Dal 2017, anno della prima stagione, “La fantastica Signora Maisel” ha collezionato premi prestigiosi, compresi Emmy Award e Golden Globe sia per la serie, sia per i suoi interpreti.
Si è conquistato sicuramente un pubblico affezionato, visto che Amazon Prime Video, dal 18 febbraio 2022 (come promesso) lancia anche gli episodi della quarta stagione.
Trama
L’innesco della trama è abbastanza originale. Ambientata nella New York del 1958 racconta di una donna, Miriam Maisel (detta Midge), che fa la comica. Ad esser precisi, è una stand- up comedian.
La stand- up comedy è quel particolare tipo di spettacolo nato e sviluppatosi sui palcoscenici dei bar, su cui il comico sta in piedi e si rivolge direttamente agli avventori/spettatori, eliminando così la cosiddetta “quarta parete”. Ne esiste una grande tradizione nella cultura americana. Una versione tutta italiana – con le dovute differenze, non me ne vogliano gli esperti – è il cabaret.
In entrambe le “versioni” il pubblico è difficile, spesso ubriaco, ancor più spesso esigente e dissacrante. Se non lo fai ridere, di certo non te lo manda a dire. Immaginate se poi siamo negli anni ’50 e sul palco c’è una donna.
Midge (Rachel Brosnahan) è una casalinga ebrea dell’upper class, bella e femminile, educata a fare la moglie e madre perfetta. Quando suo marito Joel (Michael Zegen) la lascia per la segretaria, è di fronte ad una svolta. Scopre di avere un talento, saper far ridere su un palcoscenico. Anziché seguire tutti coloro che le dicono che quello non è un vero lavoro, tantomeno per una donna per bene, decide di intraprendere la carriera di comica.
Un ruolo fondamentale nel riconoscere il suo potenziale lo ha da subito Susie (Alex Bornstein), la donna che gestisce il bar dove si esibisce le prime volte e che diventa la sua manager.
Dalla prima alla terza stagione
La prima stagione de “La fantastica Signora Maisel“, uscita nel 2017, ha raccontato il riscatto di Midge.
La protagonista trova la sua strada fuori dagli schemi sociali ed educativi e al di là dei progetti che lei stessa aveva fatto per sé.
Nella seconda stagione, Midge e Susie sono ormai convinte che fare la comica e la manager sia la carriera da inseguire. Midge si innamora di nuovo. Le viene offerta l’occasione di aprire il tour di Shy, un cantante soul afroamericano molto amato e lei accetta.
Nella terza stagione Midge e Susie si accorgeranno che la vita in turnée è redditizia ed eccitante. Ma impareranno anche una dura lezione sullo show business, che non dimenticheranno.
La tenacia e l’entusiasmo di Midge nel direzionare la sua vita verso lo sviluppo del suo talento e dei suoi progetti di carriera sono palesemente diventati di stimolo per gli altri personaggi.
Infatti, all’inizio il processo di indipendenza della signora Maisel sconvolge le persone intorno a lei: il suo ex marito, i suoi genitori, la sua migliore amica, il suo fidanzato.
Piano piano, però, il seme della ribellione li contagia uno per volta. Ognuno di loro, ad un certo punto, troverà il modo di affrontare le difficoltà contingenti mettendo a frutto ciò che ama e sa fare.
Ciò varrà, soprattutto, per i personaggi femminili, sempre più consapevoli che le loro vite in quell’America patinata sono in balia dei capricci dei loro mariti o degli uomini di famiglia.
L’emancipazione femminile non è certo un tema nuovo per una serie TV. La stessa Amazon Prime Video ha prodotto due serie come “Fleabag” e “Undone” con protagoniste due donne fuori da schemi edulcorati.
Qui, però, il tema viene proposto in una confezione un po’ insolita. In primo luogo, il settore lavorativo della stand-up comedy è ben poco esplorato. Ebbene, Miriam Maisel dimostra, tanto per cominciare, che una donna può far ridere.
Nel corso delle tre stagioni Miriam dimostrerà addirittura che far ridere può essere una lavoro con cui anche una donna può mantenersi e che una donna che fa ridere può anche essere e restare bella e desiderabile. Sempre ammesso che ciò sia importante.
In secondo luogo, la storia è confezionata in un’ambientazione anni ’50, elegante e patinata, quasi da cartone animato o fumetto.
Gli outfit chic e colorati, che Midge sfoggia in ogni episodio, costituiscono un elemento peculiare e distintivo dell’estetica de “The Marvelous Mrs. Maisel”.
L’ambientazione storica però non è ben curata solo nei costumi, ma anche nella ricostruzione del clima politico e sociale dell’epoca. Il maccartismo, il razzismo, l’omosessualità e i pregiudizi annessi vengono trattati in modo incidentale, con delicata ironia ed autoironia.
Di queste ultime si fa un grande uso nel prendere in giro certe caratteristiche o luoghi comuni sugli ebrei newyorkesi.
Altro tema che colpisce favorevolmente in questa serie TV è l’amicizia tra donne.
Il sodalizio professionale tra Miriam Maisel e la sua manager si trasforma presto in una bella amicizia. Midge e Susie si vogliono bene e si rispettano. Susie sostiene e protegge Midge, ma non le risparmia le critiche costruttive: se una battuta fa schifo glielo dice senza mezzi termini.

Possiamo definire “La fantastica signora Maisel”, senza timore di essere smentite, un prodotto raffinato.
Infatti, come accennavo sopra, la sceneggiatura è ricca di riferimenti alla cultura americana, non sempre facili da cogliere.
La recitazione ha un ritmo sincopato e, a volte, la velocità dei dialoghi è tale da rendere difficile seguirli, anche perché magari le proprie risate per una battuta coprono il suono di quella che segue.
In questo senso, lo stile è quello di “Una mamma per amica” (in originale “Gilmore Girls“). D’altronde entrambe le serie TV sono state create da Amy Sherman-Palladino, che ha scritto gli episodi de “La fantastica Signora Maisel” insieme al marito Daniel Palladino.
“The Marvelous Mrs. Maisel” è senz’altro la serie adatta da vedere in un periodo come questo in cui si ha bisogno di evadere mentalmente: si ride e ci si immerge in un mondo lontano ma affascinante.
Stefania Fiducia