Una delle mie cose preferite è quando un regista acclamato decide di sperimentarsi in altri ambiti. Successe tanti anni fa che Baz Luhrmann prestò la sua regia a Chanel e ai tetti di Parigi, girando un lungo spot con protagonista Nicole Kidman (ora nel cast di Bombshell). Fu bellissimo e aprì un po’ la strada alle collaborazioni successive.
Matteo Garrone per Dior
Serve a volte l’occhio di un regista per leggere le cifre stilistiche di una maison. Qualcuno che da fuori possa sognare liberamente e interpretare le suggestioni di un abito o di una collezione e magari rinnovarne l’immagine. Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, ha chiesto proprio questo a Garrone: un mini film per raccontare a modo suo la collezione Dior Haute Couture Autunno-Inverno 2020-2021.
L’ispirazione e la pandemia
Durante la seconda guerra mondiale, un gruppo di designer e stilisti creò degli abiti in miniatura, indossati da piccoli manichini, per dare vita a una mostra itinerante contenuta in un baule: il Théâtre de la Mode. Fu un modo per raccogliere fondi e sopratutto per dire al mondo che l’arte, l’artigianalità, la bellezza e la moda non sarebbero mai morte.
In tempi di pandemia, lockdown, chiusura dei negozi, Maria Grazia Chiuri rispolvera il baule del Théâtre de la Mode, in cui viaggiano mannequin in miniatura con i nuovi modelli proposti da Dior. Destinazione? Gli atelier e le clienti di tutto il mondo, che avranno a disposizione anche i cartamodelli per provarli nelle dimensioni giuste.
Il sogno e la realtà
Se la grandissima arte racchiusa nelle mani delle sarte e ricamatrici Dior è la realtà, l’emozione di un abito di alta sartoria è una favola.
Matteo Garrone, regista di film fiabeschi, visionari, poetici, e allo stesso tempo grande artigiano del cinema (come ha dimostrato in Pinocchio), era l’unica scelta possibile per raccontare il sogno.
Attraversando una ipotetica Arcadia, due valletti portano il baule contenente le miniature di abiti meravigliosi. Incontrano ninfe, fauni, Narciso che si specchia e la statua di Venere, nonché una meravigliosa sirena e una donna lumaca. Tutte queste creature, che vivono perfettamente felici e appagate, non rinunciano ad ordinare ai due couturier degli abiti Dior.
Perché l’abito non è una maschera, non è consumismo, non corrompe l’immagine o l’anima di chi lo desidera e lo indossa. L’abito è stato e sempre sarà l’esigenza della rappresentazione della nostra anima e della nostra personalità. L’espressione materiale -e visibile al mondo-dell’intangibile che accade dentro di noi.
Anche se vivi in Arcadia.
Micaela Paciotti