“Ecuba” in scena con Francesca Benedetti. What else?

ECUBA - teatro arcobaleno

Tantum religio potuit suadere malorum.

Con queste parole Lucrezio commenta l’ingiusta uccisione di Ifigenia nel De Rerum Natura. La figlia di Agamennone venne sacrificata per far partire la spedizione dei principi greci contro Troia. Con una ring composition degna del suo genio, Euripide riprende il motivo originariamente iliadico e lo riconduce a Troia per aprire la tragedia dei vinti, Ecuba.

La regina fiera interpretata da Francesca Benedetti è uno dei personaggi femminili delineati con maestria dal tragediografo classico.

Una donna che in tutto e per tutto potrebbe considerarsi vinta, ormai schiava dei Greci dopo l’assedio della sua città e mater dolente per la perdita di molti figli, a partire dal grande Ettore.

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Sul palco del Teatro Arcobaleno di Roma la regina piange la figlia Polissena, ennesima vergine sacrificata per rendere i venti propizi e far ripartire i vincitori, e l’omicidio di suo figlio Polidoro, ucciso proprio da chi doveva proteggerlo dalla guerra di Troia (Polimestore).

Poco convincente Viola Graziosi nei panni della figlia di Ecuba. Troppo meccanica, molto retorica. Premesso che recitare un testo classico è una sfida ardua, Graziosi non può essere considerata l’erede spirituale di Benedetti (nonostante il gesto di quest’ultima, che alla fine della prima ha consegnato alla collega l’omaggio floreale, quasi a voler passare il testimone). Flebile anche il coro interpretato da Maria Cristina Fioretti ed Elisabetta Arosio.

Se dunque le presenze femminili in scena non eguagliano “la regina”, sono quelle maschili a rendere interessante lo spettacolo di Giuseppe Argirò. Agamennone (Sergio Basile) e Polimestore (Gianluigi Fogacci) sono stati i caratteri più riusciti: hanno saputo reggere bene il testo classico attualizzandolo con un’interpretazione moderna, scattante e sicuramente meno affettata di quella di Polissena.

Che dire quindi di questa Ecuba?

Ho apprezzato l’idea di mettere dei video alle spalle degli attori, a mo’ di scenografia. Ho gradito meno il look borghese degli eroi. Se non si vuole proporre il classico, quantomeno si innovi (mi viene in mente un Edipo Re – che vidi al Teatro Vascello qualche anno fa – con indosso una giacca fatta interamente di mollette).

Ho condiviso poco anche le scelte sul testo: troppi spazi vuoti rendono il testo lento, soprattutto nella prima parte. È vero che Francesca Benedetti può reggere il palco da sola, ma perché abusarne? Lo conferma la signora seduta accanto a me che ha russato animatamente durante tutta la prima ora dello spettacolo, per poi svegliarsi di colpo con l’accecamento di Polimestore!

Per concludere, mi sembra quasi pleonastico affermare che la tragedia in sé meriterebbe.

Vi è nel personaggio di Ecuba tutta la scaltrezza femminile che Euripide instillò anche nella sua Medea per lasciare che gli uomini la commentassero con piglio misogino, mentre venivano sopraffatti.

Lascio per il finale di questa recensione una piccola polemica, sperando che il lettore e i professionisti dello spettacolo dal vivo non me ne vogliano troppo a male: come ho già palesato per il “caso Montesano” nei panni di Rugantino, trovo assolutamente innecessaria questa tendenza a voler omaggiare i grandi attori portandoli a vestire ancora una volta i panni dei personaggi che li hanno caratterizzati nel corso della loro carriera.

Con tutto il dovuto rispetto, ma Ecuba e Polissena in scena non hanno l’età appropriata per rivestire i rispettivi ruoli, considerando la giovane età in cui si sposavano le donne greche. Continuerò a ripeterlo: il pubblico merita rispetto, come anche il testo che viene proposto.

Alessia Pizzi

Laurea in Filologia Classica con specializzazione in studi di genere a Oxford, Giornalista Pubblicista, Consulente di Digital Marketing, ma soprattutto fondatrice di CulturaMente: sito nato per passione condivisa con una squadra meravigliosa che cresce (e mi fa crescere) ogni giorno!

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