (Per leggere l’intervista completa, qui)

In effetti, i luoghi di Moravia sono ancora molti, e ancora parlano di lui. In primis, la maestosa Villa Volpi, che si erge sfarzosissima vecchio stile in un lungomare pieno di case sfarzose in stile nuovo. E se ancora oggi l’abitazione ci sorprende, immaginiamo che figura dovesse fare prima dell’inferno edilizio che si è abbattuto sul lungomare a partire dagli anni Settanta. Ma torniamo alla villa: fu fatta costruire per volontà della moglie di Volpi, negli anni sessanta. La villa unisce suggestioni oniriche a quelle classiche dell’ampio colonnato.

Non solo Villa volpi, ma anche Saporetti, il lido che ancora oggi è uno dei più in voga a Sabaudia, dove lo scrittore amava fermarsi a pranzo.

Ad oggi la città è stata espressamente dedicata ad Alberto Moravia.

Serena Garofalo

Serena Garofalo
Figlia di Partenope e degli anni 2000, scribacchina ambulante, studentessa di Lettere per folle amore.

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