Titane, scritto e diretto da Julia Ducournau, arriva nelle sale dopo la Palma d’oro al Festival di Cannes del 2021, dove ha lasciato tutti stupefatti. Presentato in esclusiva e in anteprima al Cinema Troisi di Roma dal 21 settembre 2021, Titane uscirà in tutte le altre sale italiane il 30 settembre ed è uno dei film da vedere assolutamente in questo autunno.
Perché è un film provocatorio, come ha implicitamente svelato, con la sua solita ironia, Nanni Moretti sul suo profilo Instagram dopo il Festival Di Cannes. Ma non solo.
È un film innovativo, la cui trama “attraversa l’immaginario techno-rock-pop new pangender”, come recitano i comunicati stampa.
La trama
Alexia, una bambina dispettosa e esasperante, ha un incidente stradale mentre è in auto con suo padre. Subisce quindi un intervento neurochirurgico che le lascia una placca di titanio nella testa e una cicatrice notevole sul cranio sopra l’orecchio.
Da subito sviluppa un peculiare amore/attrazione per le automobili. Cresce gonfia di rabbia e amore represso, che la trasformeranno in un essere ibrido e nuovo. Diventa una perfomer che nelle fiere espositive si esibisce in coreografie erotiche in cui simula un amplesso sul e con il cofano di un’auto. Poiché donne e motori è un classico binomio infallibile, Alexia richiama molti ammiratori. Dopo uno spettacolo, un uomo la segue, Alexia è chiaramente spaventata. Ad un approccio da parte dell’uomo, aggressivo e non gradito, lei risponde uccidendolo. Scopriamo che Alexia (Agathe Rousselle) è una giovane donna oggetto di una sessualizzazione spinta, che non corrisponde alla sua femminilità. Ha un’evidente difficoltà a relazionarsi con gli esseri umani; anche con le ragazze da cui è attratta ha un approccio fisicamente aggressivo. Solo con le automobili si lascia andare sessualmente. Ad un certo punto, scopre di essere incinta. Ma è una gravidanza molto strana e rapida quella che nasce da un amplesso con un’automobile.
Alexia è anche un’assassina seriale e senza scrupoli.
In questa implacabilità della protagonista, Titane fa pensare vagamente al recente Una donna promettente. In entrambi i film, pur diversissimi, abbiamo due protagoniste che si autodeterminano usando la prevaricazione come reazione alle prevaricazioni.
Alexia inizierà però un percorso di cambiamento a partire dalla scoperta della gravidanza, passando per la fuga e l’incontro con Vincent (Vincent Lindon), comandante di una stazione di pompieri/paramedici, che vive, tra il delirio e la speranza, una grande tragedia personale.
Titane è un film di indiscutibile originalità, difficile da definire scegliendo tra i generi cinematografici. Si è parlato di fantascienza e di horror e in effetti ha caratteristiche tipiche dell’uno e dell’altro genere. L’horror forse si ritrova nelle immagini cruenti, nell’uso del sangue, nell’estetica un po’ splatter di alcune scene. Titane è un film che fa sentire il dolore fisico che i personaggi provano; a tratti è anche difficile da guardare.
Fantascientifica si può definire l’idea della gravidanza di Alexia, velocissima (la storia del film non copre nove mesi), frutto di un rapporto tra una donna e una cadillac. D’altronde, il tema del rapporto essere umano/macchina è un topos letterario e cinematografico. La regista prende proprio il binomio donne e motori come stimolo sessuale per l’uomo e rovescia il paradigma, mettendo una donna in posizione non più oggettiva, ma soggettiva nel rapporto erotico diretto con un partner “meccanico”.
Man mano che la gravidanza prosegue, è inevitabile pensare a un classico come “Alien”, soprattutto per il rapporto che Alexia ha con il feto, come un nemico da combattere e da eliminare. D’altronde anche il look di Alexia ricorda il tenente Ellen Ripley di Segourney Weaver in Alien 3, ma anche “Undici” di Stranger Things.
Gli spunti di riflessione sono diversi.
Guardando Titane ci si chiede, inizialmente, se vuole farci riflettere sul rapporto degli esseri umani con la tecnologia. Possiamo vederci una metafora di una società che riesce ad “amare” più facilmente un’automobile o un dispositivo tecnologico piuttosto che un essere umano, a cui non riesce più a rapportarsi in modo da “soddisfare” il proprio desiderio.
Poi si sposta la riflessione sulla violenza senza freni (qui c’è quasi un gusto tarantiniano) o remore della protagonista. Alexia è una ragazza crudele? È cattiva? Qualcosa giustifica la sua efferatezza?
Apparentemente Alexia è una giovane donna anaffettiva, non riesce ad avere un rapporto con un altro essere umano (uomo o donna, genitore o partner); negli approcci sessuali è vorace e distruttiva (e autodistruttiva) fino alla morte. Ma scena dopo scena ne percepiamo soprattutto la paura.
Anche Vincent ha i suoi problemi. Ma tanto Alessia è anaffettiva e spaventata, quanto lui è vitale, compassionevole, voglioso di essere un essere umano. Le scene in cui balla e invita anche Alexia a farlo evidenziano la differenza di vitalità tra i due personaggi. L’incontro tra i due è potenzialmente salvifico per entrambi.
Titane è assolutamente consigliato per la sua originalità e per le domande che lascia nello spettatore, ma anche per le interpretazioni emozionanti dei due protagonisti.
Agathe Rousselle è straordinaria per la versatilità con cui interpreta le molte sfaccettature del carattere, delle emozioni e della parabola esistenziale di Alexia. È stata scelta in un casting tra sconosciute non professioniste. Ducournau ha raccontato che preferiva proprio un’attrice non conosciuta, in modo che il pubblico non potesse proiettare su di lei alcuna aspettativa. Ha cercato qualcuna che potessimo vedere trasformarsi mentre la storia si svolgeva, senza essere consapevoli dell’artificio. E l’obiettivo è stato raggiunto.
Vincent Lindon nel ruolo del coprotagonista maschile è semplicemente magnifico, perfettamente in grado di rendere l’intera gamma delle emozioni del personaggio. Il trucco sta nel fatto che Julia Doucurnau ha scritto il personaggio pensando proprio a lui, che si conferma uno degli attori francesi più bravi a scegliersi i ruoli, anche in funzione politica.
In occasione dell’anteprima del film riservata alla stampa all’inaugurazione del Cinema Troisi, Lindon ha sottolineato come Titane sia un film da sala cinematografica, che ha richiesto un grande sforzo da parte di Doucurnau. La regista non lo ha certo creato per un consumo casalingo, in cui si può mettere in pausa il dispositivo per andarsi a bere una bibita. Sono 90 minuti che richiedono uno sforzo di concentrazione intensa, da trascorrere con il cellulare spento – dice sempre Lindon – ed è il minimo per entrare nell’universo complesso che Julia Doucurnau ha impiegato ben tre anni ad immaginare.
Concordo con Lindon sul fatto che niente – neanche la migliore delle serie TV guardate sul migliore dei dispositivi – può sostituire il piacere e l’emozione di vedere un film come questo sul grande schermo.
Quei 90 minuti che vorrete trascorre al buio di un cinema per entrare nell’universo di Titane saranno ben spesi.
Stefania Fiducia
La foto in evidenza è di Carole Bethuel