Un Amico Straordinario, il volto umano di Tom Hanks

Un Amico Straordinario

Dire che in Italia sono pochissimi a conoscere Mr. Rogers è quantomeno eufemistico. Ma coloro che conoscono tale figura sanno bene quanto sia incredibilmente perfetta la scelta di Tom Hanks per interpretarlo.

Prima di capire, allora, come sia Un Amico Straordinario, dobbiamo capire cosa sia. E bisogna partire dal conoscere Fred Rogers, ovviamente. Lui che, col suo fare pacato e il suo inconfondibile maglione rosso, ha condotto dal 1968 al 2001 ininterrottamente un programma tv dedicato ai più piccoli. Prendendo il semplice nome colloquiale di Mr. Rogers, ha trattato una sterminata varietà di temi, spesso anche importanti, in modo didattico e gentile, insegnando ai bambini come affrontare i tanti problemi della vita. Lo ha fatto sempre col sorriso, sempre con serenità, entrando nelle case di ogni americano per generazioni e generazioni. Una specie di Gandhi televisivo, se il paragone non risulta blasfemo. Una figura imitatissima, oltretutto.

Da noi, come detto, è quasi sconosciuto, ma credetemi quando vi dico che qualsiasi americano, soprattutto chi ha ormai 40 anni, conosce Mr. Rogers. E quando glielo ricordate, sa certamente canticchiarvi la sigla del programma tv.

Una figura così, pertanto, non poteva che essere incarnata per la prima volta al cinema da Tom Hanks. L’attore che, ormai da tre decenni, è il simbolo del bravo ragazzo, della persona a modo, della gentilezza e della tranquillità. Basta scorrere il web per vedere i tanti aneddoti simpatici riportati da gente comune che riguardano l’attore. Raggiunta la maturità, non ci si guadagna il soprannome di “American’s Dad” per caso.

Tom Hanks, quel sorriso amichevole che incanta il pubblico da generazioni

 

E so che ora, dopo questo lunghissimo preambolo, vi state chiedendo come sia questo Un Amico Straordinario. Anzi, come abbia fatto il film a resistere a tale oceano di bontà senza diventare una melensaggine insopportabile di buonismo eccessivo e talvolta fastidiosamente ipocrita.

Ve lo dico subito come ci è riuscito: capendo, in primis, che noi esseri umani del 21° secoli, da inguaribili cinici, ci saremmo esattamente posti alla visione con tale pregiudizio.

Il film quindi parte con una premessa assolutamente geniale. Mr. Rogers, essendo intrinsecamente, spaventosamente e inspiegabilmente buono, non può che essere il cattivo della storia, ai nostri occhi. Per noi cittadini del mondo moderno, che ci nutriamo di gossip e polemiche, abituati a navigare con divertimento tra litigi e discussioni sul web, abituati a urlarci addosso invece di parlare, sempre pronti a schierarci partigianamente e ideologicamente con qualcuno, polarizzando ogni discussione, non può esistere una persona veramente buona. Se esiste, deve essere un falso, un meschino ipocrita, un qualcuno che nasconde qualcosa, un viscido che ci ricava qualcosa. Se io non sono buono, in sostanza, è assolutamente impossibile che in questo mondo qualcun altro possa veramente esserlo.

Il surrogato di noi spettatori è il personaggio interpretato da Matthew Rhys, vero protagonista del film. Nel raccontare una storia vera, l’intervista di un giornalista di Esquire a Mr. Rogers nel 1998, Un Amico Straordinario analizza quanto inquinata sia ormai la nostra prospettiva attuale nel vedere ogni cosa. Lo fa con grazia, ma anche tanta dura sincerità che lavora silenziosamente.

Mr. Rogers non è l’eroe della storia fintanto che noi non ammettiamo la possibilità, e forse la necessità, che qualcuno come lui lo diventi. O semplicemente esista. Il cinismo umano, la frenesia della vita moderna, l’incomunicabilità relazione, sono i più forti ostacoli alle qualità che ognuno di noi potenzialmente ha. E il vero successo del film non è arrivare a un momento di realizzazione forzato, semmai capire le prospettive. Non ci sono i cliché della redenzione, nemmeno una rappresentazione utopistica della bontà a tutti i costi.

Al centro della scena in Un Amico Straordinario c’è la solitudine umana.

Il giornalista di Matthew Rhys è solo perché impegnato a odiare e farsi odiare. Al tempo stesso, anche Mr. Rogers è solo, forse addirittura di più, perché nessuno riesce a comprendere la sua gentilezza. E essere buoni sempre è una responsabilità enorme da tenere sulle spalle. Capire la prospettiva altrui, accettare i difetti altrui, è forse l’unico modo per andare avanti senza doverci dividere sempre tra buoni e cattivi.

Un insegnamento che, chissà, Tom Hanks stesso ha appreso in gioventù proprio seguendo in televisione il vero Mr. Rogers. Certamente ha messo nella sua perfetta, calibratissima, misurata interpretazione tutta quella sopita sofferenza interiore. Ogni gesto, ogni frase quasi sussurrata, ogni alzata di sopracciglio racconta un modo di insegnare qualcosa al prossimo.

Ora, nessuno di noi conosce personalmente l’attore, ma lo stesso dilemma che il film pone inizialmente è il nostro quando lo vediamo e ci chiediamo “ma davvero anche nella vita privata Tom Hanks è buono come appare?”. Se c’è una cosa, però, che mi ha lasciato Un Amico Straordinario è proprio quella di fidarsi, di guardare le cose da altra prospettiva, di abbandonare ogni reticenza maliziosa. Spero, ma soprattutto voglio credere che Hanks sia in tutto e per tutto l’erede di Fred Rogers. Quello di cui abbiamo sempre bisogno, dopotutto, anche se raramente ce ne rendiamo conto, è semplicemente vera bontà. Un sorriso. Una parola di conforto. Insomma, abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci faccia stare bene.

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Emanuele D’Aniello

 

Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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