Il 2018 è stato un anno davvero importante per l‘Istat. L’istituto Nazionale di Statistica non solo ha introdotto i censimenti permanenti, rendendo il censimento annuale e non più decennale, ma ha anche cambiato voce per introdurre questo importante cambiamento.
La strategia di comunicazione adottata è stata senza dubbio inedita per un ente di questo calibro e ha coinvolto campagne di social media, influencer marketing e digital pr che Patrizia Cacioli, direttore della Comunicazione dell’Istituto, ci ha voluto raccontare proprio per sottolineare le nuove esigenze – delineate nella società odierna – a livello comunicativo.
Istat ieri e oggi: quali sono state le necessità di rinnovamento a livello comunicativo?
Nella società da alcuni anni ormai è in atto una profonda trasformazione del rapporto tra produttori, rispondenti e utilizzatori della statistica, e del legame tra le infrastrutture tecnologiche e quelle produttive. L’Istat si trova, pertanto, a operare al centro di una rete di soggetti sempre più ampia, anche grazie alla collaborazione più stretta con mediatori di opinione, società civile, mondo delle imprese, università e mondo della ricerca. L’evoluzione tecnologica ha inoltre ampliato la platea dei produttori di dati e ciò ha anche imposto una strategia di comunicazione incentrata sulla valorizzazione della qualità delle statistiche ufficiali dell’Istituto e di quelle prodotte dagli enti appartenenti al Sistema statistico nazionale.
Molti brand ed enti rifuggono dalle campagne d’influencer marketing per mantenere un approccio più “conservativo” e tradizionale: voi invece avete coinvolto anche i The Jackal. Quanto è forte la necessità di informare anche divertendo gli utenti?
Più che divertire ritengo che sia importante scegliere ambassador che godono della fiducia dei loro pubblici. The Jackal per i nativi digitali (ma non solo) sono credibili oltre che molto ironici e divertenti. Oltretutto l’incontro con loro è stato molto stimolante: ci ha permesso di mettere a fuoco alcuni inciampi nel nostro modo di comunicare a un pubblico di non esperti e poco interessati. Ma il più grande risultato è aver fatto diventare i The Jackal degli autentici fan della statistica.
Cambiato il mondo, è cambiata anche l’idea di Istat nell’immaginario comune?
La statistica non deve essere ritenuta un “costo” per la collettività ma uno strumento fondamentale nella società della conoscenza. Questa è l’associazione che auspichiamo facciano i cittadini quando immaginano il ruolo e la funzione della statistica ufficiale. Sono molti in Europa gli Istituti nazionali di statistica che condividono questa vision. Si tratta di un vero e proprio “spostamento” concettuale che li vede sempre più impegnati a fornire informazioni utili a orientare i comportamenti individuali, sociali, a favorire decisioni in un contesto d’incertezza; ad aiutare a valutare le policy e prevedere gli effetti futuri delle scelte che ci apprestiamo a fare. Detto ciò, sappiamo che ci sono ancora radicate le resistenze nei confronti della statistica.
Quando avete capito che c’era la necessità di comunicare in maniera più diretta con i cittadini?
La disintermediazione globale generata dal Web ha profondamente mutato rapporti, ruoli e regole. Al paradigma verticale è succeduto quello orizzontale. Anche l’Istat “ne ha dovuto prendere atto” e si è orientato verso una sempre maggiore apertura al dialogo e all’interazione, passando dalla trasmissione mediata di messaggi/informazioni a una relazione diretta con le diverse categorie di utenti/stakeholder. La sfida è stata quella di promuovere politiche di comunicazione e diffusione del dato statistico secondo un approccio integrato e sinergico tra nuovi media, canali social, sito internet istituzionale e altri servizi web, di elaborare nuovi registri comunicativi in grado di raggiungere un maggior numero di utenti.
Per noi giornalisti i dati Istat sono la manna dal cielo, ma – secondo lei – qual era la percezione di tali dati da parte dell’italiano medio?
Il panorama era ed è variegato. Da quanto emerge da alcune indagini, commissionate ovviamente a soggetti esterni, i nostri dati sono sempre stati considerati dai cittadini affidabili, indipendenti e utili. Un momento particolarmente difficile è stato il passaggio dalla lira all’euro. Erano gli inizi degli anni duemila e l’Istituto ha avuto una forte crisi di credibilità originata da una contestazione generalizzata della nostra stima dell’andamento dell’inflazione in quanto ritenuta troppo bassa.
Per riconquistare la fiducia dei cittadini abbiamo iniziato a parlare con il linguaggio più vicino all’esperienza quotidiana e a offrire strumenti adeguati, aggirando l’eccesso e la ridondanza di dati e notizie che appiattiscono la percezione di credibilità della fonte.
La strategia è stata quella di muoversi in direzione della sempre più profonda e consapevole conoscenza delle diverse categorie di utenti, ma anche di stakeholder, e dell’ascolto continuo delle loro esigenze anche attraverso la costituzione di organi consultivi come la Commissione degli utenti dell’informazione statistica. La scommessa più importante è però stata puntare sulle future generazioni. In questo percorso la scuola resta uno dei canali principali per raggiungere in modo capillare il target dei più giovani e una preziosa alleata per sensibilizzare anche i loro genitori. Vorrei sottolineare che per l’Istat, l’utenza e la relativa domanda sono entità complesse. La prima è composta da istituzioni nazionali e internazionali, organi di governo nazionali e locali, operatori economici e dell’informazione, privati cittadini, enti e associazioni di ricerca e rappresentanti della società civile. La seconda è altrettanto ampia, sia in termini settoriali, sia in termini di tipologia degli obiettivi di conoscenza da perseguire sia, ancora, in termini di cogenza delle risposte attese.
Come pensate che la campagna social possa rendere più partecipi gli italiani?
I social media sono ormai stabilmente e giornalmente presenti nella vita di tutti noi. Il Web ha un’illimitata forza divulgativa e ci permette di comunicare direttamente con i nostri utenti e soprattutto di coinvolgerli trasformandoli in soggetti attivi anche sulla nostra capacità di leggere e misurare i fenomeni. Instaurando legami costruttivi con la community, possiamo inoltre migliorare l’offerta delle informazione statistica.
L’Istat ha il dovere di far conoscere e arrivare le informazioni che produce ad una platea più ampia possibile e quindi deve stare dove sono i cittadini che ormai sono in gran parte utenti digitali.
Alessia Pizzi