Rapporti spezzati e instabilità affettiva. La ‘saga’ familiare di Pupi Avati è un ritratto amaro di una società irrimediabilmente in crisi.
Titolo originale: Fratelli e sorelle
Regia: Pupi Avati
Sceneggiatura: Pupi Avati
Cast principale: Anna Bonaiuto, Paola Quattrini, Franco Nero, Stefano Accorsi, Luciano Federico, Lino Capolicchio, Kelly Evinston, Barbara Wilder
Nazione: Italia
Anno: 1992
Proseguimento variato di Storia di ragazzi e ragazze (1989), Fratelli e sorelle segna il ritorno di Pupi Avati all’indagine intimistico-esistenziale, condotta a partire da un microcosmo familiare in cui s’iscrive la crisi dei valori di un’epoca. Ambientato in un quieto e anonimo quartiere di St.Louis, il film segue un andamento lineare e volutamente piano, scandito da eventi che si susseguono senza evidenti scossoni, fatta eccezione per il rovesciamento di piani che pur si attua un poco alla volta, con incresciosa armonia.
L’America ‘astratta’ di Pupi Avati
La scelta di narrare la vita e l’accettazione – intima ed esterna – degli immigrati italiani in America, induce Avati a costruire un racconto di opposizioni, primariamente funzionale alla messa in scena degli steccati psico-ideologici dell’(allora) odierna società occidentale. Gli USA di Fratelli e sorelle rispondono del resto a un disegno stereotipato, sorta di proiezione mentale del regista che intende situare le azioni in un Eden consumistico e cannibale, in cui i riferimenti temporali sfuggono perché non necessari a una «ricostruzione astrattamente ideale».
La mitologia americana di Pupi Avati si compone di simboli transgerazionali quale la boxe e il jazz, il cinema e il boogie woogie.
Il Mondo Nuovo sognato negli anni del fascismo si fa qui mezzo per la sospensione di ogni elemento di concretezza, giacché l’interesse dell’autore risiede nello scavo psicologico e non nel realismo descrittivo. A Pupi Avati preme lo studio di una condizione diffusa, ormai ferocemente congelata al di là del tempo e dello spazio. L’anestesia dei sentimenti, il guazzabuglio etico-morale del proprio tempo fa sì che l’America si ponga come luogo ideale della difficoltà di ri-pensarsi, una sorta di proscenio recante le tracce sfumate di miti indotti.
Famiglia e sfaldamento sociale
In questa landa anelata si colloca la storia di una famiglia ridotta alla sfascio ancor prima di ricomporsi fallacemente. Stretta fra la speranza di un futuro migliore e l’ipocrisia malcelata da un’ostentata opulenza. L’arrivo di Gloria (Anna Bonaiuto) con i due figli Matteo (Stefano Accorsi) e Francesco (Luciano Federico) è elemento di disturbo per la posticcia quotidianità di Lea (Paola Quattrini) e Franco (Franco Nero), coppia felice perché fragilmente aggrappata a un equilibrio di facciata. Abbandonata dal marito per una ventenne, Gloria aspira a ricomporre la sua esistenza sotto la protezione della sorella, fiera madre di due giovani avute da una precedente relazione: Lillian (Kelly Evinston) e Gea (Barbara Wilder).
Le coppie oppositive di Pupi Avati
È in questa disposizione iniziale che Pupi Avati colloca le sue coppie oppositive, espedienti fondamentali per dis-velare uno stato di cose in realtà profondamente lontano da divisioni manichee. Alla fragile e scombinata Gloria corrisponde la solida realizzazione di Lea. Francesco e Matteo, diversi sin dall’aspetto, rispondono a un’opposta e stereotipata idea della giovinezza: da un lato la ritrosia e il goffo stare al mondo, dall’altro la presunzione del fascino inesplorato. A Lillian e Gea, com’è ovvio, toccano in sorte le due pervicaci rappresentazioni del femminile: bruttina e scialba la prima, fatale cacciatrice di uomini la seconda.
Rovesciamento di piani
In questo schema rigidamente suddiviso, singoli eventi o riferimenti intervengono a minare le certezze (auto)costruite. Si scopre così che Lea e Franco non fanno l’amore da due anni, con lei costretta a riempire di flirt e scappatelle il vuoto d’affetto scavatosi tra loro. Gloria ritrova apparente serenità tra le braccia di un professore omosessuale che somiglia, nelle fattezze e nei modi, a quell’ex-marito vituperato agli occhi dell’unico figlio (Francesco) che tenta di ricostruire l’armonia familiare, testardo Don Chisciotte cui spetta il compito di svelare la dolcezza della sconfitta.
Francesco come figura-ponte
È sempre lui a mostrare l’ambigua osmosi delle personalità di Lillian e Gea, complici più o meno consapevoli di un destino di seduzione e illusione. Ed è lui che riceve, dopo l’ultima delusione amorosa, il gesto più sincero dell’intera pellicola. Con una pacca sulla spalla, Matteo rivela al fratello tutto l’affetto che non ha saputo dargli e lo esorta – mediante un atto che è tacito stimolo – a rimettere insieme le tessere del disperso mosaico familiare. L’insistenza di Francesco sulla ‘sbandata’ del padre, il suo farsi ponte tra un mondo rigettato e un altro fuggito a forza, lo rendono emblema concreto di una condizione liminare, la stessa in cui si muovono i suoi comprimari, artatamente calati in un contesto che non è il loro.
La crisi di valori
L’ipocrisia filistea di Storia di ragazzi e ragazze si estende, pertanto, dall’«Italietta fascista al microcosmo statunitense attuale» [1] assumendo i contorni di un interrogativo esistenziale, atto a pungolare coscienze assuefatte da ideologie e aspirazioni. Senza indulgere in toni moralistici o cattedratici, Pupi Avati firma una pellicola che non risparmia colpi né dona certezze. La crisi dei valori interpersonali penetra l’intimità, si fa barriera invalicabile e il progressivo congelamento dei rapporti dona al film un impietoso senso di gelo.
Gli interrogativi di Pupi Avati
Vale la pena ostentare certezze e non lasciarsi travolgere da un fisiologico desiderio di aiuto? Ha più senso rinnegare se stessi o scoprirsi fallibili, pur dolorosamente? Alle domande non v’è risposta, se non la semplice suggestione che il regista restituisce. Un suggerimento per imparare a ricucire gli affetti, una sonda profonda sulle debolezze del mondo.
Tre motivi per vedere il film:
- Tra le migliori pellicole di Pupi Avati, seppur considerato opera minore.
- Anna Bonaiuto e Franco Nero, splendidi interpreti.
- La dolcezza di Luciano Federico, un perfetto Francesco.
Quando vedere il film:
Dopo la visione di Storie di ragazzi e ragazze.
Note:
[1] G. Michelone, Fratelli e sorelle di Pupi Avati, in L. Bini (a cura di), Attualità cinematografiche 1992, Milano, Edizioni «Letture», 1992, p. 65.
Ginevra Amadio
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