La sua appartenenza alla nobiltà francese lascia l’impronta: la bellezza, il lusso, l’eleganza e il gusto estetico scorrono nel sangue blu di Hubert de Givenchy fino all’ultimo vestito.
ll conte Hubert James Marcel Taffin de Givenchy è un unicum nel panorama della moda. Nobile di nascita e nipote di uno dei più importanti tessutai di Francia, fonda nel 1952 la maison Givenchy, che occupa -ancora oggi- un posto nell’olimpo del lusso.
Discovering Givenchy è un breve ma interessante documentario disponibile su Amazon Prime Video, che racconta la vita dell’uomo che ha vestito regine e dive di Hollywood, ma soprattutto che ha permesso alle donne di tutto il mondo di sdoganare i completi spezzati, le bluse con le gonne, il cotone e il denim. Nel 2020 lo possiamo dare per scontato, ma fino al 1952 non lo era. E la libertà delle donne è passata anche attraverso la libertà di scegliere cosa indossare per valorizzarsi e sentirsi bene.
Il giovanissimo Hubert non fa in tempo ad avvicinarsi alla moda che già se ne innamora. È il 1937, visita l’esposizione universale di Parigi con la sua famiglia. Rimane folgorato dalla bellezza degli abiti e dai tessuti, che sono il family business. Capisce che quello sarà il suo lavoro e Parigi la sua città. A 17 anni, tra guerra e occupazione nazista, si iscrive all’ Accademia di Belle Arti a Parigi, orientando la sua vita alla bellezza, in un momento in cui in giro ce n’era davvero poca.
I suoi primi passi nel mondo della moda
I suoi primi mentori sono Fath e Lelong, quest’ultimo gli dona la visione dell’importanza degli Stati Uniti come mercato del futuro. In seguito, collabora con Dior e Schiaparelli, per la quale disegna i primi completi spezzati, che gli danno subito notorietà e visibilità. Il rapporto con la Schiaparelli non è roseo: lei è una donna eccentrica, che mette drammaticità e teatralità nella vita e negli abiti. Lui è più sobrio, concentrato sul tessuto e le linee sartoriali. I tempi sono maturi e nel ’52, giovanissimo, fonda la rivoluzionaria Maison de Givenchy, e la sua prima collezione è subito un trionfo.
L’Album du Figaro gli dedica un articolo, definendolo:
Uno dei figli più celebri della moda francese.
Le rivoluzioni stilistiche di Givenchy
La matita di Givenchy è trasversale: uno stilista giovane che disegna per i giovani, con tessuti raffinati ma anche meno preziosi: cotone, lino, denim, pelle… lui riesce a renderli desiderabili grazie a disegni originali e moderni. L’introduzione del binomio gonna e blusa o gonna e camicetta è rivoluzionario, per quanto possa sembrare strano, ma fino agli anni 50 l’abito femminile è pensato solo intero.
Ispirandosi alla mannequin Bettina Graziani crea la blusa Bettina, in cotone picchè con maniche a balze. Questa icona sartoriale racchiude la visione del mondo di Givenchy: l’alta borghesia raffinata, il tessuto poco nobile ma cucito ad arte, le linee pulite ma femminili, l’eleganza sussurrata ed eterea.
L’incontro con Audrey Hepburn
Facile capire perché nel 1953 il destino mette sulla sua strada Audrey Hepburn. Lei ne sente parlare da Schiaparelli, perché è alla ricerca di abiti per il film Sabrina. Si incontrano e Givenchy lì per lì resta deluso: aveva capito si trattasse della ben più nota –all’epoca- Katharine Hepburn. Ma tra i due scatta un colpo di fulmine: lui ne parla come una creatura “dotata di un fascino innegabile” e Audrey trova finalmente una persona simile a lui, di origini francofone, che è in grado di vestire e interpretare il suo corpo esile e androgino. In Sabrina gli abiti di Givenchy vestono una protagonista giovane e moderna, indipendente e alla moda.
Colazione da Tiffany li vede di nuovo lavorare insieme. Il tubino nero della Hepburn è stato definito una delle immagini più famose del XX secolo ed è firmato da Givenchy. Un abito elegante ma frizzante, con linee sensuali e fresche. La petite robe noir di Givenchy diventa onnipresente in ogni armadio femminile. Da lì in poi la Hepburn stringe un sodalizio con lo stilista: solo lui potrà vestirla nei suoi prossimi film.
A soli 25 anni, Givenchy aveva già fatto tutto questo, e il bello arriva proprio in questo momento della sua carriera. Il famosissimo Cristobal Balenciaga lo prende sotto la sua ala protettrice e gli fa da mentore.
I due stilisti, separati dall’età e dall’esperienza, hanno però la stessa visione della donna. Al contrario delle costrizioni sartoriali di Dior, loro sanno che una donna felice e sicura di sé è una donna che riesce a muoversi sinuosamente nel proprio abito, in cui si sente a proprio agio e libera da strutture soffocanti.
L’eleganza di Givenchy conquista l’aristocrazia
Nel 1961 la first lady Jackie Kennedy causa scalpore scegliendo un abito di Givenchy per un viaggio a Parigi: avrebbe dovuto scegliere uno stilista americano, ma Hollywood ormai ama lo stilista aristocratico, candidato agli Oscar per i costumi di Cenerentola a Parigi. Molti nobili scelgono i suoi abiti: Wallace Simpson Windsor, all’epoca la donna più elegante del mondo, sceglie un suo abito per il funerale di suo marito, dando una eco impressionante alla carriera dello stilista. Tradizione senza staticità, eleganza senza noia: questo il mantra di Givenchy.
Gli anni 60 e 70 sono gli anni del pret a porter, mentre gli anni 80 vedono Givenchy lanciarsi in nuove sfide: la sua linea uomo va alla grande e cura il design della Lincoln Mark 5. Con la morte di Dior e Balenciaga in pensione, le clienti di alto rango sono spaesate: Givenchy è l’erede naturale dei suoi mentori.
Givenchy dagli anni ’90 ad oggi
Preoccupato dalla moda contemporanea e senza aver designato un erede, nel 1988 vende il marchio al gruppo Louis Vuitton, holding in attesa di acquisire marchi di lusso da rilanciare nel XXI secolo. Il 1995 è l’anno della sua ultima sfilata.
Negli anni, vari designer si sono succeduti alla guida della maison: Galliano, McQueen, McDonald. Riccardo Tisci, infine, sposta l’attenzione sui più giovani, nella front row ci sono Kanye West e Kim Kardashian, Rihanna. Sono sexy, giovani, portatori di novità e rappresentanti di sottoculture.
Questo è quello che i grandi gruppi del fashion fanno: comprano i marchi storici e li rinnovano dall’interno. A volte con successo, a volte meno. Con Givenchy per me è stato un successo. È una nuova stagione per la maison, che dagli anni 50 ha capito una verità fondamentale: le donne non vogliono sentirsi necessariamente belle, ma eleganti? Quello sempre.
Micaela Paciotti
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