Africa. Raccontare un mondo: al PAC contro gli stereotipi

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Al PAC di Milano, fino all’11 settembre 2017, è esposta la mostra Africa. Raccontare un mondo/Telling a World, a cura di Adelina von Fürstenberg, in cui trentatré artisti africani ci raccontano la loro idea di Africa, giocando con i nostri stereotipi e mostrando che il continente africano non è solo guerre e povertà.

La mostra Africa ora al PAC di Milano (Padiglione d’Arte Contemporanea) vuole unire tradizione e modernità, fondere i linguaggi artistici, per far sì che la nostra idea di Africa venga stravolta. In questa esposizione c’è di tutto: opere di design, materiali di risulta, sculture, dipinti, fotografie. Trentatré artisti raccontano l’Africa in modo nuovo, ponendo questioni essenziali, politiche, economiche, religiose e di genere.

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Grazie alla visita guidata gratuita offerta dal PAC, si può avere uno sguardo ancora più approfondito sulle opere qui esposte. Alcune delle opere più suggestive sono di Malala Andrialavidrazana, architetto che vive a Parigi dai primi anni Ottanta, originaria del Madagascar. Affascinata dalla fotografia, Malala fa uno studio sulle mappe, strumenti nelle mani dei colonizzatori che poco o nulla riproducono della complessità del territorio.

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Ad accoglierci all’ingresso della mostra è un enorme dipinto di Omar Ba (Senegal), realizzato appositamente per il PAC. Qui vediamo tre personaggi che avanzano: un bambino tra la mamma e la nonna. Sullo sfondo, una grande mappa, che ripropone il tema del colonialismo che ha tentato di disgregare gli Stati africani.

Le 200 cartoline di Bouabré (Costa d’Avorio), tutte colorate a pastello, rappresentano i paesi del mondo, a significare che siamo tutti legati da un sentimento di umanità. Tra i video, colpisce quello di Chiurai (Zimbabwe), al rallentatore, in cui vediamo una rivisitata Ultima Cena. Al posto degli apostoli, però, abbiamo dei guerriglieri che sparano a un uomo, in una lentezza e drammaticità portate all’estremo. Un altro video, di Goliath (Sudafrica), mostra le donne vittime di violenza, in cui a prevalere non è la parola ma il volto, il gesto, il respiro di chi ha tanto sofferto.

Al PAC si sono verificate anche delle vere e proprie performance artistiche, di cui ora parlano i resti. Alcuni microfoni con dei nomi rosso sangue testimoniano della piaga del femminicidio in Africa: ogni voce è quella di un parente di una donna uccisa, della registrazione di un processo per femminicidio, di statistiche sul fenomeno. Colpisce sicuramente la gigantesca barca di Togue (Camerun), intitolata Road to Exile: si tratta di una grande opera d’arte, che rappresenta le barche dell’esilio che tanti profughi sono costretti a prendere ogni giorno come mezzo di trasporto per una vita migliore. Invece che persone, però, a bordo troviamo tanti fagotti, a testimonianza delle vite di chi è emigrato, della loro speranza e disperazione insieme. Le centinaia di bottiglie di plastica che sorreggono a stento la barca indicano l’instabilità di una situazione già di per sé precaria.

Sarebbe impossibile raccontare una per una tutte le opere in mostra al PAC, un viaggio sicuramente da intraprendere per imparare qualcosa di più su questo continente a noi così vicino.

Valeria Martalò

Valeria Martalò
Classe 1989, laureata in Filologia Classica, originaria di Bari, vive dal 2017 a Milano, dove lavora nel mondo dell'editoria e della comunicazione.

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