L’Isola degli Schiavi: una rivoluzione che non tramonta mai.
In scena fino domenica 2 dicembre al Teatro Arcobaleno di Roma: “L’Isola degli Schiavi”. Una commedia in due atti di Pierre de Marivaux, scritta nel 1725 e messa in scena per la prima volta dalla Comédie Italienne. L’adattamento e la regia dello spettacolo sono a cura di Francesco Polizzi e la compagnia di giovani attori è assolutamente ricca di talenti.
Non appena si spengono le luci, il pubblico si immerge nell’atmosfera sognante che ci ricorda quella di Pierrot (tipica maschera della Commedia italiana in Francia). L’impronta infatti, è proprio quella, la luna la fa da padrona (con tutte le luci di scena che rimarcano l’atmosfera sognante). Due i personaggi che aprono lo spettacolo: Arlecchino ed il suo padrone Ificrate su un battello, di colpo, il naufragio. I due personaggi si ritrovano su di un’isola in cui vige una realtà utopica: gli schiavi diventano padroni e viceversa. Con loro un altro duo di personaggi: Eufrosine e la sua serva Cleante.
Lo spettacolo è caratterizzato da picchi di comicità, enfatizzati da gags, buffonerie, mimiche espressive, ricordandoci immediatamente la commedia dell’arte.
Gli attori sono tutti calati incredibilmente nei loro personaggi, dimostrando una naturalezza in caratteri che al contrario risultano essere, per loro natura ed origine, assai caricaturali. Il testo è ricco di contenuti e potente nelle sue parole.
Pierre de Marivaux sicuramente è stato precursore, facendosi portatore delle tesi che scateneranno la rivoluzione francese sessant’anni dopo la stesura del testo “L’Isola degli Schiavi”.
L’autore ci parla della versatilità dei sentimenti e, forse, può portarci addirittura a credere che il potere e la manipolazione non sono poi così distanti dall’Amore. Quest’ultimo infatti, è costituito da un intreccio di emozioni, sensazioni differenti, facendoci perdere molto spesso il filo della ragione. Rendendoci “schiavi” a volte, a suo servizio?
Serena Cospito