Le parole per dirlo: Noemi Gherrero e la sfida culturale di RaiTre (Intervista)

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Mai un Secolo ha visto tanta scrittura: pensate alle chat, ai social network. Diari segreti scelleratamente pubblici, con un lessico che è un mix tra l’inglese, il dialetto regionale e le abbreviazioni usate per “fare prima”. In questa staffetta per raggiungere non si sa quale traguardo il mondo è diventato un covo di tuttologi che devono avere sempre l’ultima parola, o bianca o nera, sulla correttezza o meno di un gesto o di una parola. Certa televisione non fa altro che alimentare questa tendenza alla frammentazione, al “molto rumore per nulla”, ma ci sono alcuni programmi che invece ancora si pongono la sfida di fare cultura e di portare all’attenzione degli italiani una delle cose che con più difficoltà hanno conquistato nei secoli: l’idioma nazionale.

Le parole per dirlo allieta la colazione della domenica, per usare le parole della sua conduttrice Noemi Gherrero. Arrivato alla seconda edizione, in onda alle 10.20 su RaiTre, il programma vanta la presenza in studio di Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, due celebri linguisti che insegnano presso La Sapienza di Roma e che ho avuto il piacere di incontrare durante il mio percorso universitario. Inutile dirvi che la linguistica è materia di accademia che raramente ho visto uscire fuori dai dipartimenti: il bello di questo programma è la possibilità di dialogare con degli esperti in materia e molti ospiti per commentare gli usi linguistici quotidiani, il gergo giovanile, il parlato dei bambini e tutta la fluidità di una lingua costantemente in divenire. Noi Spacciatori di Cultura non potevamo assolutamente privarci di un trip con Noemi Gherrero!

1Noemi, cosa vuol dire portare in tv un programma sulla lingua oggi?

Inizialmente è stata una sfida, perché il programma è nuovo: è nato come me e con questo gruppo. C’era un po’ di ansia da aspettativa, però nel corso del tempo ha preso una piega positiva, e oggi mi sento di dirti che siamo soddisfatti: c’è tanta gente che ha voglia di conoscere e di approfondire, non ha voglia solo di paparazzate. Molti ci seguono anche su RayPlay e sui Social Network, oltre che la domenica mattina.

2E per la tua carriera, invece, che significato ha?

“Chi è questa qua che conduce un programma di cultura?” Sarebbero potute uscire molte polemiche su questo tema perché io vengo dal mondo del teatro e del cinema. Ma la televisione mi ha fatto capire che è molto bello riuscire a stabilire dei rapporti di reciprocità, di risposta e di confronto immediati. Sono contenta di fare questo tipo di programma perché ti dà realmente la possibilità di mandare un messaggio alle persone.

3Portare un tema accademico come la linguistica nella televisioni di oggi è davvero una sfida.

La nostra volontà è cercare di porre all’attenzione qualcosa di attuale: nella seconda stagione non ci concentriamo solo sulla storia della lingua, ma intervistiamo anche le persone per strada sulle regole grammaticali. Questo non solo per capire il livello medio, ma soprattutto per stimolare la ricerca personale. Bisogna alimentare la curiosità su qualcosa che è nostro. La nostra lingua è stuprata in tutti i modi, basta leggere alcuni titoli di giornale, ma più di tutto ci stiamo dimenticando anche una corretta comunicazione. Non sono solo le parole che usi ma anche come le usi. Ti basta guardare un talk show, dove tutti parlano trenta secondi e non approfondiscono niente perché si parlano tutti sopra.

4Da un lato c’è curiosità per la lingua, basta vedere il successo dell’Accademia della Crusca sui Social, mentre dall’altro c’è una forte rigidità, basti pensare alle problematiche della lingua declinata al femminile. Manca il dubbio in questa lotta tra bianco e nero, ma un programma come questo rende elastico il pensiero, no?

Oggi è tutto un po’ appiattito, c’è bisogno di schierarsi a tutti i costi. La declinazione femminile è un buon interrogativo: la professoressa Della Valle di recente ha spiegato che sulla Treccani si declina il nome prima al femminile e poi al maschile semplicemente perché la lettera “a” viene prima della “o”. Con questa osservazione non ti racconta solo un cambiamento sociale, politico e delle nostre sovrastrutture, ma ti sta stimolando ad un dibattito. La lingua cambia e ha bisogno di essere sostenuta nel cambiamento. Bisogna riuscire a essere flessibili e aspettare che i tempi facciano il loro percorso.

5C’è stato un ospite che ti ha particolarmente colpito?

Non posso farti un solo nome, ma ero molto intimorita da Roberto Saviano. Avevo questa immagine di un Saviano arrogante e super televisivo; inoltre, essendo io napoletana, vengo da una città che lo ama e lo odia, letteralmente spaccata in due. Invece sono contentissima di aver trovato una persona molto disponibile e umile. A fine puntata mi ha detto di essere stato molto bene perché finalmente ha potuto parlare.

Mi sono trovata molto d’accordo con Pierluigi Battista: sa argomentare con sagacia, ti dà molto di personale e non teme la critica. Michela Marzano, invece, mi ha emozionato molto quando ha raccontato di aver scelto di fare psicanalisi in francese. Mi smontò totalmente dicendo che non aveva bisogno di comunicare, quanto piuttosto di lanciare delle parole che la portassero subito alle emozioni.

***

Spesso non abbiamo proprio le parole per dirlo, anche quando si tratta trasmettere cosa proviamo. Conoscere meglio la nostra lingua ci rende più elastici, accoglienti e più in grado di esprimere anche noi stessi. L’overdose di cultura consigliatissima per il 2022 è decisamente quella con Noemi Gherrero la domenica mattina su Rai Tre.

Alessia Pizzi

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Laurea in Filologia Classica con specializzazione in studi di genere a Oxford, Giornalista Pubblicista, Consulente di Digital Marketing, ma soprattutto fondatrice di CulturaMente: sito nato per passione condivisa con una squadra meravigliosa che cresce (e mi fa crescere) ogni giorno!

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