Brisby e il segreto del NIMH: nel 1982 usciva il primo cartone anti-Disney

Brisby e il segreto del NIMH recensione

“Sul lato sicuro della roccia”

Titolo originale: The secret of NIMH
Regista: Don Bluth
Sceneggiatura: Don Bluth, Gary Goldman, John Pomeroy, Will Finn
Cast Principale (voci): Elisabeth Hartman, Derek Jacobi, Arthur Malet, Dom DeLuise, Hermione Baddeley, John Corradine, Wil Weaton, Paul Shenar, Peter Strauss
Nazione: USA

Quando pensiamo ai lungometraggi animati, tutti noi colleghiamo il pensiero ad una sola firma, cioè Walt Disney. Esistono però moltissimi altri cartoni che non sono stati firmati dalla celebre casa di produzione americana, alcuni dei quali diventati dei “cult” e in seguito delle vere e proprie perle rare. Uno di questi è sicuramente Brisby e il segreto del NIMH, di Don Bluth, che venne proiettato nei cinema americani la prima volta questo stesso giorno di 40 anni fa, cioè il 16 luglio 1982.

La trama

Brisby è una dolce e timida topina di campagna, da poco rimasta vedova del marito Jonathan, che vive con i suoi 4 figli in un campo che, a breve, attende di essere arato. La famiglia dovrebbe traslocare, ma uno dei suoi figli, Timothy, è gravemente malato di polmonite: malattia che gli impedisce di uscire di casa e quindi rallenta le manovre dell’intera famiglia.

Una mattina, il contadino Fitzgibbons – proprietario della fattoria – fa partire prima del previsto l’aratro: la coraggiosa madre riesce a sabotare la macchina aiutata da un’altra topina (la scorbutica ma buona Zia Bisbetica), ma sa che la cosa sarà di breve durata e la prossima volta l’aratro arriverà sicuramente sopra la casa, con Timothy ancora dentro. Disperata e senza più soluzioni, Brisby va a chiedere consiglio al Grande Gufo, molto saggio ma anche gran predatore e temutissimo dai topi, accompagnata da Geremia, un corvo impacciato in cerca di una compagna.

Quando la topina si trova di fronte al rapace, questi le dice che l’unica è andarsene e che non esiste altra soluzione.

Al momento dei commiati, il gufo, nel sentire il nome dell’ospite, rimane sorpreso di trovarsi di fronte alla moglie di Jonathan: sorpresa che la stessa topina avrà nel vedere lo stupore del predatore. Questa infatti chiede al Grande Gufo come conosca il defunto marito, ma il rapace risponde che il nome di Jonathan è molto conosciuto nei boschi dei dintorni. Infatti, il rapace – improvvisamente – aggiunge una soluzione: dice alla vedova Brisby di andare dai ratti (anche questi temuti dai deboli topi) nel cespuglio dei rovi vicino alla fattoria e chiedere di Nicodemus. Solo loro potranno spostare via la casa e sapranno anche come.

Nel cespuglio dei rovi, Brisby vede un universo nuovo. Il covo infatti è un sorprendente luogo illuminato con elettricità, scoprendo nuove amicizie, come il già citato capo Nicodemus e il coraggioso Giustino, ma anche nemici e approfittatori, come l’infido Cornelius che altro non vuole che diventare leader. Brisby, cercando sempre di combattere contro il tempo, capisce non solo perché tutti lì conoscevano suo marito ma anche il perché i ratti debbano aiutarla; venendo a conoscenza di una realtà, che anche per gli uomini è difficile da accettare…

La prima risposta alla Disney Productions

Brisby e il segreto del NIMH rappresenta, per una grossa fetta dei cosiddetti “millenials”, uno dei primi film seri che il mondo dei VHS di allora permetteva: una risposta alle favole disneyiane. Don Bluth infatti, firma questo capolavoro animato, dopo una lunga e travagliata lotta negli studi del colosso americano. Facciamo un passo indietro.

Bluth inizia a lavorare alla Disney nel 1955, come assistente di John Lounsbery (uno dei “Nine Old Men”, cioè gli storici animatori della Disney dagli albori di Biancaneve e i sette nani). Nella Disney, Bluth sarà uno dei disegnatori di capolavori come Robin Hood, Le avventure di Winnie the Pooh e Le avventure di Bianca e Bernie. Durante la direzione de Elliot il drago invisibile, s’imbatte in un libro per ragazzi di Robert C. O’Brien, intitolato Mrs Frisby and the secret of NIHM. La lettura lo entusiasma e, mentre già immagina i primi disegni, va a parlare del progetto a uno dei più importanti dei già citati “Old Men”, cioè Wolfgang Reitherman, colui che diresse i grandi lungometraggi dopo la morte di Walt Disney, ma già nel ’35 aveva diretto capolavori come Pinocchio.

La risposta però fu negativa

Eh già perché – secondo Reitherman – di topo la Disney ne aveva già uno, il più celebre di tutti; inoltre, l’ultima pellicola uscita, aveva come protagonisti proprio due topini, come Bianca e Bernie. Quindi basta roditori! La delusione è forte e fa capire a Bluth che nella società dove lavora non c’è più spazio per la creatività.

L’atmosfera però nella Disney Production stava cambiando, poiché anche diversi manager e disegnatori si erano accorti di questo cambio di rotta. Fu così che Bluth e altri 16 animatori si dimisero, insieme appunto ad alcuni manager, dando vita alla Don Bluth Production. Da qui, venne creato il progetto tanto caro a Bluth.

La sceneggiatura, nel tempo, ha avuto bisogno di molte modifiche, primo fra tutti il nome della protagonista che nel libro si chiamava Frisby.

Quando già il doppiaggio era stato eseguito, Sfortuna volle che nacque il celebre disco-giocattolo omonimo. Per non incorrere in cause sulla violazione del marchio, si decise di trovare un nome alla topina, dal suono simile: da qui Brisby. Si aggiunse anche l’amuleto per dare quel tocco di magia necessario, mentre alcuni personaggi subirono una profonda trasformazione, come Cornelius che, nel libro, è solo un ratto che decide di non aiutare, o Giustino che invece è molto più eroico, degno erede di Nicodemo.

Una favola dark

Prima cosa che si può notare è che Brisby e il segreto del NIMH è un film completamente diverso dai canoni disneyiani, con luci e finali dolci; ma anche diverso dagli standard parodistici della Warner Bros. Le atmosfere, gli argomenti e le musiche ci portano in una storia cruda, per quanto favola, che di infantile non ha proprio nulla. Gli ingredienti della favola ci sono tutti, come la magia o gli animali antropomorfizzati; ma l’idea non è solo far vedere l’universo come una cosa dolce e delicata, ma anche spietata, malvagia, buia.

Si riprende quell’idea di Bambi, cioè la visione degli animali: tutto è visto dagli occhi dei topi, dove tutto è enorme e gigantesco. Difficile pensare che l’intero film non si sposta quasi mai – se non per il Grade Gufo e i flashback – dal terreno di una fattoria: sembra sempre tutto così vasto e sconfinato nel film. Da questo presupposto, si muove la sceneggiatura, che mostra quei famosi lati crudi.

Pensiamo alla prima comparsa di Dragon, il gatto del contadino, forse il primo vero momento “diverso” del film.

Vediamo questo persiano che va a caccia nel campo, di cui ovviamente sia Brisby, in quanto topina, che Geremia, in quanto uccello, hanno paura. Non è però un personaggio come loro, capace di parlare o ironizzato, come Gambadilegno o Silvestro: è un vero e proprio gattone, orbo di un occhio, che cerca in tutti i modi di prendere una preda, volante o meno, con le mandibole sempre aperte e ringhiante. La musica incalza, gli animali iniziano a scappare e questo “mostro peloso” avanza e attacca senza preoccuparsi di niente. Qui nasce la poesia: Brisby è piccola, come piccolo è il pubblico, in senso di giovane. Fa sentire i bambini come quel piccolo roditore!

Il senso di paura però viene anche da altri argomenti, che donano al film un tocco più audace, tra questi il dolore fisico.

Questo arriva soprattutto nella scena della ninna-nanna, che diventa la principale colonna sonora di tutto il cartone, cioè Flying dreams. Qui vediamo per la prima volta la fonte di preoccupazione della piccola madre topo: il piccolo Timmy, a letto, che viene imboccato dalla madre, molto deperito, gli occhi semi-chiusi e ansimante. Siamo lontani dalla delicatezza della Disney…

La paura viene anche dalla crudezza di ciò che racconta Nicodemus. La tragedia della mancanza di paura viene dalla traduzione: non si capisce chi è il vero nemico di tutto il film, perché non si capisce che NIMH è l’acronimo di National Institute of Mental Health, cioè Istituto di Igene Mentale…

Altro argomento è quello della morte, che non è solo una morte accennata o allusiva, ma la vediamo in diretta.

Parliamo di un antagonista, anzi di un pentito, cioè Sullivan, l’aiutante di Cornelius. Nella scena della battaglia tra Giustino e Cornelius, Sullivan viene colpito da Cornelius, ma sarà proprio lui a fermare il malvagio ratto. Alla fine però (non è uno spoiler ai fini della storia) Sullivan però morirà, lì, quella sera nel fango.

La Disney aveva sempre accennato questi argomenti: la madre di Bambi ne è uno storico esempio. Anche i cattivi, in fondo, non sono mai deceduti: uniche eccezioni la matrigna di Biancaneve, che cade dal dirupo, ma non vediamo niente; e Malefica de La bella addormentata nel bosco, ma in veste di drago-sputafuoco. L’unico esempio di morte che aveva mostrato la Disney era stato in Fantasia, seppur una scena di caccia preistorica: lo stegosauro ucciso dal T-Rex nella sequenza de La sagra della primavera.

Ecco quindi in una scena di un cartone, anche un personaggio che smette di vivere. Abbiamo idea di quanto questa cosa potesse essere audace, soprattutto non avendo più un colosso alle spalle?

La tecnica

Proprio in rivoluzione alle nuove idee dell’universo disneyano, Don Bluth decise di utilizzare vecchi metodi di disegnamento: il guaio era che erano terribilmente costosi. Si provò quindi l’utilizzo di tecniche sperimentali, tra cui il rotoscopio, dove il disegnatore ricalca le scene, partendo da pellicole filmate precedentemente. Altra tecnica che si riprese fu quella del rodovetro, la cui pittura venne affidata a ben 45 dipendenti. Inoltre, per i suoni, si scelse di utilizzare una tecnica che si rivelò vincente in altri film poi diventati “cult”, come il primo film di Star Wars, e che poi sarebbe divenuta celebre: il Dolby Stereo.

Anche qui, come in molti cartoni, non mancarono le fonti d’ispirazione dai film precedenti, come per le scene di lotta, completamente assenti nel libro: queste animazioni sono la combo di riferimenti a pellicole come La leggenda di Robin Hood del ’38, con Errol Flynn e Olivia de Havilland, e I vichinghi del ’58, con Kirk Douglas e Tony Curtis.

3 motivi per vedere il film

  • Il racconto di Nicodemus
  • Un cartone che tratta temi adulti, senza perdere il senso della favola
  • I disegni della vecchia scuola della Disney, con un’atmosfera più cupa

Quando vedere il film

Di sabato o domenica pomeriggio, soprattutto con dei bambini. Serve a far crescere.

Francesco Fario

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IL VOTO DEL PUSHER
Regia
Animazione
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Area tecnica
Francesco Fario
Attore e regista teatrale, si laurea in Lettere Moderne a La Sapienza per la triennale, poi alla magistrale a TorVergata in Editoria e Giornalismo. Dopo il mondo del Cinema e del Teatro, adora leggere e scrivere: un pigro saccentone, insomma! Con Culturamente, ha creato la rubrica podcast "Backstage"
brisby-e-il-segreto-del-nimh-recensione-filmCartone da argomenti seri, con tocco di magia: per piccoli adulti.

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