Il 28 marzo compie gli anni una delle cantanti pop ed attrici più famose a livello mondiale; eccentrica, stravagante, scandalosa, Lady Gaga ha saputo e riesce ancora a conquistare il cuore di milioni di persone.
Per festeggiare insieme a lei il compleanno, mi piacerebbe riportare alla memoria una delle sue canzoni più famose: Poker Face. Il singolo è stato pubblicato il 26 settembre del 2008, caratterizzato da sonorità del precedente Just Dance, però, in questo caso, il tono si fa più cupo.
Indice
Il significato della canzone Poker Face di Lady Gaga
Come potranno immaginare, l’espressione poker face, usata da Lady Gaga, deriva dal gioco stesso del poker, in cui è necessario evitare, in ogni modo, di permettere all’avversario di capire se le carte che abbiamo pescato siano buone o inutili; questo è possibile soltanto con una “faccia da poker”, ovvero uno sguardo freddo e calcolatore, che non fa trasparire emozioni.
Nel singolo, Lady Gaga usa quest’espressione per indicare ed esaltare la sua capacità manipolatrice nella seduzione degli uomini.
“Oh, whoa, oh, oh
Oh, oh oh
I’ll get him hot, show him what I’ve got
Oh, whoa, oh, oh
Oh, oh oh
I’ll get him hot, show him what I’ve got
Can’t read my, can’t read my
No, he can’t read my poker face
(She’s got me like nobody)
Can’t read my, can’t read my
No, he can’t read my poker face
(She’s got me like nobody)”
Anche durante il sesso, Lady Gaga ha il controllo: il maschile è troppo preso dall’eccitazione, viene comandato come un burattino dal femminile, che prova un piacere quasi sadico nell’affermare la sua superiorità; si riprende, in sostanza il principio della femme fatale, donna seduttrice e cinica, quasi diabolica nella sua strategia di seduzione, alla quale non si può resistere. Ma cos’è che Gaga deve nascondere dietro la sua faccia da poker?
La carta della bisessualità, ovviamente: mentre è coinvolta nel sesso con il suo fidanzato, la cantante non può non pensare anche l’eccitazione derivante dal pensiero di poter andare a letto con una ragazza. La femme fatale, che vince il maschile, a sua volta è vinta dalle sue fantasie erotiche.
La femme fatale: da Lady Gaga al mito greco
L’immagine della femme fatale ha, per così dire, origini antichissime; un esempio, tra i tanti, potrebbe essere individuato in una delle donne più pericolose di tutto il mito greco: sto parlando, certo, di Clitemnestra.
Una delle più importanti fonti per il mito relativo a questo personaggio è il teatro di Eschilo. La genialità di Eschilo consiste, soprattutto, nella capacità, che lui per primo ebbe, di conferire all’organismo drammatico del teatro greco l’attitudine ad investigare ed esprimere un mondo di valori. Nel suo caso specifico, il teatro di Eschilo è ancora legato un senso forte di religiosità: gli dei sono garanti della giustizia, quindi puniscono chi si è macchiato di ὕβρις, di tracotanza, di arroganza. Il destino è l’irrevocabilità della pena, che presto o tardi si abbatte sul colpevole.
Una tragedia “bella da morire”: l’Agamennone
Tale poetica è presente soprattutto in una delle tragedie più famose: l’Agamennone. Il re di Argo, infatti, su consiglio dell’indovino Calcante, per ottenere il favore degli dei, quando era in partenza per la guerra di Troia, aveva sacrificato la figlia Ifigenia. Tuttavia, Clitemnestra, la moglie di Agamennone e madre della fanciulla, era all’oscuro di tutto ciò; la morte della figlia le provocò una sofferenza ed un dolore inimmaginabili. Durante gli anni in cui il marito combatteva ad Ilio, Clitemnestra nutrì un odio e un senso di vendetta spaventosi: decise che avrebbe ucciso il marito al suo ritorno e, per farlo, si sarebbe servita dell’aiuto di Egisto, cugino di Agamennone e suo amante.
La tragedia mostra proprio come, appena arrivato Agamennone, lei lo abbia accolto con la sua poker face: con gioia simulata ed adulazione, lamenta gli anni della guerra, in cui lei si è sentita sola, rispettando la fedeltà nei confronti del marito. Nessun indizio che potesse far capire la sete di vendetta che aveva alimentato per anni dentro sé. Non finisce qui: le ancelle, su ordine della regina, portano un tappeto purpureo (il rosso riprenderà poi il sangue dello sventurato re) sotto i piedi di Agamennone, che all’inizio vorrebbe rifiutare l’onore, adatto ad un dio e non ai mortali; sebbene in dubbio, alla fine si lascia convincere da Clitemnestra ed entra in casa calcando il tappeto rosso. A nulla sarebbero servite le grida di Cassandra, la nuova amante e “bottino di guerra” di Agamennone, che presagiva ciò che sarebbe successo; ormai la femme fatale aveva compiuto il suo piano.
Ora bisogna togliere la maschera!
Si ode, a questo punto, il grido di Agamennone che viene pugnalato a tradimento. La porta del palazzo si apre e lascia vedere il suo cadavere nudo disteso su un lenzuolo insanguinato, con accanto quello di Cassandra; sopra di loro sta Clitemnestra con l’arma gocciolante di sangue. Finalmente può esprimere tutto l’odio represso:
Agamennone [quinto episodio; vv.1373-1399]: “Delle parole pronunciate prima non mi vergogno, anche se in contrasto con quello che dirò. Con un nemico che ha il volto di un amico, è giusto porre una barriera da non superare facilmente. A questo scontro da tempo io pensavo, e la vittoria è venuta! Quello che ho fatto io non lo negherò: non tentò di fuggir, né di evitare il suo destino; intorno gli ho messo una rete per pesci, affinché scampo non avesse. Lo colpisco due volte e con doppio gemito si abbandonò il corpo al suolo, allora un terzo colpo gli vibro. A Zeus Ade votiva offerta io dedicai al salvatore dei morti. Nella caduta l’anima gli sfuggì: un forte soffio e un fiotto violento di sangue mi colpì come una pioggia di rugiada che in un campo di grano nei calici di spighe si raccoglie. O venerandi cittadini d’Argo, volete rallegrarvi per i fatti che sono accaduti? Io me ne vanto, e se lecite fossero libagioni su un cadavere fare, prontamente a questo uso mi sottoporrei. Un gran cratere aveva egli colmato pieno fino all’orlo di maledizioni: ora che a casa ha fatto ritorno a goccia, a goccia l’ha bevuto tutto.”
Oltre a Lady Gaga e Clitemnestra, ecco un’altra femme fatale… questa volta sul grande schermo!
Oltre al teatro e alla letteratura antica, anche il cinema presenta un interessantissimo caso di femme fatale: Catwoman. Nata dal mondo dei fumetti, l’antieroina è stata capace di affascinare tutti gli spettatori nel film Batman – Il ritorno (1992); una fantastica Michelle Marie Pfeiffer riuscì ad incantare con le sue grandi capacità seduttrici e la sua sensualità.
Estremamente intelligente e furba, Catwoman, come si può notare dalla scena qui sopra, dimostra di essere grande esperta anche nel furto e capace di intrufolarsi ovunque lei voglia. Il suo rapporto con il supereroe più famoso di Gotham City è alquanto controverso: sembra che il loro scontro sia un continuo alternanrsi tra scene di amore (non sono rari i baci tra i due) e scene di lotta. Iconica soprattutto per le sue doti acrobatiche e la sua iconica frusta nera, Catwoman sembra prendere poco sul serio i tentativi di fermarla da parte di Batman.
A confermare, ancora una volta, il potere seduttivo della donna, nella parte finale del film Batman le propone di iniziare una vita insieme, ma lei rifiuta, respingendolo e graffiandogli il volto. L’amore tormentato tra i due celebri personaggi non raggiunge mai uno scontro definitivo, né una promessa di fidanzamento; tuttavia, la donna-gatto più conosciuta al mondo conserverà sempre il potere di manipolare il cuore dell’eroe.
La Ballata dell’Amore Cieco: come De Andrè distrugge la femme fatale
A distruggere la manipolazione di Poker Face e le diaboliche trame di Clitemnestra, per non parlare dell’incredibile fascino di Catwoman, è proprio Fabrizio De Andrè: la canzone La Ballata dell’Amore Cieco parla della storia d’amore tra un uomo, desideroso di poter ottenere le attenzioni dell’amata, e una donna, fredda e crudele, che richiama l’immagine della femme fatale.
La donna, consapevole del potere manipolatorio che aveva sull’uomo, lo sottopose, in modo sadico, a diverse prove sempre più dolorose; ultima quella di morire per lei, per l’amore che provava nei suoi confronti! L’uomo si tagliò le vene e decise di morire per lei, tutto contento di aver seguito il sentimento dell’amore.
Ma è proprio in questo punto che, con gran talento, De Andrè ribalta il τόπος della femme fatale: sebbene lei sembri aver vinto sull’amore dell’uomo, in realtà, scopriamo che, alla fine, se l’uomo muore contento per il suo sentimento così nobile, a lei invece non rimane più nulla, quindi tutta la sua cattiveria risulta essere stata sterile.
Lorenzo Cardano
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