Se Aristofane diventa comunista

aristofane commedie - cccp fedeli alla linea

In scena fino al 21 ottobre 2018 al Teatro Trastevere “Le donne al parlamento” di Aristofane per la regia di Lorenzo De Liberato.

Inutile dire che quando si porta in scena un classico dell’antichità il successo non è sempre garantito. Per il semplice motivo che i greci, come anche i latini, avevano un umorismo molto differente dal nostro. Inoltre, vi possono essere nel testo riferimenti ignoti al pubblico che rendono complessa la comprensione profonda di alcune situazioni e quindi, nel caso di una commedia, rendono anche difficile il divertimento, che poi è lo scopo primario, affiancato senza ombra di dubbio da quello della riflessione. aristofane commedie

Nel caso de Le donne al Parlamento De Liberato attua una semplificazione e un’attualizzazione del testo, che rendono la commedia aristofanea molto più fruibile.

Inserendo i dialetti italiani (calabrese, napoletano, veneto, siciliano) garantisce agli spettatori una sensazione di familiarità con un’opera molto lontana a livello temporale. In aggiunta, il regista stupisce inserendo anche delle parti cantate all’interno dello spettacolo. Questa versione innovativa delle Ecclesiazuse diverte e rapisce, specialmente grazie al cast. Affermo con piacere che in questa messa in scena gli attori sono stati ben scelti non solo nella loro bravura di singoli, ma anche nel lavoro di gruppo. Nessuno risulta meno competente dell’altro: insieme creano un’armonia sul palco che è molto difficile da riscontrare in spettacoli con oltre cinque attori.

Un classico ha sempre qualcosa da dire, affermava Umberto Eco, ed è senza dubbio così.

Ciò non toglie che la presenza di canzoni quali El pueblo unido jamás será vencido e Oh! Battagliero dei CCCP – Fedeli alla linea riconduce la trama aristofanea a un’attualizzazione politica che stona. Insomma, quando il commediografo metteva in scena le donne che volevano salire al potere, voleva far ridere il pubblico perché nella mentalità dell’epoca era una cosa impossibile, per questo motivo la studiosa Sarah B. Pomeroy ha definito tali opere “letteratura utopistica” (per le femministe, chiaramente, che potevano leggerle come spunti di emancipazione). Proporre questo testo oggi poteva avere senso per sottolineare, magari, il sessismo che dopo tanti secoli ancora subiscono le donne nelle cariche istituzionali, spesso screditate in primis dai media. Il regista, invece, preferisce dare risalto (e lo fa peraltro senza approfondire troppo) al tema dell’uomo abbandonato dalla moglie in carriera. Peccato, perché questa commedia poteva offrire spunti psicologici davvero interessanti sul rapporto tra i generi, chiave di lettura purtroppo smarrita tra un riferimento politico e l’altro.

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Lo slancio comunista rivoluzionario e il messaggio di peace and love mi sono sembrati una forzatura.

Quando le donne di Aristofane mettono i beni al servizio della comunità e chiedono che tutti possano vivere la sessualità liberamente a patto di soddisfare anche le persone vecchie e le brutte non vogliono di certo proporre la Comune. Vogliono divertire. E l’errore più grande che possiamo commettere noi moderni è snaturare i classici leggendovi qualcosa che semplicemente non c’è. In questo caso specifico, né il potere al popolo, né tanto meno una sinistra rivoluzionaria portatrice dei valori prima menzionati.

Nonostante questa unica nota dolente è uno spettacolo che vi consiglio di vedere. Ne ho apprezzato l’audacia, in particolar modo.

 

Alessia Pizzi

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Alessia Pizzi
Laurea in Filologia Classica con specializzazione in studi di genere a Oxford, Giornalista Pubblicista, Consulente di Digital Marketing, ma soprattutto fondatrice di CulturaMente: sito nato per passione condivisa con una squadra meravigliosa che cresce (e mi fa crescere) ogni giorno!

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