Divenuta con la sua prima stagione una delle serie più viste in assoluto su Netflix, Sex Education torna con il secondo capitolo a partire dal 17 gennaio.
In un palcoscenico affollato come quello di Netflix, pieno zeppo di serie tv provenienti da tutto il mondo in grado di nascere e morire nel giro di una settimana, Sex Education ha saputo fin da subito catalizzare su di sé l’attenzione e apprezzamento di pubblico e critica. Un prodotto confezionato alla perfezione, studiato per ritagliarsi una fetta considerevole di spazio negli spettatori di fascia adolescenziale e non solo. Il pregio è quello di averlo fatto fondendo l’irriverenza esplicita di una tematica di facile presa come il sesso ad un approccio maturo nei confronti della sessualità, utilizzando come cerniera uno spiccato e spesso brillante humour.
Con l’arrivo della seconda stagione si registra un apparente cambio di rotta nella superficie della serie. In realtà questa mantiene con invidiabile coerenza il suo punto focale. Sex Education diviene ancora di più rispetto al passato ciò che il suo titolo ha sempre richiamato, ovvero educazione sessuale.
Il suo spettro d’analisi si allarga ed abbraccia un’opera più corale e totale, sia nelle tematiche sia nel rapportarsi ai suoi personaggi.
Il centro del discorso sembra ruotare ancora attorno ad Otis (Asa Butterfield), che in realtà risulta più identificativo che effettivamente narrativo. La serie si estende maggiormente ad esplorare dinamiche e vissuti di studenti (e non solo) della Moordale School, crocevia di disinformazione ed isterismi. Abbiamo già imparato a conoscere molti degli interpreti, ma non mancano interessanti new entry che ampliano la gamma di varietà dei personaggi.
La nuova stagione sonda con più minutaggio e attenzione l’effervescente microcosmo di periferia della serie. Lo fa, in prima istanza, rinunciando a quella che era considerabile come una marca stilistica, il mostrare senza remore scene di sesso e nudi integrali. Questa dimensione viene a mancare praticamente del tutto, smussata in ogni componente ad eccezione di quella verbale. Una scelta in grado di far storcere il naso, se considerata nell’ottica di un prodotto che può aver sfruttato il mezzo come veicolo di interesse ed ora, ottenuto il suo pubblico, edulcorato.
L’analisi, però, deve andare più a fondo e comprendere il vero discorso all’interno del quale Sex Education è sempre stata inscritta.
L’attenzione alla sfera sessuale ed alla sua formazione era affidata principalmente ad Otis ed alla sua “clinica”, una sorta di confessionale a pagamento improvvisato e dalla dubbia eticità. Nella seconda stagione questo spazio è stato ribaltato, conferendo il ruolo di centro-guida in particolare ad altri personaggi, come Jean (Gillian Anderson). È l’altro lato della medaglia, con il percorso di educazione sessuale che assume davvero la sua forma in perfetta continuità con il passato.
L’approccio muta ma senza che venga snaturato il contenuto, dove ad essere approfondite sono le complesse dinamiche dei rapporti umani che precedono ed inglobano la componente sessuale. Il focus è sulla gestione dei sentimenti, in ogni loro possibile declinazione (con particolare accento sul femminile), intesi come reale ed essenziale materia da educare nel processo di avvicinamento ad un’intimità di coppia.

Come detto, al variare del registro Sex Education riesce a mantenere coerente l’esposizione dei suoi argomenti. Soprattutto resta aderente al racconto al quale aveva abituato i suoi spettatori, riuscendo a conservare una narrazione estremamente leggera e fruibile, in perfetta tendenza con la linea del binge-watching.
Forse, ripulendo la sua facciata, la serie rischia di perdere un pizzico di originalità e sfrontatezza che l’avevano contraddistinta. Se però avete amato il primo capitolo delle avventure di Otis & co. anche questa volta andrete sul sicuro con i nuovi episodi.
Alessio Zuccari